IWR Automotive, una storia di famiglia tra passione e tradizione

L'azienda fondata del 1965 come Ital Wagen ha conquistato negli anni la fiducia dei clienti. Adesso al timone c'è Valentina de Paolis che si trova a combattere la sfida più difficile: la crisi causata dal Covid-19
IWR Automotive, una storia di famiglia tra passione e tradizione
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Nonostante la crisi economica causata dal Covid-19, ci sono settori - come quello dell’automotive, tra i più colpiti - che possono contare su passione e determinazione, elementi caratterizzanti di aziende come IWR Automotive. Fondata del 1965, all’epoca era Ital Wagen, da Antonio Giorgio de Paolis, IWR Automotive ha conquistato la fiducia dei compratori, mantenendo saldo il proprio DNA ma sapendosi adattare a ogni cambiamento. In principio l’accordo con Volkswagen, poi con Bentley e Volvo e, più recentemente, le novità sono state Jaguar Land Rover e Hyundai. Da circa due anni, l’azienda è stata rilevata dalla figlia Valentina de Paolis che adesso guida IWR Automotive con grande entusiasmo e prosegue questa “storia di famiglia” ricca di successi, ma anche di sacrifici, come lei stessa ha raccontato.

Quali sono i punti di forza della IWR Automotive?

"Siamo un’eccellenza nel campo dell’assistenza, che è diventata la nostra punta di diamante: la soddisfazione del cliente è, quindi, fondamentale. Ci stiamo fortemente specializzando anche nel campo del noleggio a medio e lungo termine (tra i 12 e i 36 mesi, ndi) per cercare di garantire e sviluppare quello che oggi è il concetto di mobilità. Non parliamo più del mero possesso dell’auto, ma della mobilità in maniera più ampia e complessa. Stiamo andando verso un mondo fatto di abitudini e concezioni diverse, il mondo del non acquisto, perché le esigenze dell’utente, anche nel brevissimo termine, cambiano in maniera significativa".

Quali sono le differenze quando si parla di “settore usato”?

"È un settore che stiamo andando a sviluppare. Naturalmente si tratta di un altro lavoro: il concessionario compra un prodotto e lo distribuisce uguale per tutti e allo stesso prezzo. Mentre l’usato bisogna anche saperlo acquistare. Oggi il cliente fa molta attenzione: vuole sapere cosa acquista e avere delle garanzie di affidabilità, non solo del prodotto ma anche sull’azienda che lo rivende. È forse più attento e, paradossalmente, più critico l’acquirente dell’usato che quello del nuovo. Si crea un rapporto più fiduciario che commerciale".

Parliamo del momento difficile che il settore sta affrontando. Che strategie avete adottato per rispondere alla crisi?

"Forse un po’ da incoscienti (ride, ndr). Ho deciso di non chiudere sostanzialmente mai: ho sfruttato il lockdown per creare una serie di corsi di formazione, cercando di rimanere attivi, sia come azienda che a livello personale. Alla riapertura, il 4 maggio, eravamo tutti carichi e desiderosi di mettere in pratica quello che avevamo studiato. Questo ci ha permesso di apportare migliorie che in un momento “normale” non avremmo potuto fare per mancanza di tempo".

Che misure di sicurezza avete adottato?

"Nell’ambito del service sanifichiamo la macchina del cliente sia in entrata, per la tutela dei lavoratori, che in uscita, per la tutela del cliente. Abbiamo adottato tutte le misure previste anti Covid-19: indossiamo costantemente la mascherina, attuiamo il distanziamento, abbiamo anche installato schermi di plexiglas. Ormai è diventato l’abc. L’emergenza sanitaria ha inevitabilmente trasformato il nostro modo di lavorare. Per fare un esempio banale, abbiamo sempre insegnato ai nostri venditori che quando arriva un cliente ci si alza, gli si va incontro, si stringe la mano. Adesso il nostro “modus operandi” è caduto e ci siamo dovuti reinventare".

In una situazione come quella che stiamo vivendo, diventa difficile fare previsioni future.

"Il calo annuale ci sarà, e anche importante. Ma io sono ottimista di natura: l’Italia rimane una delle sette potenze più industrializzate al mondo e qualcosa il Governo dovrà pur fare. Navighiamo a vista, cambiando politiche commerciali ogni settimana".


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