De Meo: senza strategia, l'Europa a rischio deindustrializzazione 

A rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro impiegati nel mondo dell'automotive
De Meo: senza strategia, l'Europa a rischio deindustrializzazione 
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È l’ultimo avvertimento serie, corretto, profondamente preparato. Una sorta di urlo di dolore, di grido di allarme rivolto all’UE, ai suoi politici perché comprendano veramente la situazione dell’industria automotive, togliendosi dagli occhi le bende dell’ideologia “tutta elettrica” che gli ha fatto decidere per il famoso paletto del 2035, quando finirà al bando la produzione di tutte tutte le motorizzazioni endotermiche, benzina, Diesel, ibride, anche se continueramnno a circolare per i prossimi 10-20 anni…

Luca de Meo, è sempre stato un manager di grande livello, oltre che persona squisita e competente. In tre anni ha resuscitato il regno Renault dall'inferno dello scandalo Ghosn. E ora da neo presidente dell’ACEA, l’Associazione Europea dei Costruttori di Auto, affila le armi per portare l'Europa delle auto con sé oltre il guado dalla guerra industriale contro Usa e Cina, battendosi con i vertici Ue per assicurare una transizione verde "coerente, realistica" e decisa "di comune accordo". Alla vigilia della comunicazione della Commissione europea sul nuovo piano industriale “Net-Zero” per rispondere ai sussidi green di Washington, il CEO del gruppo francese non le manda a dire a Bruxelles. E in una lettera dai toni cortesi ma decisamente dura nei contenuti rivolta a chi la la UE la guida, cioè a Ursula von der Leyen e Charles Michel spiega come l'automotive non possa portare da solo il peso del taglio delle emissioni del 100% entro il 2035. Il rischio è di mietere vittime tra le Case automobilistiche sotto il peso di un'elettrificazione troppo veloce, requisiti di emissioni troppo stringenti e un mancato approccio comune.

Accuse estese anche alla nuova proposta di direttiva Euro 7. E in fondo de Meo a titolo e conoscenze per parlare, al di là del ruolo visto che da 30 anni lavora nell’automotive in ruoli di grande spicco in Toyota, Fiat, Volkswagen, Seat e ora Renault. La missiva del manager milanese parte dai dati dell'ultimo anno: nell'Ue sono state immatricolate 9.255.926 auto, il 4,6% in meno rispetto al 2021. La terza contrazione annua di fila, che ha colpito ancora più forte l'Italia, dove le nuove immatricolazioni sono precipitate del 9,7%. Quest'anno, nelle stime dei costruttori Ue, "il mercato continentale dovrebbe iniziare a riprendersi" con circa 9,8 milioni di nuove auto in aumento del 5% rispetto al 2022. Ma si resta comunque del 25% al di sotto dei livelli pre-crisi del 2019. Anche per questo "oggi il settore automobilistico europeo è a un punto di svolta e la posta in gioco è molto alta", si legge nelle lettera scritta da de Meo ai vertici UE. E la svolta parte proprio dal nuovo piano industriale green per schermare l'Inflation Reduction Act (Ira) con il quale "gli Stati Uniti, al pari di Pechino con il 'Made In China 2025', stimolano le rispettive industrie nazionali nella transizione green, mentre l'approccio dell'Europa è quello di regolamentare il settore", tuona de Meo.

Due approcci contrapposti che rischiano di erodere la competitività dell'industria europea oggi in svantaggio sull'elettrico - a partire dalle materie prime - dopo essere stata "a lungo avvantaggiata lungo la catena del valore dei veicoli con motore a combustione interna". "I nostri concorrenti hanno in mano molte carte che noi ancora non abbiamo" e per non farli vincere, avverte il CEO Renault, "l'Europa dovrebbe lavorare insieme all'industria automobilistica": discutendo il nuovo piano industriale, la ventura proposta di legge sulle materie prime critiche - in arrivo a marzo -, il ruolo dell'ibrido high-tech nell'uscita da Siesel e benzina, e anche l'Euro 7. Per il manager milanese è potenzialmente "dannosa" costringendo i produttori "a investire miliardi di euro per guadagni ambientali minimi", al punto da far chiudere i battenti a ben quattro impianti Renault. Portando, in un infausto presagio, alla "de-industrializzazione" del Vecchio Continente. Con conseguente rischio per oltre 300.000 posti di lavoro, cominciare dai 4 stabilimenti Renault a rischio chiusura. Vediamo se stavolta nell’UE prevarrà il buon senso al posto dell’ideologia elettrica decisamente “interessata”.


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