L'8 gennaio scorso, la signora Karen Moorhouse, Ceo, cioè amministratrice delegata dell'International Tennis Integrity Agency (Itia), in un'intervista concessa al sito tennis365.com, a proposito della vicenda Sinner aveva affermato: "Se risulti positivo a una sostanza vietata, il punto di partenza per una possibile squalifica è di quattro anni. Se si può dimostrare che non sia stato intenzionale, la pena si riduce a due anni. A questo punto si devono fare delle differenziazioni. Nel caso di Swiatek parliamo di un prodotto contaminato (medicinale), mentre per Sinner c’è la complicazione che il suo sia un prodotto non contaminato, in quanto il fisioterapista ha usato sul suo dito il prodotto in questione che conteneva il principio attivo dopante. Per questo, l’intervallo della squalifica va da uno a due anni”.
Le parole di Moorhouse su Sinner
Il 10 marzo si sono compiuti dodici mesi da quando il caso Clostebol è iniziato a Indian Wells. La signora Moorhouse è tornata sull'argomento, alimentando la sensazione che, stavolta, a parlare sia stata una parente, avendo detto cose diametralmente opposte alla nefasta previsione di gennaio. Sentite un po': " Le nostre regole si basano sul Codice mondiale antidoping che elenca diversi reati. Essi possono essere commessi dall'entourage di un giocatore: medico, allenatore, agente. Ma la maggior parte dei reati in questione implica l'intenzione di dopare. Nel caso Sinner, secondo la consulenza legale che abbiamo ricevuto, non c'era alcuna giustificazione per perseguire penalmente nessuno del suo entourage. Non c'è stata alcuna violazione delle regole del programma antidoping del tennis".
Il caso Sinner e i "problemi di comunicazione"
Bene. Anzi male. Malissimo. Perché fra i controlli di Indian Wells e la comunicazione di positività a meno di un miliardesimo di grammo di Clostebol, mai assunto volontariamente da Sinner, sono trascorsi cinque mesi, durante i quali solo Sinner sa in quale stressante condizione psicologica abbia dovuto vivere. Per non dire come, in seguito all'annuncio urbi et orbi di quanto era accaduto, egli abbia dovuto psicologicamente sopravvivere alle palate di fango e di veleno che gli hanno tirato addosso sciacalli da tastiera e tennisti per mancanza di prove. Soltanto un fenomeno del calibro di Jannik sarebbe stato capace di resistere a tutto, di diventare il N.1 il 10 giugno (e lo è da 40 settimane di fila); di vincere ad Halle, a Cincinnati e poi l'Us Open, il Master 1000 di Shangai, le Atp Finals di Torino, di rivincere la Coppa Davis con l'Italtennis e l'Australian Open, prima che scattassero i tre mesi di sospensione patteggiati dalla Wada con lui e non da lui con la Wada.
Eppure, la signora Moorhouse, in merito all'anno infernale vissuto da Jannik fuori dal campo, ha liquidato come originato dai "problemi di comunicazione che hanno circondato il caso Sinner. Essi potrebbero aver rivelato un malinteso sulle nostre regole in merito all'annuncio di test positivi e sospensioni provvisorie. Si é erroneamente creduto che stessimo annunciando test positivi, quando in realtà stavamo annunciando sospensioni provvisorie. In entrambi i casi, le regole sono state rispettate, Sinner non ha violato nessuna regola. Poiché i ricorsi hanno avuto successo, le sospensioni provvisorie non sono state rese pubbliche". Capito? Sinner, assolutamente innocente, assolutamente estraneo al doping, è stato issato invece sulla graticola a causa dei "problemi di comunicazione" dell'Itia, come se questi problemi non li avesse creati la stessa Itia, la quale doveva chiarire subito come stavano le cose e cioè che trattavasi di ben altra vicenda, relativa al comportamento di due membri dello staff di Jannik. Tutto questo è allucinante. Semplicemente allucinante, signora Moorhouse.