Brexit, quanti guai: la Nissan produrrà il nuovo X-Trail in Giappone

Dopo i tagli di Jaguar Land Rover e il biennio di perdite sul mercato dell'automotive britannico, ecco un'altra "tegola" per il governo della May che non ha ancora trovato un accordo con l'UE
Brexit, quanti guai: la Nissan produrrà il nuovo X-Trail in Giappone
Pasquale Di Santillo
3 min

Non l’hanno ancora ufficializzata o piuttosto resa operativa, visto il contenzioso con l’UE, eppure ha già prodotto i suoi danni. Più che Brexit, bisognerebbe chiamarla …Guaixit, davvero ancora incalcolabili. Guai e danni che comunque cominciano a farsi sentire pesantemente nel mondo dell’automotive.

È di poche ore fa infatti la formalizzazione via lettera con la quale Nissan ha informato i lavoratori dello stabilimento di Sunderland, della decisione di produrre il nuovo modello X-Trail in Giappone e non - come previsto in precedenza - nell'impianto britannico, già epicentro della produzione europea di Qashqai e di altri modelli del marchio giapponese. Nella sua comunicazione ufficiale, l'azienda ha indicato fra le motivazioni la frenata del mercato europeo causata dalle nuove regole anti-inquinamento sul Diesel. Ma è evidente pure l'impatto delle incertezze della Brexit e dei timori crescenti di un traumatico divorzio del Regno Unito dall'Ue. 

Il governo May, che secondo il Times potrebbe ora togliere a Nissan 60 milioni di sterline d'incentivi, assicura comunque che i 7.000 posti di lavoro di Sunderland non sono a rischio. Ma lo stesso ministro delle Attività Produttive, Greg Clark, “colomba” del governo Tory, ammette come la mossa di Nissan sia "un monito" sui rischi d'un no deal. 

 

Del resto, come dargli torto? Jaguar Land-Rover, in attesa che si chiarisca l’esito effettivo di una decisione referendaria che dovrebbe diventare efficace dal prossimo 29 marzo, ha già tagliato 5.000 posti lavoro. Perché stime governative valutano in circa 60 milioni di sterline al giorno (12 miliardi di sterline in 9 mesi!!) il danno nel caso in cui il taglio tra UK e Ue fosse drastico e definitivo, con tanto di reintroduzione delle barriere doganali. E parliamo di un’azienda di…casa. Un problema che coinvolge anche marchi come Mini, Aston Martin, Rolls Royce ma in genere tutta la filiera che manda all’estero, cioè esporta quattro quinti dei modelli. Senza dimenticare tutti gli altri marchi Ford, PSA, Mercedes, BMW, Volkswagen e Audi. Tutti già penalizzati da un biennio davvero difficile per il mercato dell’auto che nel 2017 ha visto una perdita del 7% del volume delle immatricolazioni, un calo che si è praticamente ripetuto nel 2018 appena concluso con un altro -6,8%. E senza contare le perdite secche in Borsa di tutto il settore.

Aggiungeteci la querelle sui Diesel e sulla riduzione delle emissioni, e capirete perché, fossimo nei panni della May inizieremo a ripensare a tutta la Brexit, valutando l’opzione di una sconfitta indolore, piuttosto che un disastro senza precedenti.


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