Perché Sinner è diverso dagli altri: i motivi di una crescita senza fine

La sua è una crescita giapponese: costante e inesorabile in tutte le materie

Se batti il numero uno del mondo nel suo giardino di casa diventa difficile evitare paragoni ingombranti. Schivata la tentazione di chiedere a Sinner di vincere una ventina di Slam alla vigilia della sua prima finale, accostarlo a Federer, Nadal e allo stesso Djokovic non è una blasfemia. L’azzurro vincerà molto, speriamo già a partire da domani, ma quella che resta impressa, ricostruendo a ritroso la sua breve e già ricchissima carriera, è la crescita alla giapponese: costante e inesorabile in tutte le materie, come si direbbe a scuola. Nei quattro tornei dello Slam, Jannik prima della finale conquistata ieri, ha ottenuto più o meno risultati equivalenti: semifinale in Australia e a Wimbledon, quarti di finale sulla terra del Roland Garros e agli Us Open.

Non c'è una superficie preferita: Sinner va forte ovunque

Difficile individuare il giardino di casa Sinner, a differenza degli ultimi maghi della racchetta. Nadal ha vinto 14 dei 22 Slam sulla terra di Parigi, Federer 8 dei suoi 20 sull’erba di Wimbledon, Djokovic 10 su 24 proprio in Australia, dov’era imbattuto da 2195 giorni. La sensazione dell’alba rossa di ieri è proprio quella di essere di fronte a una nuova generazione di tennista: versatile, completo, che non ha bisogno di una superficie preferita. Dove lo metti, vince. O almeno ci prova. A guardare il pelo nell’uovo, forse solo la terra potrebbe creargli difficoltà supplementari dovute in gran parte alle qualità specifi che dei suoi avversari, Alcaraz per primo.


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Il talento di Sinner sembra essere lo stesso Sinner

Sinner sta governando il suo “process”, come lo ha chiamato lui stesso ieri mattina a caldo, avviato anni e anni fa senza mai interromperlo. Ogni volta che lo vediamo, fa tutto un po’ meglio rispetto alle partite precedenti. Che sia il servizio, il gioco sotto rete, la tenuta fisica sulla quale c’era qualche dubbio visti i 5 set che una prova dello Slam può chiederti di sopportare. In tutti i grandi campioni - non solo nel tennis - è più o meno evidente un grande talento su cui poi si costruisce il successo. Il talento di Sinner sembra essere lo stesso Sinner, con la sua lucida maturità e quella capacità di giocare ogni colpo come se fosse l’unico, non c’è mai un prima e un dopo nella sua testa.

La sintesi di tutto questo l’ha vista Djokovic quando ha subìto il break nel quarto set: avanti 40-0, Nole gioca una palla corta che Sinner recupera facendo lui il quindici. Sembrava un punto e una fatica inutili e quel game irrecuperabile. Invece da lì, sul servizio del numero uno del mondo, Jannik ne ha messi insieme altri quattro sfoderando tutta la varietà di colpi su cui sta lavorando da anni. Ora resta l’ostacolo Medvedev: il russo, scherzando, si augurava una semifi nale lunghissima tra l’azzurro e Djokovic e invece è stato lui a sudare quattro ore e mezzo (e cinque set) per domare Zverev. Negli ultimi tre scontri diretti ha sempre vinto l’azzurro: «Ma alla fi ne della stagione, ero “solo” al 97%» ha sintetizzato Medvedev. Sarà una battaglia lunghissima, decisa magari da uno o due punti cruciali dopo chissà quante ore di gioco. Un po’ come quel game con Djokovic avanti 40-0.


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Se batti il numero uno del mondo nel suo giardino di casa diventa difficile evitare paragoni ingombranti. Schivata la tentazione di chiedere a Sinner di vincere una ventina di Slam alla vigilia della sua prima finale, accostarlo a Federer, Nadal e allo stesso Djokovic non è una blasfemia. L’azzurro vincerà molto, speriamo già a partire da domani, ma quella che resta impressa, ricostruendo a ritroso la sua breve e già ricchissima carriera, è la crescita alla giapponese: costante e inesorabile in tutte le materie, come si direbbe a scuola. Nei quattro tornei dello Slam, Jannik prima della finale conquistata ieri, ha ottenuto più o meno risultati equivalenti: semifinale in Australia e a Wimbledon, quarti di finale sulla terra del Roland Garros e agli Us Open.

Non c'è una superficie preferita: Sinner va forte ovunque

Difficile individuare il giardino di casa Sinner, a differenza degli ultimi maghi della racchetta. Nadal ha vinto 14 dei 22 Slam sulla terra di Parigi, Federer 8 dei suoi 20 sull’erba di Wimbledon, Djokovic 10 su 24 proprio in Australia, dov’era imbattuto da 2195 giorni. La sensazione dell’alba rossa di ieri è proprio quella di essere di fronte a una nuova generazione di tennista: versatile, completo, che non ha bisogno di una superficie preferita. Dove lo metti, vince. O almeno ci prova. A guardare il pelo nell’uovo, forse solo la terra potrebbe creargli difficoltà supplementari dovute in gran parte alle qualità specifi che dei suoi avversari, Alcaraz per primo.


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