Petronas, c'è un "goccio" d'Italia nei successi Mercedes

Il colosso di lubrificanti malese, fornitore del team Mercedes di Formula 1, è a trazione italiana. Anzi, torinese.
Petronas, c'è un "goccio" d'Italia nei successi Mercedes
Pasquale Di Santillo
4 min

ROMA - L’avreste mai detto che dietro al triplice trionfo negli ultimi Mondiali di F.1 da parte di Mercedes c’è anche un cuore (costola?) italiano? E che quel cuore batte forte, vive e lavora in Italia e, solo qualche anno fa, era di proprietà della vecchia Fiat? Sì, avete capito bene: la Ferrari è stata battuta, anche, dal fuoco amico (ex). 

Per molti Petronas Lubrificant International è “solo” tra le più importanti multinazionali al mondo che estraggono petrolio e realizzano prodotti derivati, una multinazionale malese che fornisce benzine e olio alla Mercedes di Hamilton e Rosberg, vincitori degli ultimi tre Mondiali. Sbagliato! Cioè, giusto ma quella è solo la punta dell’iceberg, Decisamente evidente nella sede mondiale sistemata nelle Torri (Petronas, appunto) di Kuala Lumpur.

Il restante 90%, pur lavorando in 80 mercati con uffici commerciali in 23 Paesi di cinque continenti, è chiaramente a trazione italiana. A cominciare da chi decide e comanda a livello operativo nel mondo e in Europa. Giuseppe D’Arrigo nell’aprile 2016 si è trasferito in Malesia per diventare Global Ceo di Petronas dopo aver guidato per tre anni l’Europa. E qui, al suo posto, a giugno è stato scelto Alessandro Orsini, 50 anni, livornese, 3 anni in Eni, 17 in Shell prima di sbarcare a...Torino. Già, perchè il motore pulsante di tutta l’attività di ricerca e sviluppo di Petronas è a Villastellone, una ventina di chilometri da Torino. Una sorta di piccola NASA dei lubrificanti, con scienzati provenienti da tutto il mondo che entro fine 2017 verrà estesa grazie ad un investimento di 60 milioni su un’area di 80.000 mq (oltre 17.000 coperti) con conseguente creazione di posti di lavoro (oltre 100).

Orsini, prima di entrare nel dettaglio ci racconta il DNA italiano, Fiat in particolare, di Petronas? 
«È’ molto semplice: è una storia centenaria che nasce nel 1912, quando Fiat iniziò, prima al mondo, a lavorare sui lubrificanti per motori. Si sviluppa fino a diventare negli anni ‘70 marchio autonomo con Olio Fiat, quello a 8 rombi. Per esigenze di mercato diventa FL che a sua volta nel 2003 si tramuta in FL Selenia. Dopo un passaggio tra vari fondi americani, Petronas nel 2007 acquista FL Selenia. E oggi FCA è il nostro migliori cliente, come dimostrano anche i successi alla Dakar con il team Iveco...».

Avete numeri precisi relativamente all’incidenza dei vostri oli nelle prestazioni delle Mercedes?
«Si era parlato, in passato, di un valore vicino a 3 decimi al giro. Ma non posso confermare. Mi limito a ricordare quello che Rosberg e Hamilton hanno ripetutamente detto dei nostri prodotti durante la stagione. E cioè che “la sfida odierna in F.1 è dare lunga vita ai motori, visto che se ne possono usare solo quattro in una stagione. E loro ci sono riusciti”. Perchè vede, il problema non è tanto durare 5-6 gare, ma garantire per la stessa durata, altissime performance, dissipando a livello molecolare il calore in eccesso».

Tutto merito delle ricerche portate avanti a Villastellone?
«Va detto, nei successi Mercedes c’è tanta italianità, anche se i nostri scienziati vengono da da ogni parte del mondo. Tutti i prodotti che la nostra squadra di due tecnici (sempre presenti alle gare) porta in pista sono ideati, testati e realizzati a Villastellone, dove lavorano più di 500 persone che vanno aggiunte al centinaio dell’altro nostro stabilimento di Napoli».

E quali sono gli obiettivi di Petronas dopo un triennio di grandi soddisfazioni?
«Gli stessi di sempre: migliorare. Per questo continuiamo ad investire. La partnership con Mercedes è fantastica e va oltre la sponsorizzazione. Puntiamo a raddoppiare il business in Europa (in Italia il fatturato supera i 400 milioni, nel mondo oltre 2 miliardi ndr) grazie anche all’aumento delle officine da noi brandizzate che oggi sono 2.300 in tutto il mondo (860 in Italia) e nel 2019 arriveranno a 3500». Eccellenza e know how italiani, soldi stranieri: per gli altri è dura.

 


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