Sinner, il coach svela i segreti del successo: "Ora fa una cosa che prima non faceva"

Vagnozzi rivela dove è cresciuto il tennista italiano e i retroscena sul successo a Toronto
Sinner, il coach svela i segreti del successo: "Ora fa una cosa che prima non faceva"© ANSA
Alessandro Nizegorodcew
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 «La conquista del primo Masters 1000 è stata importante per Jannik, ci era già andato vicino a Miami e a Montecarlo. Aver vinto significa molto a livello mentale». Coach Simone Vagnozzi, direttamente da Cincinnati, racconta così il successo del suo allievo nel “1000” di Toronto.  

«L’albo d’oro dell’Open del Canada è pazzesco e fa capire ancor di più l’importanza di questa vittoria: Federer, Djokovic, Nadal, Murray e… Sinner. Negli anni vi è stata qualche sorpresa, ma l’elenco dei vincitori del passato (tra cui Borg, McEnroe, Lendl, Agassi, Becker e Roddick; ndr) è eccellente». 
Jannik Sinner è oggi al n.6 ATP (a due “passi” dalla quarta piazza del Panatta versione 1976), nonché al quarto posto nella “Race to Turin”. Una stagione dalla continuità di rendimento eccezionale, che ha vissuto un solo momento di (comprensibile e umana) difficoltà tra Roma e Parigi. 
 
Vagnozzi, come ha vissuto, da casa, questa grande gioia? 
“E’ il primo coronamento del tempo e dell’impegno investiti in questi anni».  

A fine match c’è stata una videochiamata di gruppo del team. Cosa vi siete detti? 
«Non abbiamo parlato molto. Jannik doveva ancora andare in conferenza stampa per poi correre a prendere l’aereo in direzione Cincinnati. È stato un veloce ma bellissimo momento di condivisione». 
 
A Toronto Sinner ha giocato bene ma non al 100% del suo potenziale, riuscendo comunque a trionfare. È un bel segnale. 
«Durante una stagione sono poche le giornate in cui ci si esprime al top. In tutti gli altri casi bisogna adattarsi alle condizioni del momento, proprie e dell’avversario. Io credo che Jannik abbia tenuto un livello alto nei match contro Berrettini, Monfils e Paul. In finale, complice un po’ di vento, è giunto qualche errore in più, ma la sua consistenza media è ora molto buona». 
 
Jannik gestisce meglio i momenti di difficoltà? 
«Esattamente. Non esiste più il Sinner che vince quando le accelerazioni vanno a buon fine e perde se arrivano gli errori. Sta imparando a gestire tante diverse situazioni. In una parola: è più solido». 
 
Il servizio appare migliorato. 
«È un fondamentale in evoluzione. La percentuale dei punti vinti con la prima è in crescita, così come la velocità media. Può e deve migliorare ancora nell’uso». 
 
Nell’imprevedibilità? 
«Si, ma non solo. Al momento con la prima cerca quasi sempre il punto, mentre sarà importante inserire altri tipi di battuta, come kick, slice o “al corpo”, per aumentare la percentuale, che a volte è un po’ bassa. Ci arriveremo. Siamo molto contenti dell’evoluzione di questo colpo”. 

Lei ha sempre parlato di un Sinner “in costruzione”. A che punto siamo?  
«Jannik ha inserito nel proprio repertorio variazioni come la smorzata, la volée in controtempo e soprattutto sa giocare maggiormente sull’avversario. Prima pensava ai propri colpi, ora ragiona di più in base ai punti deboli dei rivali. L’evoluzione di Jannik deve proseguire consolidando i punti forti ed eliminando le proprie vulnerabilità». 
 
Qualche esempio? 
«Sulla seconda di servizio veniva spesso attaccato. Abbiamo lavorato su questo e, al momento, è uno dei migliori nel circuito a difendere la propria seconda». 
 
Dopo la vittoria di un “1000” si comincia a parlare di Slam, a partire dai prossimi US Open. 
«Jannik ha un livello di tennis molto alto, anche se gli Slam sono un mondo a parte. In un torneo così lungo, tre set su cinque, è fondamentale spendere meno energie possibili. Noi siamo concentrati sul preparare una partita alla volta. Se ci sarà l’occasione di andare in fondo e vincere, Jannik si farà trovare pronto». 
 
Cosa legge nel futuro di questo sport ad alto livello? 
“Tra i giovanissimi, oltre a Jannik e Alcaraz, c’è sicuramente Rune, che lotterà per i grandi tornei nei prossimi anni. Mi aspetto in alto ragazzi come Musetti, Korda e altri che magari oggi ancora non conosciamo. La differenza la farà la voglia di migliorarsi, come ci hanno insegnato Federer, Nadal, Djokovic e Murray: evolversi sempre, senza mai rimanere fermi sul proprio gioco». 
  
 Quanto è felice di allenare il tennista che, con ogni probabilità, si rivelerà il più forte italiano della storia? 
«Mi rende orgoglioso, ma non solo per i risultati che ha raggiunto e che raggiungerà. Jannik è un ragazzo genuino, che vuole migliorarsi dando sempre il 100%. Questo è l’aspetto che, da allenatore, mi rende più felice».  


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