Berrettini, crisi infinita: a Miami c’era anche Melissa Satta in tribuna

Matteo e Musetti subito fuori, ma Barazzutti e Sanguinetti credono in loro
Berrettini, crisi infinita: a Miami c’era anche Melissa Satta in tribuna
Ronald Giammò
4 min

Se vincere aiuta a vincere, la sconfitta, se ripetuta, si trasforma in una compagnia da cui diventa sempre più difficile liberarsi. I match di secondo turno persi ieri a Miami da Lorenzo Musetti e Matteo Berrettini, rispettivamente contro Jiri Lehecka (n.44 Atp) e Mackenzie McDonald (n.55) sono stati un’ulteriore conferma. 

Musetti

Talentuosi, dotati entrambi di un tennis tanto appagante quanto efficace, Musetti e Lehecka si erano infatti presentati alla vigilia della loro sfida con una cronologia di risultati che era lo specchio dei rispettivi momenti di forma: il ceco, dopo essersi spinto fino ai quarti in Australia, battendo lungo la strada calibri quali Norrie e Auger-Aliassime, aveva poi concesso il bis a Doha, cedendo in semifinale a Murray non prima di aver colto di sorpresa Andrey Rublev. A Miami ha colto la sua 15ª vittoria stagionale; molto più magro invece il bilancio dell’azzurro, che in Florida era atterrato sperando di invertire un trend che lo aveva visto sconfitto in sei delle sue ultime sette uscite. 
Riflessioni, queste, che non a caso avevano indotto gli allibratori a indicare in Lehecka il favorito. Il doppio 6-4 con cui se l’è aggiudicata, se da un lato conferma le loro intuizioni, dall’altro reca in sé indicazioni e segnali di ripresa su cui Musetti potrà continuare a lavorare in vista del suo ritorno in Europa per lo swing sulla terra battuta.  
Ne è convinto Davide Sanguinetti, ex n.42 del mondo, nel cui palmarès brilla - tra gli altri - il titolo vinto a Milano nel 2002 battendo in finale un certo Roger Federer: «Oggi (ieri; ndr) Lehecka ha giocato in maniera perfetta, gli toglieva il tempo, non lo faceva pensare. Segno che hanno iniziato a capire come gioca. E Musetti, non essendo in confidenza, l’ha pagata a caro prezzo». Anche per Corrado Barazzutti, per quasi vent’anno capitano quasi ventennale della Nazionale di Davis, «non si tratta di una questione tecnica o fisica, sono due dei giocatori più forti del mondo: è un problema che sorge nei tennisti quando non vincono».

Berrettini

Con Melissa Satta sugli spalti, il match di Berrettini è stato all’insegna degli scambi corti, un tennis muscolare, volontà di potenza in cui nessuno vuol recitare il ruolo di sparring partner. Intensità pura che, quando non accompagnata da ritmo e variazioni, ha finito col trasformare la sfida in un braccio di ferro giocato colpo dopo colpo sul filo del rasoio, la cui inerzia è rimasta a lungo in bilico salvo risolversi poi in due tie-break.  
«L’impressione che ho - riflette Barazzutti - è che entrambi siano mancati nei momenti importanti e questo denota l’assenza di qualche partita vinta e di quei momenti che, quando si è in fiducia, si vivono con determinazione e attenzione diverse». 
Per l’allievo di Vincenzo Santopadre, quei momenti sono coincisi proprio con due errori cruciali nei due momenti più caldi della partita: un dritto regalato gratuitamente, dopo aver annullato tre set-point e averne sciupato uno nel primo tie-break, e un altro incagliatosi nella rete nel secondo, in cui l’americano è stato bravo nell’interrogare a fondo le attuali lacune mostrate sin lì dall’italiano, e rese ancor più evidenti dalla poca benzina nel serbatoio di cui oggi dispone.  
«Per Berrettini sarà più semplice rimettersi in carreggiata, per abitudine e tipologia di gioco - sottolinea convinto Sanguinetti - Ne è già uscito tante volte, deve solo lavorare e mettere partite nelle gambe perché in questo momento ne sta giocando davvero poche».  
La fiducia, così come l’amalgama, non è però dote che si possa acquistare e la ricetta per ritrovarla è una sola: «Basta vincere una partita e cambia tutto - chiosa l’ex capitano di Davis - Ritrovarsi e vincere un primo match rimetterà a posto tutto perché il valore dei due giocatori è indiscutibile». 


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