Coppa Davis, flop Italia: da Volandri a Sonego e Musetti, i retroscena di una sconfitta clamorosa

Contro avversari sconosciuti perdiamo nettamente e senza attenuanti in due set. Adesso la strada verso le Finals di novembre è in salita. E la strada ce la siamo complicati da soli
Coppa Davis, flop Italia: da Volandri a Sonego e Musetti, i retroscena di una sconfitta clamorosa© LAPRESSE
Ronald Giammò
4 min

Altro che rivincita. E quale riscatto... L’Italia esce sconfitta dal suo primo incontro di Coppa Davis contro il Canada campione in carica per 3-0, complicandosi inutilmente la vita verso la qualificazione per le Finals di Malaga del prossimo novembre. La speranza che questa fase a gironi potesse rivelarsi una felice passerella è così presto svanita. E quella di domani contro il Cile, capace di sconfiggere 3-0 la Svezia alla prima uscita, assomiglia già a un’ultima spiaggia in cui occorrerà solo vincere, meglio se con bottino pieno.

E’ una sconfitta inattesa, e per questo più dura da digerire. Tutto molto diverso rispetto alla semifinale persa l’anno scorso contro gli stessi avversari, laureatisi campioni per la prima volta nella loro storia. C’erano Felix Auger-Aliassime e Denis Shapovalov allora a tenere alti i colori del loro Paese. Ma a Bologna, vista la loro assenza (Shapovalov è stato convocato, ma non gioca un match da Wimbledon e ieri è rimasto a riposo, ndc), la fotografia della vigilia era tutta in favore del team “allargato” allestito da capitan Volandri per un appuntamento a cui, nonostante i forfait ravvicinati di Matteo Berrettini e Jannik Sinner, saremmo comunque arrivati «consapevoli di avere una squadra all’altezza del compito che ci attende».

Invece ad esultare sono stati Alexis Galarneau, n. 200 del mondo, e Gabriel Diallo, n.158 del ranking, il cui bilancio complessivo in carriera recita rispettivamente una e zero vittorie sul circuito Atp, vincitori ieri dei due singolari contro i nostri Lorenzo Sonego e Lorenzo Musetti. Due partite diverse, entrambe chiuse in due set - e attenzione, perché in caso di arrivo a parità di punti di più squadre a pesare saranno proprio il conto dei match e dei set vinti - nel corso delle quali i nostri giocatori non sono riusciti nemmeno per un attimo a modificare un copione che col passare del tempo rendeva l’ipotesi della sconfitta sempre più probabile. Certo, i due carneadi nordamericani hanno avuto i loro meriti: nessun calo, servizi sontuosi, rischi che trovavano sempre la giusta ricompensa e fiducia alle stelle per quelle che con ogni probabilità possono essere definite le migliori partite delle loro carriere. L’aver vissuto professionalmente sotto i radar può aver dato ai nostri rivali e alle sfide di ieri quel tocco in più d’imprevedibilità, una Unipol Arena tutta colorata d’azzurro ha consentito loro di giocare più sciolti e con la sensazione di non aver nulla da perdere; ma sono, entrambe, giustificazioni dalle quali si sono tenuti alla larga i nostri interpreti e che non possono assolverli da un atteggiamento che nel corso dei rispettivi match non è mai riuscito a trovare la quadra per disinnescarne le iniziative; la creatività di proporre un qualsiasi piano B; il coraggio di ribellarsi a un destino che con i minuti stava facendosi sempre più irreversibile. Così come inutile appare ora rivangare le polemiche che hanno accompagnato le convocazioni di Volandri, costretto a rinunciare a Berrettini e Sinner, i suoi top player, e la scelta di escludere Fognini in favore di un Andrea Vavassori cui nel doppio finale è stato preferito il giovane Matteo Arnaldi. Inutilmente. La Coppa Davis ha ricordato ancora una volta come ranking, prestigio e carriere assumano tutt’altro peso quando chiamate a confrontarsi in una competizione a squadre. Il cui segreto credevamo di aver compreso, e che invece vediamo ancora una volta sfuggirci. In una di quelle notti che resteranno a lungo nella memoria del tennis azzurro, e dalla quale abbiamo tuttavia ancora il tempo necessario per svegliarci prima che diventi un incubo senza ritorno.


© RIPRODUZIONE RISERVATA