Marchionne (FCA): “Ibrido? Scelta obbligata. Parliamo con Google”<br />

Al Salone di Detroit 2016, l’a.d. del Gruppo ha parlato delle strategie future: nel 2020 metà della gamma sarà plug-in
Marchionne (FCA): “Ibrido? Scelta obbligata. Parliamo con Google”
© AP
Pasquale Di Santillo
7 min

La filosofia della concretezza, unita al realismo delle cose fatte e di quelle da fare. E’ un Sergio Marchionne curiosamente rilassato quello che entra e parla accanto a John Elkann nella conferenza stampa del Salone di Detroit dopo la presentazione del primo veicolo ibrido plug in del gruppo FCA, la Chysler Pacifica, la nuova versione del Voyager rivista e corretta secondo i dettami dell’automobile del terzo millennio. 

E proprio su tecnologia, sulla inevitabile scelta ibrida di FCA, sulla collaborazione con Google e sui numeri sempre confermati del piano industriale in proiezione 2018 che l’a.d. di FCA si è concentrato nel suo quasi monologo, tra linee concettuali e operative. Non senza ricordare qual è l’obiettivo reale del 2016, in chiave Ferrari.
«Al di là dello scorporo, dell’ingresso in Borsa, dei 10 miliardi che hanno fruttato al Gruppo e del valore delle azioni che al momento è da cretini esaltare o criticare, con quello che sta succedendo in Borsa, conta solo che la Ferrari vada in Australia e torni a vincere in circuito. Forse si può portare la produzione a 9.000 pezzi ma le liste di attesa arrivano a superare i 16 mesi e questo mi preoccupa». Con Elkann che aggiunge: «Siamo contenti della nostra quota Ferrari, possiamo aumentarla ma non ho mai detto che l’aumenteremo». 
   
E per il Gruppo, il consolidamento rimane la strategia principale di FCA per triennio 2016-2018?
«Il consolidamento è inevitabile, il mondo ideale delle vetture che guidano da sole e fanno tutte da sole non cambia il problema dei costi. Certamente stiamo cercando di cambiare pelle come industria. Ma i costi aumenteranno di 2 miliardi nei prossimi anni aggravando il compito delle Case. Il consolidamento non lo abbiamo abbandonato. Però, viste le condizioni del mercato e le difficoltà di trovare  e chiudere una situazione vantaggiosa per FCA, ora ci concentriamo su quello che dobbiamo fare e cioè arrivare al 2018 con l’indebitamento a zero, raggiungere i 5 miliardi di utile netto e i 5 milioni di auto. Gli obiettivi non cambiano. Lasciare questa azienda con i piedi per terra per me è fondamentale. Non voglio che il mio successore trovi la cucina in disordine»

Il consolidamento congelato è un riferimento nemmeno troppo velato alla freddezza con la quale Marchionne risponde alla domanda su Mary Barra, presidente e a.d. di G.M., per una trattativa di fusione con FCA mai decollata. Pensa di rivedere la Barra, le ha mandato gli Auguri?
«Non penso proprio. Prospettive. Assolutamente niente».

E allora come farete a confermare gli obiettivi? 
«Tra due settimane, il 27 gennaio, saprete i conti precisi, l’anno è andato bene, la distanza tra dove siamo e dove dobbiamo arrivare non è molta. Questo non significa che sarà facile riuscirci. Abbiamo fatto molta più strada dal 2004 per arrivare dove siamo che quella che dovremo fare. Sono felice dell’eccezionale risultato nel 2015 del marchio Jeep, partito nel 2014 da 1 milione e arrivato a 1.240.000. Un ritmo di crescita impressionante, nonostante il mercato continui a restare difficile. Nessuno poteva prevedere il calo dell’America Latina e del Brasile in particolare. Il mercato si muove nella sua complessità, ma siamo convinti di arrivare nel 2018 rispettando gli obiettivi prefissati. La base di ogni discorso. Bisogna togliersi i gufi dalle spalle, come dice lo stesso Renzi. Proveremo a tutti di essere capaci di riuscire senza assistenza...».
 
Capitolo tecnologia: è vero che lei sta lavorando per una collaborazione con Google?
«Sì, è vero stiamo parlando, ma non c’è molto da scoprire. L’industria è capace di generare concetti nuovi con grande naturalezza perché la tecnologia impatta normalmente sui nostri prodotti e segue i gusti delle persone. non bisogna fare discorsi alla Mosè, schierarsi contro la Silicon Valley sarebbe un’idiozia. Siamo e resteremo aperti allo sviluppo della tecnologia e lavoriamo con Google come lavoriamo con altri per avere il miglior utilizzo possibile della tecnologia stessa. Non c’è bisogno che faccia annunci roboanti a Las Vegas. Il progresso andrà avanti normalmente con i lanci delle macchine che presenteremo, come la piattaforma realizzata per costruire il Minivan Chrysler. Dateci tempo e spazio, il resto è tutta fuffa. Rimango della mia idea, nessuno nel settore è capace di guadagnare un dollaro sull’elettrico e sull’ibrido (...), la realtà è questa al di là di quello che si dice. Il traghettamento nella nuova era è in corso ma non si possono rischiare salti nel buio dal punto di vista economico, ci vuole cautela. Rispetto a 100 anni fa, a buona parte dell’industria automobilistica rimane solo la realizzazione di motori e trasmissioni. Le batterie le fanno altri, i motori elettrici anche. Il ruolo del produttore d’auto sta cambiando radicalmente. In un certo senso, stiamo perdendo il controllo di quello che era il DNA dell’azienda. In questo la Ferrari è unica, il resto di noi sfigati costruttori, se la devono vedere con un mondo che sta cambiando alla velocità della luce. Dobbiamo imparare a gestirlo. L’importanza del brand rimane fondamentale, non si può ricreare unicità del brand Jeep solo con la tecnologia ma unire tutte le tecnologie per tenere alta l’immagine del brand. Non possiamo reinventare tutto, non siamo industrie particolarmente agili».
   
Sembra stia cambiando il concetto di macchina di proprietà, lei che ne pensa?
«Se cambierà davvero si ridurrà la produzione verso il basso, ma chi fa bene le macchine continuerà a farle».

Questione  volumi, come pensa di farli riequilibrare tra mercati ondivaghi e modelli che non arrivano?   
«L’importante è raggiungere l’obiettivo, non come. Gli analisti scettici? Non ne hanno azzeccata una. Noi siamo tra i pochi ad annunciarli, l’altro era Winterkorn (ex CEO VW...) e ora non c’è più (scongiuri!). Cercheremo di arrivare al risultato un pezzo alla volta. Lo scetticismo non lo capisco. Se faremo meno volumi, troveremo altre soluzioni. Con tutti i problemi che ci sono nel mondo, siamo una delle poche aziende che riescono a guadagnare in tutti i poli del mercato mondiale. Che poi l’America sia la parte fondamentale di quello che stiamo facendo è scontato: 69 mesi di crescita continua, primi in Canada in 90 anni di storia. qualcosa sappiamo fare».
   
Fiat perde sempre con la 500 elettrica?
«Assolutamente sì anche se ne abbiamo vendute 6.000 negli Usa. Ma la scelta ibrida è un dovere, dopo la Chrysler Pacifica vedrete tanti altri modelli del Gruppo con la doppia motorizzazione. Tra questi forse anche una delle versioni della prossima Maserati Levante (che arriverà al Salone di Ginevra). Ma entro il 2020 il 50% dei volumi del Gruppo sarà ibrido. E’ l’unica maniera per far quadrare il conto del tetto alle emissioni».
   
Confermato che lascia dopo il 2018, ci sono già idee per la successione?
«C’è un numero di possibili sostituti, ma non so niente - ride - so solo che io e John nel 2019 apriremo un giornale cartaceo… Il John e Sergio Daily. E ci mettiamo a fare i giornalisti».
 


© RIPRODUZIONE RISERVATA