È il presidente di Sinner. E di Berrettini, Musetti, Paolini, Arnaldi, Vavassori, Errani, Sonego, Cecchinato, Fognini, Cobolli, Zeppieri e di tanta altra luce. E insomma è il presidente del momento, il più vincente, «ma dopo aver perso per vent’anni», precisa. Angelo di nome, ma non di fatto, da tempo fa di tutto per dar ragione a Marcello Marchesi, quello che... “i simpatici invecchiano, gli antipatici non muoiono mai”. Alle ultime elezioni ha registrato il 96,23% dei consensi, una percentuale da Kim Jong-un. «E che devo fare…? E poi non è tanto importante la percentuale quanto il fatto che la rielezione sia avvenuta alla prima convocazione e che fosse presente l’80% del corpo elettorale, ti ricordo che il diritto di voto ce l’hanno quattromila società». Ex tennista di discreto livello, Binaghi ha ottenuto i migliori risultati in coppia con Ricci Bitti.
Credo di averlo conosciuto.
«Mi sa che hai conosciuto l’altro. I Ricci Bitti erano cinque fratelli faentini, io giocavo con Raimondo, il più piccolo. Ero un buon prima categoria, ma molto preso dagli studi di ingegneria a Cagliari».
Sì, ma lei che genere di tennista era?
«Tutto serve and volley, uno giusto per il doppio. Ho giocato fino ai 37 anni, l’ultimo titolo l’ho vinto agile, in discesa, addirittura in serie C3 e C4».
Binaghi, con i successi che il tennis italiano sta ottenendo, la rielezione fino al 2028 era peraltro scontata.
«Se fosse andata diversamente credo che ci sarebbe stato da farsi delle domande sulla correttezza del sistema. Noi dobbiamo essere giudicati per i risultati e il valore che riusciamo a generare, non per il fatto di essere antipatici o simpatici, belli o brutti. E comunque non è stato premiato il presidente, ma l’intera classe dirigente, coloro che hanno fatto crescere il movimento in questi anni».
Qual è stato il punto di svolta della sua gestione?
«Quando, appena eletti, avemmo il coraggio di affrontare i veri problemi, cambiando tutti i nostri professionisti e collaboratori... Questa però la voglio dire bene».
Sono pronto.
«Su cento che erano, ne salvai soltanto uno, il responsabile del settore organizzativo che ancora oggi è con noi come segretario generale, Massimo Verdina».
Fece fuori Adriano Panatta.
«Tutti via, senza fare distinzioni».
Sospetto che proprio da quell’azzeramento lei divenne il Grande Antipatico dello sport italiano.
«Risultare simpatico è proprio l’ultimo dei miei obiettivi… L’antipatia offre ottime tutele».
Allontana tanti rompicoglioni, ad esempio.
«Esatto. Crea selezione».
Povera signora Binaghi.
«Si è abituata».