Vagnozzi: "Sinner ha una qualità che altri non hanno". Poi spiega perché non è stato a Miami

Lo allena da febbraio 2022 e da allora la crescita di Jannik è stata spaventosa
Vagnozzi: "Sinner ha una qualità che altri non hanno". Poi spiega perché non è stato a Miami
Alessandro Nizegorodcew
6 min

« È sempre stato un grande colpitore, adesso gioca anche sull’avversario. Vede il gioco, lo sa leggere in anticipo. Fa tutta la differenza del mondo. Jannik continua a crescere e a sentirsi più sicuro». Simone Vagnozzi, coach dell’azzurro da febbraio 2022, non ha potuto seguire dal vivo il Masters 1000 di Miami a causa di un piccolo interventoMi hanno sconsigliato di prendere l’aereo»), ma è sempre stato in contatto con il team. «Chiamavo Darren per analizzare il match giocato e quello a seguire, per poi confrontarmi con Jannik. Abbiamo cercato di riproporre a distanza la nostra classica routine da torneo».

Semifinale e finale a Miami: due partite eccezionali.

«Sono stati due match diversi tra loro. Medvedev ha provato a utilizzare la stessa tattica che, a Melbourne, aveva pagato. Avevamo però studiato delle contromosse, che Jannik ha messo in pratica molto bene mandando Daniil nel pallone: non sapeva mai se stare vicino al campo o allontanarsi, ed è uscito un po’ dal match. La sfida con Dimitrov è stata diffe R ente. Nel momento in cui Jannik è andato sopra nel punteggio, giocando molto bene, il bulgaro ha perso smalto anche a causa della stanchezza accumulata».

La sensazione è che atleticamente Jannik sia cresciuto tantissimo.

«Umberto Ferrara (il preparatore fisico; ndr) sta svolgendo un lavoro incredibile, ma è un insieme di dettagli a fare la differenza. Noi pensiamo ad allenare Jannik a stare basso con le gambe, ad arrivare nella maniera giusta sulla palla e questo può accadere solo se sta bene fisicamente. In più credo che sappia intuire meglio la direzione del colpo avversario: prima lo capisce, prima ci arriva. In sostanza anticipa la giocata. Se uniamo a tutto ciò la capacità naturale di giungere in equilibrio perfetto sulla palla…».

Sta diventando molto complicato fargli punto.

«Esattamente».

Gli avversari durano, solitamente, un set o poco più.

«A costo di andare fuori giri, stanno tutti provando a togliere a Jannik il controllo dello scambio, perché sono consapevoli che se comanda lui non hanno scampo. Sin dagli Australian Open tutto ciò è stato evidente: chiunque sia dall’altra parte della rete gioca sopra il proprio ritmo, prende tanti rischi. È complicato, però, tenere a lungo quel livello: gli errori salgono, la prestazione cala e Jannik ne approfitta».

Due anni fa aveva raccontato che Sinner era ancora un giocatore in costruzione.

«Oggi è a un livello molto molto alto, ma ci sono altri mattoncini da aggiungere. Tanti piccoli aspetti si devono ancora affinare: può migliorare al servizio; deve riuscire a vincere il punto con giocate, a volte, un po’ più semplici; può eseguire la smorzata o scendere a rete uno o due colpi prima di quanto avviene oggi. Il lavoro principale però sarà un altro».

Quale?

«Cercare le soluzioni ai problemi tecnico-tattici che i suoi grandi avversari porteranno in campo. Medvedev sta studiando come batterlo e, se si eccettua il match di Miami, ha sempre messo in difficoltà Jannik. Alcaraz, già a Indian Wells, ha cambiato qualcosa. Tutti i top players si stanno chiedendo: “E adesso come batto Sinner?”. Noi dobbiamo essere bravi a studiare le contromisure e a metterle in pratica».

È lo stesso studio che avete svolto voi in questi anni per battere Djokovic, Alcaraz e Medvedev.

«Proprio così. Abbiamo cercato di costruire un giocatore sempre più completo tecnicamente per poter mettere in pratica le contromosse tattiche».

Cosa l’ha impressionata di più di Jannik in questi due anni?

«Il rifiuto della sconfitta. In qualsiasi situazione di punteggio crede sempre di poter ribaltare il match. Magari sembra fisicamente distrutto e invece riesce a dare la zampata finale. Mi ha sorpreso anche la voglia di continuare a lavorare ardentemente anche dopo aver raggiunto grandi risultati. Nadal, Federer e Djokovic hanno insegnato, d’altronde, che in questo sport bisogna evolversi sempre».

Ripensando a quel match point mancato agli US Open 2022 contro Alcaraz. Potrebbe essere stato paradossalmente un bene aver perso quel match?

«Tornassi indietro vorrei vincere quella partita, ma anche io ho riflettuto su questo aspetto. A New York Jannik era molto lontano dalla versione attuale. Se avesse vinto avrebbe potuto pensare, magari inconsciamente, di essere giunto alla migliore versione di sé. Quella sconfitta, in un certo senso, lo ha aiutato».

Cosa si aspetta dalla stagione su terra battuta, che lo scorso anno non sorrise a Jannik?

«Torneremo in campo ad allenarci domani a Montecarlo. La programmazione, al momento, prevede il “1000” monegasco, Madrid, Roma e il Roland Garros. A Parigi, al termine dell’edizione 2023 (Sinner fu eliminato al secondo turno da Altmaier; ndr), ero sicuro che Jannik potesse giocare benissimo sulla terra. La sua superficie preferita rimarrà sempre il cemento, ma sul rosso potrà ottenere grandi risultati. I lati fisico e tattico, su cui è migliorato molto, sono importantissimi sulla terra. Vedremo cosa ci riserverà il prossimo futuro».


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