Sergio, il papà di Camila Giorgi: “Io padre-padrone? Non mi dà fastidio”

Personaggio controverso e divisivo, Sergio Giorgi racconta la tennista e la figlia non solo  da coach
Sergio, il papà di Camila Giorgi: “Io padre-padrone? Non mi dà fastidio”© AP
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Alessandro Nizegorodcew

Sergio Giorgi è un personaggio controverso. C’è chi lo ama (pochi) e chi lo detesta (molti). Alcuni lo criticano aspramente («ha rovinato la figlia, senza di lui sarebbe Top10»), altri lo esaltano. Bianco o nero. Niente grigio. «Non mi interessa, non mi dà fastidio. La gente parla, anche se non sa nulla di noi», spiega Giorgi. Camila disputerà domani al Roland Garros il match di primo turno del suo Slam numero 43. A due passi dal Suzanne Lenglen, Sergio Giorgi si è raccontato come mai aveva fatto finora. «L’unica cosa che mi fa impazzire è quando insultano Camila, soprattutto se sono uomini a farlo. Quando ero giovane, trattare male una ragazza era inconcepibile. Oggi arrivano insulti e minacce sui social».

Non risponde mai?

«Raramente. L’altro giorno mi sono divertito però a insultare uno scommettitore che mi aveva scritto “Ho perso dei soldi per colpa di tua figlia”. L’ho massacrato. Me le immagino, queste persone: magari vanno in chiesa, a votare, e poi si mettono al computer a trattare male la gente».

Lo dice perché lei, in chiesa e a votare, non è mai andato?

«Non ho mai votato, non sono mai stato iscritto ad alcun partito; non sono legato ad alcuna religione, non appartengo a nulla. Non sono un tifoso di calcio, anche se come sport mi piace molto».

Le piacciono gli allenatori dal calcio offensivo?

«Mi sono sempre ispirato concettualmente a Marcelo Bielsa. Mi piacciono tantissimo Guardiola e Klopp. Anche De Zerbi è bravissimo».

Sostiene che nessuno vi conosce. Camila è dunque diversa dalla persona che sembra?

«Nessuno in questo ambiente conosce davvero Camila. La gente si sorprende per una sua risata, ma la realtà è differente: scherza dalla mattina alla sera con tutti, purché non si parli di tennis. Ha tantissimi amici, ma fuori dal mondo WTA».

Nel 2011, proprio qui a Parigi, in un incidente è morta sua figlia Antonela, la sorella maggiore di Camila. Come reagì Camila?

«Pensavo che avrebbe smesso di giocare a tennis. Invece, ha resistito, ne sono fiero. È stato un piccolo miracolo. Da un certo punto di vista ho dovuto fingere che non fosse successo nulla, per far sì che la famiglia (di cui fanno parte mamma Claudia e gli altri due figli Leandro e Amadeus, ndc) potesse andare avanti. Sono stato costretto a scelte drastiche. Camila ha avuto tanti infortuni negli anni e ritengo sia stato sempre un problema psicosomatico. Per tutte queste ragioni ha sempre scelto me come coach».

In che senso?

«Camila ha una personalità complessa, si fida di me e io riesco a entrare nella sua testa, per cercare di alleggerirla. Credo che senza infortuni sarebbe entrata in Top10 WTA, anzi penso che possa ancora farcela. Un altro coach comunque non l’ha mai voluto, anche se abbiamo fatto dei tentativi».

Quindi non è lei il “padre padrone” che l’ha voluta tenere con sé?

«Le ho proposto più volte nuovi allenatori. È stata in campo con alcuni di loro, ma dopo un giorno non li voleva più vedere. La definizione di “padre padrone” non mi dà fastidio. Possono dire di me ciò che vogliono».

In campo, durante i match, spesso Camila fa il contrario di ciò che lei le consiglia, vero?

«Spesso accade. Le dico di servire in kick e batte in slice. Le dico di giocare incrociato e lei va in lungolinea. Ma non rimpiango un solo minuto della vita che sto facendo insieme a lei».

E quando smetterà di giocare?

«Finirà questa meravigliosa avventura che abbiamo vissuto e stiamo vivendo insieme. Il tennis per me inizia e finisce con Camila. Anche se di offerte ne ho ricevute parecchie. Mi hanno contattato genitori di giovani ragazze, ma anche circoli in Cina e negli Stati Uniti. Alcune offerte economicamente erano allettanti, ma ho rifiutato».

E quindi che farà?

«Ci penso già da un paio di anni. Ho alcune idee, sia su cosa farò in futuro sia sulle città in cui mi piacerebbe vivere».

Camila ha dichiarato al Foro Italico che le città dove le piacerebbe vivere sono Roma e Parigi. Lei che ne pensa?

«Io preferirei Roma a Parigi. Qui in Francia abbiamo vissuto 6 anni, quando Camila aveva 12 o 13 anni. Avevamo la casa non lontano dal Roland Garros, vicino a Versailles».

Quali altri sport ha praticato Camila?

«La ginnastica artistica è stata fondamentale. La coordinazione, soprattutto in situazioni complicate, l’esplosività, arrivano da lì. La boxe è stata molto utile, soprattutto per la velocità di piedi. Adora il calcio: l’anno scorso, quando si è presa una pausa dal tennis, ha viaggiato tanto. A Buenos Aires, fuori dalla “Bombonera”, ha fermato alcuni ragazzi che giocavano a pallone per unirsi a loro. E così ha fatto anche nei giorni successivi».

Pausa dal tennis?

«Sì, l’anno scorso dopo gli US Open non ha più giocato. Si è presa un periodo sabbatico piuttosto lungo. Ho anche pensato che potesse smettere. A un certo punto le ho detto: “Cami, hai tre settimane per preparare gli Australian Open. Che vogliamo fare?”. E ha ripreso, allenandosi benissimo»

A proposito di Francia, un anno giocò sotto la bandiera francese al Nike Junior Tour. Come è andata?

«C’è stato un periodo in cui sembrava potesse prendere la nazionalità francese. Alla fine è rimasta legata all’Italia».

Qual è il suo collega coach che stima di più?

«Senza dubbio Alberto Mancini (vincitore a Roma e Montecarlo nel 1989 ed ex allenatore di Fognini, ndc). Sa entrare nella testa dei giocatori. Non si limita a tecnica e tattica, è capace di creare empatia con l’atleta».

Parlate di tennis al di fuori dell’allenamento?

«Mai. Camila è così. Ma non soltanto con me. Se qualcuno le chiede del tennis si chiude a riccio. Ama parlare di tutto tranne che di tennis. E non capisce gli autografi»

Cioè?

«Ovviamente li firma, ma non ne capisce il senso. Mi ha detto che lei non lo chiederebbe nemmeno a Leonardo Di Caprio, il suo idolo. Anche se secondo me una foto con lui la scatterebbe. Con Lenny Krawitz l’ha fatta».

Tornando al tennis. Sul profilo Instagram di Camila in effetti non appare mai una racchetta. Ci sono selfie e foto del vostro marchio Giomila. A proposito, come sta andando?

«Sta crescendo molto, c’è grande movimento soprattutto negli Stati Uniti. Ho dato tutto in gestione a mio figlio Amadeus, che è molto professionale e preparato. Adesso è anche il manager di Camila. Vanno d’accordo e si capiscono al volo».

E sua moglie Claudia e l’altro suo figlio Leandro?

«Leandro ha vissuto e lavorato a Miami, poi è rientrato in Italia. Ora è a San Francisco. Mia moglie non viene mai ai tornei, si innervosisce e durante i match soffre troppo. Non guarda le partite nemmeno a casa. Le registra: se Camila vince, la guarda, altrimenti la cancella. Noi scherziamo sempre con Cami e la prendiamo in giro dicendole che è una codarda».

Parliamo un po’ di tennis. Come sta giocando Camila?

«In questo periodo, dopo il problema al ginocchio, direi molto bene. Ha voglia, è determinata, si sta allenando al meglio. Sono tante le variabili che la portano a giocare con voglia, oppure male. Anche lo sparring partner ha una sua influenza. Adesso stiamo viaggiando con un ragazzo (Riccardo Azzarita, ndc) molto bravo. Non le mette mai pressione, non parla di tennis e soprattutto gioca bene, quindi in allenamento non si perde tempo».

Al Roland Garros cosa si aspetta?

«I primi turni in uno Slam sono sempre complicati. È l’ottava volta che Alizè Cornet e Camila si affrontano, anche se mia figlia ha vinto le ultime 4 sfide. Mi piacerebbe al secondo turno la rivincita con Pegula, contro cui ha più volte servito per il match senza mai riuscire a vincere».

Perché ha definito il percorso nel tennis con sua figlia un’avventura meravigliosa?

«Il nostro rapporto è bellissimo. Poter viaggiare con mia figlia è straordinario. Sono molto fiero della donna che è diventata. E non parlo della tennista, ruolo in cui comunque eccelle. Parlo di lato umano. Il tennis è soltanto un piccolo pezzetto della nostra vita. Puoi anche essere stato numero 1 del mondo, ma se umanamente non vali nulla…».


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