McEnroe esclusivo: “Al Roland Garros Sinner è una incognita”

«Dubito sia al 100%, oggi i top player vogliono giocare gli Slam. Djokovic durerà più di Nadal, ma ora è umano»
Ronald Giammò
5 min

«Sarà il Roland Garros più incerto degli ultimi vent’anni. Tre o quattro grandi favoriti ce ne sono, ma qui saranno in tanti ad avere una chance, soprattutto chi riuscirà ad arrivarci integro». Parola di John McEnroe. L’ex monello a stelle e strisce è oggi un signore di 65 anni dai capelli arruffati. Occhio vispo e camicia sbottonata, più che a un commentatore (seguirà il Roland Garros che prende il via oggi e che Eurosport trasmetterà in diretta esclusiva in Italia) assomiglia al Drugo del Grande Lebowski, ma a sentirlo parlare ci si rende subito conto che di grande esperto si tratta e che giudizi e opinioni sono ancora taglienti come lo era il suo rovescio.

Dopo due anni tornerà Rafa Nadal.
«Ha il primo turno più duro mai giocato in tutta l’era Open. Dipenderà da lui. Rafa ama giocare, ma a un certo punto il tuo corpo ti dice che è arrivato il momento. Per me può fare quel che vuole, una sconfitta non macchierebbe quanto fatto sin qui. Padre Tempo lavora per tutti alla stessa maniera, è seccante, ma è così».

Realisticamente, crede abbia chance di vittoria?
«Dovesse vincere sarebbe sorprendente ma al tempo stesso non stupirebbe più di tanto, è pur sempre Nadal (riflette; ndr) Ma ha 38 anni, non gioca da due e se dovesse vincere sarebbe la cosa più sconvolgente a cui abbia mia assistito. Anche Mohammad Ali uscirebbe dalla sua tomba!».

Per i bookmakers è Zverev il favorito.
«Ha fatto un gran ritorno e quello contro Rafa è il primo turno più interessante che io ricordi. Detto questo, se si guarda ai risultati degli ultimi due mesi e alla condizione fisica di alcuni rivali, direi che ha grandi chance. Bravo lui a mettersi nella condizione di essere il favorito».

Come vede il campione in carica, Djokovic?
«Non so quanto sia motivato e se sia in forma come lo era un anno fa. Per me ha in testa solo gli Slam e le Olimpiadi, non sembra così concentrato sugli altri tornei, appare più umano adesso, un uomo di 37 anni che non ha più le certezze di qualche tempo fa».

C’è chi crede che questa possa essere la sua ultima stagione.
«Sei mesi fa si diceva che avrebbe vinto altri cinque Slam. Ma da quando ha perso in Australia, non riuscendo più a conquistare un titolo, ecco che tutti ne invocano il ritiro. Ne sarei sorpreso. Lo vedo giocare più a lungo di Rafa, diciamo almeno un altro anno e mezzo».

Come ci arriva invece Jannik Sinner? Scegliere di giocare è la decisione giusta?
«Il Roland Garros è uno Slam, ed è lì che i top player vogliono giocare. Ai miei tempi contava chi aveva il record migliore a fine anno, oggi conta invece quanti Slam si collezionano a fine carriera. Dubito che Jannik sia al 100%. Non ha svolto una preparazione ideale, voleva giocare più partite per costruire la fiducia giusta per pensare di poterlo vincere. Non è andata così e adesso non so quel che potrà accadere».

Non crede ci si infortuni troppo?
«Anche prima c’erano molti infortuni. Noi facevamo un gioco diverso, ci allenavamo in modo diverso. Non so se l’aver allungato alcuni eventi come Madrid e Roma possa aver aiutato i giocatori, bisognerà ragionarci perché sono in tanti ormai ad accusare problemi. Non ho una risposta sicura, ma una programmazione troppo fitta di certo non aiuta».

Dopo due finali può essere l’anno giusto per Ruud?
«È nel ventaglio dei favoriti anche se è nel quarto di Djokovic. Se Novak dovesse uscire presto, la sua candidatura diventerebbe più pesante. Chi ha invece fatto un passo indietro è Rune: non so cos’abbia, ha cambiato tanti allenatori, problemi fisici, non lo reputo ancora pronto per vincere uno Slam».

Avrebbe mai detto di dover temere la concorrenza di Nick Kyrgios come commentatore?
«È bravo, ci sa fare, risulta gradevole fino a che non gli girano i cinque minuti, il che mi ricorda qualcuno (ride, ndr). Faccio il commentatore da trent’anni ed è molto più facile che scendere in campo: è come stare sul sedile del passeggero e dire a tutti quel che avrebbero dovuto fare. Scherzi a parte, ha 28 o 29 anni, vorrei rivederlo in campo».

Un’ultima considerazione sul doppio, specialità che sembra aver perso appeal.
«A me piaceva fare parte di un team mentre oggi faccio fatica a riconoscerli: magari è colpa mia, ma potrei farti a malapena i nomi di tre coppie. Non capisco perché non lo giochino i top player. Ho vinto più Slam in doppio che in singolare (9 a 7; ndr) e credo che sia una specialità che possa migliorare i giocatori. Da trent’anni - da Borg a Lendl fino a Federer - si direbbe invece che abbiano scelto di massimizzare il loro potenziale dedicandosi solo al singolare. Parlo anche dei giovani. L’unica soluzione è che i top player si convincano di poter migliorare il loro tennis frequentando il doppio».


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