Panatta: “Musetti, bella mano. Berrettini classico”. E sul suo erede…

“Lorenzo ha più soluzioni. Matteo, servizio-dritto e fa male. Sinner? Sono vecchio per il suo gioco”
Panatta: “Musetti, bella mano. Berrettini classico”. E sul suo erede…© ANSA
Giorgio Burreddu
5 min

ROMA«Non me dovete chiama’, ormai sono un dinosauro». E come facciamo, caro Adriano, er mejo del Colosseo, del Centrale, di questo e di quel campo da tennis. Stella polare, punto di riferimento, pensatore. Vate. Scegliete voi come definire Panatta che guarda il tennis più azzurro che mai. E dice: «Sono cresciuti quattro, cinque talenti. Sinner, Musetti, Berrettini. E sono lì, tutti insieme. Se vuoi, è anche un fenomeno estemporaneo. Qualche anno fa le donne: Errani, Vinci, Pennetta. Non era mai successo che andassero a vincere tanti trofei. Ora ci sono questi ragazzi. All’improvviso accade».

Pof, pof, pof. O quasi. «Frutti estemporanei, anche coincidenze». Coincidenze che fanno una squadra. Anzi, Una Squadra. 71 anni Bertolucci (compiuti ieri, auguri), 72 Panatta: un tempo cazzeggiavano live, oggi va bene anche Twitter. "Procacci aveva fatto questa chat su WhatsApp con noi quattro: io, Paolo, Corrado e Zuga. Ci siamo presi in giro un po’ tutti e quattro. Poi Paolo se n’è uscito sui social per il mio compleanno: “Nonne di tutta Italia, fate gli auguri al vecchietto. La cosa è continuata".

A Bertolucci ha minacciato di regalare: un apparecchio acustico, del prostamol o un salvavita. Alla fine? "No, niente. Non siamo tipi da smancerie. Forse non ci siamo mai fatti un regalo. Mi stupì molto quando disse che per lui sono come il fratello che non ha mai avuto. Mi sono commosso. L’ho detto anche a lui a quattrocchi. Sto a invecchia’".

C’è un momento in cui siete diventati amici?

«Siamo cresciuti insieme, la nostra è di quelle amicizie così, che restano, come per certi compagni di scuola che resistono al tempo. Siamo diventati uomini insieme».

Un litigio furibondo mai?

«No, mai. Ogni tanto Paolo si incazzava nel doppio, diceva che rompevo troppo le palle».

Che cos’è la vera amicizia?

«E’ quella cosa che quando ti vedi sembra che il tempo non sia mai passato. In fondo io e Paolo ci vediamo sì, ma neanche così spesso. Però il nostro è un rapporto molto solido».

I tennisti di oggi la prendono con lo stesso spirito?

«E che ne so, mica ho più vent’anni. Non posso saperlo».

La serietà c’è, questo è sicuro.

«Ci sono ragazzi con grandi qualità e chi li segue capisce bene cosa fare. Per quello diventano forti. Berrettini, Sinner, Musetti. Ma dietro ce ne sono altri, Zeppieri, Agamenone...».

Ha una preferenza?

«Musetti ha più soluzioni, ha una bella mano. Come ce l’ha ancora Fognini. Berrettini è classico, anzi classico-moderno, servizio-dritto: fa male quando tira. E Sinner, che gli vuoi dire? Dritto e rovescio li gioca bene, benissimo. Deve imparare ad ammorbidire la palla. Ma ha tempo davanti a sé. Però quando lo vedo giocare come domenica contro Alcaraz... Due che tirano a duecentocinquanta orari da fondo campo. Dico, bravissimi. Però è un tipo di gioco che non fa per me. Ma io sono vecchio».

Ha sguardi diversi.

«Non è che non mi piaccia Sinner, anzi. Lui è uno che ha una testa di prim’ordine, sta lì anche se perde. Ha gli attributi. E’ il tipo di gioco che non mi piace, non mi emoziona, giocano a una velocità pazzesca, toglie la fantasia, non hai tempo di pensare, è un gioco più veloce e violento. Meno raffinato. Oh, intendiamoci: magari la raffinatezza è quella e io ho un concetto diverso. Sono un dinosauro, l’ho già detto».

Alcaraz, dunque, non le piace.

«Lo dico sempre: un giocatore in certi momenti deve essere incudine e in altri martello. Quando sei incudine ci vuole umiltà. Nadal e Djokovic sono due che sanno fare l’incudine. Magari perdono, ma stanno lì finché il temporale passa. Alcaraz deve avere l'umiltà di starci: non ti puoi offendere se uno gioca meglio o gli riescono i colpi».

Pietrangeli ha detto che Musetti è il suo erede.

«Non sono mai d’accordo con Pietrangeli» (ride, ndr).

E l’erede di Panatta chi è?

«Non ho eredi. Perché è un altro tempo, un’altra storia. Non mi dovete più chiama’ per queste cose, sono vecchio».

Abbiamo abbastanza per vedere vincere una Davis?

«L’Italia è tra le prime due o tre favorite. Più due che tre. Forse la favorita. È una squadra forte, fortissima. Abbiamo quattro giocatori di grande livello, anche proiettati nel futuro, negli anni».


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