Lorenzo Bertelli: «Nel Rally non conta di chi sei figlio»

Intervista al pilota più atipico del Mondiale Rally, Lorenzo Bertelli, l'erede dell'impero Prada non ha alcuna intenzione di togliere il piede dal gas.
Lorenzo Bertelli: «Nel Rally non conta di chi sei figlio»
Francesco Colla
5 min

L'erede designato dell’impero è un filosofo. Ma soprattutto un ambizioso pilota. Per chi non lo conosce è solo un altro figlio di papà che si diverte con le gare di rally, ma per chi condivide con lui i rischi e la gloria del Mondiale è un avversario di tutto rispetto. E il decimo posto in Finlandia, con il primo punto conquistato da quando corre nel WRC, è la dimostrazione che Lorenzo Bertelli non è una meteora, ma un astro in ascesa. Il figlio di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, rampollo di una delle maison più blasonate del mondo, è un atipico. Classe 1988, ha studiato filosofia nientemeno che con Massimo Cacciari (“un’esperienza affascinante”): mentre papà metteva in piedi il sogno Luna Rossa lui tirava calci al pallone, poi, a poco più di vent’anni, la dea Velocità scocca la sua folgore. Complice un corso di guida Lorenzo si appassiona al rally: il debutto nel 2010, poi, bruciando le tappe, l’esordio nel WRC2 nel 2013. Un cursus honorum fulmineo, fino all’approdo nella classe regina del Rally, nella quale Lorenzo ha esordito quest’anno al volante della Ford Fiesta WRC del suo team, il Fuckmatié. Lo abbiamo raggiunto nella pausa tra la gara finlandese e il Rally di Germania del 23 agosto, ecco la nostra chiacchierata.

Hai iniziato a correre, se non sbaglio, a 21 anni. Abbastanza tardi rispetto alla media. Quando hai capito che avevi i numeri per correre ad alti livelli?

Un po’ fin dall’inizio, perché sono andato abbastanza forte fin da subito e chi mi guardava esternamente me lo confermava. Sapevo di avere il potenziale per poter fare bene. Poi passo dopo passo mi son trovato qui. Altri piloti costruiscono la carriera vincendo categoria dopo categoria, cercando di imporsi nelle minori per poi passare a quella superiore. Io, anche senza vincere, ho preferito salire di livello e alzare l’asticella vedendo che potevo farcela anche in una categoria superiore.

Perché il rally e non la pista?

In pista mi sarebbe piaciuto correre in moto, ma non sono mai stato bravissimo e lì devi veramente iniziare da piccolo. E’ stato un po’ per caso, mi sono sempre piaciuti i traversi, e tutto è iniziato dopo un corso di guida.

I tuoi genitori hanno mai provato a dissuaderti dal praticare uno sport così estremo?

No perché è stato un impegno cresciuto gradualmente e anzi mi hanno sempre supportato, ma con la condizione, fin da subito, di affrontare l’impegno in modo serio e mai come se fosse un gioco. 

Siamo a metà stagione e in Finlandia hai conquistato il tuo primo punto mondiale. Le prospettive per il prossimo anno sembrano buone.

Avrei anche potuto finire 8° ma ho preferito avere pazienza, spero di migliorare in Germania. Voglio finire questa stagione nel migliore dei modi cercando di consolidare quanto realizzato fin qui per migliorarmi ancora nella prossima stagione. 


Hai chiamato il tuo team Fuckmatié, che cosa significa?

E’ un brand creato ad hoc per il team, la parola è nata al liceo con gli amici e non vuol dire nulla, non ha un significato, è un gioco di parole. 

In questa stagione piloti una Fiesta WRC, proseguirai con Ford anche in futuro?

Con Ford ho un ottimo rapporto, è un’ottima macchina, anche se non mi dispiacerebbe fare altri paragoni. Al momento ambisco a essere il migliore tra le Ford. 

Provieni da una famiglia molto importante, nel paddock qualcuno ti considera un figlio di papà?

La gente che non conosce i rally mi considera così, ma chi è nel settore e gli altri i piloti sanno che sono un pilota valido: quando stai correndo una prova speciale non conta essere ricco o povero ma essere veloce.

Com’è il tuo rapporto con gli altri piloti?

E’ un ambiente in cui si tengono i piedi per terra, è tutto semplice e molto rilassato: a volte capita di dover passare tempo assieme e si instaurano dei rapporti importanti. 

Tra questi c’è sicuramente anche Max Rendina, che ti ha invitato come apripista al Rally di Roma il prossimo settembre.

Conosco Max da quando corro ed essendo entrambi tifosi di calcio è nato subito un rapporto. Lui è romanista mentre io tifo Milan, a volte per farlo arrabbiare gli passo in radio l’inno della Lazio… Siamo sempre andati d’accordo e quando mi ha chiesto di partecipare come apripista al Rally di Roma ho accettato subito.


Recentemente sei stato nominato amministratore della holding di famiglia, avrai ancora tempo per correre?

Al momento sì, perché quando si è all’interno di un consiglio di amministrazione di una holding non ci sono responsabilità e impegni a tempo pieno: diciamo che è un primo segnale per far capire che la tradizione continua. 

 

 


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