Perché Sinner non ha contestato l’arbitro dopo l’errore a Montecarlo

C'è un motivo per cui l'azzurro non ha contestato più di tanto la scelta decisiva dell'arbitro nella sfida persa contro Tsitsipas. E sì, c'entra il calcio in qualche modo
Simone Zizzari
2 min

Un furto”, “l’arbitro era Rune”, addirittura “speriamo che il Giudice Sportivo prenda provvedimenti”. Il tribunale social calcistico che si riversa in massa sul tennis genera questi effetti. Tutti maestri con la racchetta in mano a sentenziare senza giuria quello che per tutti è stata una “rapina a mano armata”. E c’è poi chi aggiunge: “Eh, però pure Sinner…”, quasi a voler dare una quota di colpa al numero due del mondo (meglio ribadirlo).

L'errore di Sinner (se c'è stato)

La verità è che una verità non c’è perché, molto banalmente, sulla terra rossa l’errore dell’arbitro può esserci e, come accade in tutti gli sport tranne che nel calcio, va accettato. Questo a prescindere dalla gravità della svista. Se c’è stata una leggerezza, semmai, questa è stata di Jannik che avrebbe dovuto fermarsi prima del colpo dell’avversario, fare un segno a terra e aspettare l’arrivo dell’arbitro. Scelta che ha valutato di non prendere perché, come da lui stesso spiegato in conferenza stampa, “non sono io la persona deputata a capire se una palla è dentro o fuori”. Resta il rammarico per una sconfitta arrivata tra le polemiche ma il tennis è così: sa essere spietato e cinico. Non è la prima volta che una svista arbitrale risulta decisiva per le sorti di una partita.

Perché l'occhio di falco non c'è sulla terra rossa

Ah, un messaggio per il fan club dell’occhio di falco e per tutti coloro che su X o Facebook chiedevano “l’intervento del Var”. Sulla terra rossa non viene utilizzato perché la pallina cadendo a terra lascia il segno, al contrario delle altre superfici.

PS: Applausi a Sinner che si è fermato contro il miglior Tsitsipas visto nell’ultimo anno (proprio oggi doveva tornare, eh). Ricordiamoci che quella di oggi è la seconda sconfitta in 27 partite. Con tanto di tre trofei alzati al cielo. L’amarezza resta, per carità. Ma i numeri pure. E quelli asfaltano qualsiasi tribunale social.


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