Musetti avvisa Sinner e Alcaraz: “Sogno di diventare il numero 1”

L’azzurro: "Se a 22 anni dicessi che non è  il mio obiettivo, dovrei smettere  di giocare a tennis. Invece lavoro per migliorare"
Classifica Atp live: Sinner domina la stagione da numero 1, Djokovic crolla, vola Fritz
Lorenzo Ercoli
9 min

 «L’Olimpiade è stata speciale. Non è solo per il mio bronzo: l’oro di Errani e Paolini mi ha toccato profondamente. È lì che ho compreso il vero significato del gruppo e di un’Olimpiade. La sensazione di vincere qualcosa per una nazione, oltre che per se stessi». Lorenzo Musetti ha scoperto una nuova forza, quella di chi gli vuole bene. Accanto a lui ci sono sempre stati papà Francesco, mamma Sabrina e coach Simone Tartarini. Da qualche tempo c’è la compagna Veronica, con il piccolo Ludovico, e da quest’anno nel suo angolo siede l’ultima aggiunta, Corrado Barazzutti. Uscito quasi svuotato da un 2023 travagliato, Lorenzo si è rialzato grazie ai consigli e ai rimproveri di chi è al suo fianco. Il bronzo di Parigi 2024 e la semifinale a Wimbledon dimostrano cosa può ottenere coniugando le sue doti brillanti alla voglia di mettersi in gioco ed evolversi. È il corso naturale delle cose: Lorenzo è arrivato presto in alto e ha potuto imparare dai suoi errori altrettanto in fretta. Oggi, a 22 anni, è n. 17 del mondo e ha tutte le carte in regola per far sì che il 2025 sia speciale. 

In attesa della Davis, si può già dire che è stata la stagione delle rivincite. Ha avuto ragione anche su Barazzutti. 

«Quando inizia un nuovo percorso vieni sempre criticato, ci siamo abituati. È bello dimostrare le cose in campo e noi abbiamo fatto un grande lavoro di gruppo. In termini di numeri e tennis espresso è stata la miglior stagione della mia giovane carriera. Per un po’ di mesi sento di aver giocato da Top 10, poi ci sono sfumature del mio carattere che mi rallentano ancora un po’, ma sto lavorando tanto per migliorarmi». 

C’è solo la sfera mentale a separarla dalla Top 10?  

«Ovviamente si lavora su tutto, ma in campo non mi sento distante dai primi dieci. Jannik e Carlos oggi sono sopra a tutti in termini di livello. Se penso agli altri, escluso Medvedev, li ho già battuti tutti. Sulla partita secca non mi sento inferiore, poi loro hanno una costanza più alta della mia. Dovrò lavorare sulla continuità, ma nella seconda metà di stagione ho già fatto passi avanti».  

Il suo rilancio è coinciso con la nascita di Ludovico. Com’è essere papà? 

«Ora, tornare a casa dopo un torneo e non trovarli lì ad aspettarmi sarebbe strano. Diventare papà mi ha aiutato a crescere come persona e come atleta. Ludovico (8 mesi, ndc) e Veronica mi spingono a diventare una persona più matura. La mia professionalità è cresciuta, anche grazie a chi lavora al mio fianco, e ha saputo darmi gli stimoli giusti. Vuoi anche un pizzico di fortuna e si è creata la sinergia perfetta per crescere dopo un brutto inizio di 2024». 

La soddisfazione più grande da genitore? 

«Tante. Oggi ha imparato a sedersi da solo. Ma è una gioia anche solo vederlo mangiare, sentirlo ridere o quando ti crolla addormentato in braccio». 

Torniamo a quel difficile inizio di stagione. come ha trovato la forza per reagire? Tartarini raccontava che sembrava quasi che lei lasciasse andare le partite. 

«Il 2023 è stato un anno travagliato: non riuscivo a trovare stimoli e motivazioni nella lotta. Quest’anno, al contrario, sono riuscito a contraddistinguermi nei match combattuti, raggiungendo risultati inaspettati. Poter fare affidamento sulla famiglia e sul team è stato importante: sono stati loro a indicarmi le mie qualità migliori e i difetti su cui lavorare. Su tante cose ho fatto dei passi avanti, su altre, deve ancora scattare il click definitivo». 

Tra le gioie inaspettate ci sono la semifinale di Wimbledon e il bronzo olimpico. Cosa pensa se si guarda indietro? 

«Due tornei abbastanza strani. Prima di Wimbledon avevo grandi aspettative, avendo giocato bene a Stoccarda e al Queen’s. Invece ho iniziato frenato, perdendo il primo set all’esordio con Lestienne. Poi tante partite tirate nei punteggi, incluso il quarto con Fritz, uno dei migliori match della mia vita. Mi sono ritrovato ad accarezzare il sogno di una finale Slam, che si è poi infranto contro un campione come Djokovic. L’Olimpiade è stata ancora più particolare: ero reduce dalla finale persa in notturna a Umago contro Cerundolo…». 

La interrompo. Lì tutti si chiesero perché fosse andato a Umago prima dei Giochi.  

«Diciamo che da un punto di vista contrattuale ero abbastanza obbligato a giocarlo, ma è stata un’occasione per fare partite prima di Parigi e, alla fine, aver sfiorato il titolo in Croazia ha fatto sì che arrivassi in Francia con una rabbia positiva. Il giorno stesso in cui sono arrivato ho fatto il mio esordio contro Monfils, in casa all’ultima Olimpiade, senza provare il campo. Contro Fritz e Zverev ho giocato due match perfetti, prima di perdere ancora con un Djokovic indemoniato nella corsa all’oro. La finale per il bronzo è stata emozionante: ho realizzato cosa avessi fatto quando sono salito sul podio con Nole e Carlos». 

Non so se ha visto i video delle medaglie di bronzo rovinate. Tutto bene con la sua?  

«Li ho visti i video (ride, ndc). La mia è ancora integra, ma non voglio dirlo troppo forte».  

A Torino iniziano le Finals, chi sono i suoi favoriti? 

«Se devo essere onesto per me Sinner, Alcaraz e Zverev sono nettamente i favoriti. Sascha penso possa esaltarsi dopo la vittoria “easy” di Parigi Bercy, anche perché alle Finals ha sempre giocato bene. Nonostante ciò se dovessi prendere solo un giocatore andrei su Jannik».  

A proposito, Jannik ha detto che lei è imbattibile a Fifa. 

«Ho saputo che gira questa voce, ma non è vera. Sono normale, anche perché a casa non ho la Playstation. Quando capita ci giochiamo ai tornei e l’anno scorso ci siamo divertiti in Coppa Davis, hanno giocato con noi anche Sonego e Volandri».  

A breve la difesa del titolo in Davis. Come sta vivendo l’avvicinamento e l’idea di un eventuale ballottaggio?  

«Sono tranquillo. Alla fine, a decidere ci pensa il capitano. È ovvio che, se si dovesse andare per ranking, sono io il numero 2, ma questa classifica va dimostrata. L’obiettivo a Malaga è di squadra; vediamo cosa succederà e se ci sarà Jannik. Mi auguro ovviamente di sì, anche perché può essere decisivo come l’anno scorso».  

Se Jannik e Carlos sono un gradino sopra a tutti, oggi quanto le sembra distante il sogno di diventare numero 1 del mondo? 

«Se a 22 anni le dicessi che diventare numero 1 del mondo non è più un mio obiettivo, probabilmente dovrei smettere di giocare a tennis. Davanti a me ci sono solo 16 giocatori; poi è ovvio che sia più facile a dirsi che a farsi. Però i presupposti per poter aspirare a diventare numero 1 ci sono, quindi è assolutamente un obiettivo della mia carriera». 


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