La sfida dei prezzi

La e-mobility non decolla e i Costruttori corrono ai ripari per non perdere gli ingenti investimenti, in attesa delle elezioni europee di giugno
La sfida dei prezzi
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Il mondo dell’automotive sta attraversando una trasformazione importante verso l’elettrico ma che però ha dei limiti e non convince tutti gli utenti. Costi maggiori delle vetture, infrastrutture carenti o in via di crescita, tecnologia in forte evoluzione e costi dell’energia sono i principali freni per questa nuova mobilità che probabilmente è arrivata troppo in anticipo rispetto a quanto previsto. Ma soprattutto sa molto di imposizione di un’Europa che viaggia a diverse velocità, principalmente economiche, ma anche di visione su quello che sarà il futuro della mobilità. Ad oggi l’imposizione della UE è molto chiara, dal 2035 non sarà più possibile vendere vetture che hanno emissioni di CO2, ovvero quelle con motore endotermico, a favore di auto elettriche e a idrogeno. C’è però stata un’alzata di scudi da parte di alcuni Stati che hanno proposto soluzioni alternative, come la Germania con gli e-fuel e l’Italia con i biocarburanti. Se i primi sono ancora poco presenti sul mercato, quelli prodotti nel nostro Paese sono già utilizzati in diversi punti di servizio. Fatta questa premessa, per inquadrare la situazione bisogna anche dire che le vetture endotermiche non spariranno immediatamente dal 2035, anzi continueranno a circolare almeno per altri 20 anni, visto anche l’età del nostro parco circolante. Certo è che purtroppo, e questo sta già accadendo, in molte città o aree urbane le limitazioni alle vetture è sempre più stringente. Zone ZTL, Area B e C e altri blocchi imposti dalle singole amministrazioni obbligano spesso i cittadini a fare delle scelte non sempre condivise e spesso anche assurde. Il fatto che si punti alle vetture elettriche ma che si abbia fatto poco per svecchiare il nostro parco circolante, che supera la media dei 12 anni ed è il più vecchio d’Europa, è un segnale chiaro che non sempre si va per la strada giusta. Certamente una vettura Euro 1 o 2 o 3 ha un livello di emissioni elevate, ma è anche vero che chi circola con queste automobili non lo fa per scelta ma per necessità, perché non può permettersi l’acquisto di un’auto nuova.

Investimenti elevati

Le Case auto però hanno investito molto nello sviluppo di questa nuova tecnologia e quindi tornare indietro non è semplice. Ma la realtà è che comunque le auto elettriche oggi si vendono esclusivamente quando ci sono degli incentivi. Una situazione che non riguarda esclusivamente l’Italia ma anche altri Paesi europei come Germania, Francia e UK. Ma le Case auto come stanno reagendo a questa situazione? Un passo indietro o un rallentamento si è registrato negli ultimi mesi. L’auto elettrica è comunque insoff erenza, lo dicono i numeri, e i Costruttori nonostante continuino a spingere le BEV vendono le vetture con motori endotermici. Se da una parte Volkswagen, Stellantis, Renault e BMW non hanno intenzione di rallentare il lancio dei loro veicoli elettrici per contrastare il rallentamento della domanda da parte dei consumatori, ci sono anche Case auto tradizionali che hanno rallentato la loro pressione verso l’elettrico. Ford ha ritardato investimenti di miliardi di dollari, tagliato la produzione, annullato gli obiettivi di margine e ricalibrato la sua strategia di veicoli elettrici sulla scia di una crescita più lenta del previsto della domanda dei consumatori. General Motors ha affermato che non fornirà più obiettivi di produzione di veicoli elettrici. Jaguar-Land Rover ha affermato che rallenterà il lancio di auto completamente elettriche per concentrarsi sugli ibridi plug-in. Le soluzioni multipiattaforma di Stellantis e BMW e di altri costruttori hanno permesso a queste Case di affrontare il mercato in maniera più efficace rispetto alle richieste dell’utente. Jean-Philippe Imparato, capo di Alfa Romeo, ha dichiarato recentemente: «Solo due anni fa parlare di piattaforme multi-energia non era molto “trendy”. Oggi questo tipo di strategia che abbiamo adottato si è rivelata vincente».

Per i cinesi non è facile

Ma anche i produttori cinesi fanno fatica. Polestar, Rivian, Fisker, Arrival, Xpeng e Lucid hanno tutte avuto problemi con i costi di crescita in Europa perché la domanda è diminuita. I costi di produzione ancora elevati delle vetture BEV riducono al minimo i margini. Ma i problemi di vendita hanno colpito recentemente anche il leader in Europa delle auto BEV. Tesla ha annunciato che è costretta ad aumentare il prezzo delle sue vetture a causa del calo delle richieste. Anche Apple ha capito che l’auto elettrica oggi non è redditizia e ha annullato uno sforzo decennale per costruirne una, abbandonando uno dei progetti più ambiziosi della storia dell’azienda; la Apple Car tanto attesa non ci sarà mai. Le Case automobilistiche hanno ripetutamente sostenuto che sono necessari maggiori sussidi governativi e infrastrutture di ricarica per stimolare la domanda di veicoli elettrici e incoraggiarne l’adozione di massa. Come dicevamo prima, se non ci sono gli incentivi oggi le auto elettriche non si vendono. Ma quindi come approcciamo questo problema?

Il problema restano i costi

Probabilmente è stato sbagliato fi n dall’inizio questo approccio, esclusivamente ideologico e non reale, alla transizione della mobilità verso l’elettrico. I politici, per supportare il concetto “tutto solo green”, hanno pensato che le auto BEV potessero essere per tutti, più economiche. Invece non lo sono ancora, e forse lo saranno tra diversi anni! Anche i Costruttori quando parlano di vetture elettriche a basso costo ragionano su auto che partono da 25/30mila euro. Tavares ha recentemente definito la nuova Citroën ë-C3 elettrica un “punto di svolta” per l’Europa a causa del suo prezzo di partenza di 23.300 euro in Francia. «A questo prezzo il veicolo è redditizio», ha detto. Stellantis sta già guadagnando con i veicoli elettrici, ha aggiunto, anche se i margini sono ancora inferiori rispetto agli ICE. Ma la stessa vettura con motore endotermico nel 2017 aveva un prezzo di partenza di 12.300 euro e la versione poco più accessoriata di 18.500 euro. Stesso discorso se guardiamo la nuova Renault 5 appena lanciata, in pratica una city car parte da 25.000 euro. Come sempre, la storia dovrebbe insegnarci qualcosa ma noi non la studiamo mai abbastanza. Una nuova tecnologia costa sempre di più e all’inizio non è mai per tutti, ed è così anche per l’auto elettrica. Ma che i politici smettano di spacciarla per tutti e impostare incentivi assurdi. Dare 13.750 euro a chi ha un ISEE inferiore a 30.000 euro per acquistare una vettura elettrica rottamando la sua vecchia auto del 1999 è un insulto al buonsenso.

Tante offerte sul mercato

L’offensiva delle Case auto per conquistare spazio nel mercato punta sulle novità. Nelle pagine di questo speciale di AM trovate una nostra selezione di 20 vetture appena presentate più interessanti senza distinzione di alimentazione. Elettriche, full hybrid, plug-in hybrid e mild hybrid, ma anche benzina e Diesel. La scelta è decisamente ampia e i prodotti sono qualitativamente validi, i prezzi sono però lievitati se si fa il raffronto con vetture in vendita solo quattro anni fa. L’arrivo sul mercato di nuovi costruttori, principalmente cinesi, ha comunque creato scompiglio tra le Case auto tradizionali, non solo europee. La sfida sui prezzi delle auto bisogna vedere a chi porterà benefi ci o se saranno sempre gli automobilisti a pagarne le “spese”.

La svolta delle elezioni

Il futuro della transizione della mobilità comunque dovrà fare i conti con le prossime elezioni europee di giugno. Se è certo che non si tornerà indietro dall’elettrico visti gli investimenti fatti dalle Case auto, è abbastanza certo che ci saranno dei cambiamenti probabilmente sulla data o sulle percentuali di vendita tra vetture BEV e ICE. Situazione che ad esempio in UK sono già attuate, ovvero il 40% delle vendite di vetture di una Casa auto devono essere BEV altrimenti si incorre in multe. Il Parlamento Europeo, qualsiasi sarà il nuovo indirizzo politico, non può dire ai Costruttori: “...scusate, abbiamo sbagliato, si torna indietro!”. Certo è che comunque dovrà fare i conti con un settore, quello dell’automotive, che in questo Continente occupa 13 milioni di persone, ovvero il 7% dei lavoratori dipendenti e l’8% degli addetti alla produzione e che rappresenta l’8% del PIL europeo. È un’industria che esporta più di quanto importa, generando un saldo commerciale positivo tra l’Europa e il resto del mondo di 102 miliardi di euro. Cifre importanti, di cui non si può fare finta di niente.


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