Metti ad Adriano Panatta una racchetta in mano, un cappellino in testa e piazzalo su un campo da tennis minimo 300 giorni all'anno a parlare solo di tennis: avrai il ritratto della pazzia. Parole e musica dell'ex fenomeno azzurro in persona che al programma radiofonico "Un giorno da Pecora" si è lasciato andare ad alcune battute senza freni, con il suo solito stile da romano un po' sornione. Partiamo dalla fine, ovvero dall'argomento più sportivo trattato nella chiacchierata con la conduttrice Geppi Cucciari: "Se mi piacerebbe diventare l'allenatore di Sinner? Ma per carità!", la risposta tranchant dell'opinionista. Un incubo, a dir poco. "Non vorrei mai allenarlo perché non è la vita che fa per me. Vedere tutti i giorni le stesse persone mi mette addosso troppa ansia. Poi a parlare sempre di tennis...". La verità è che il Panatta di oggi ha (giustamente) altre passioni che vanno oltre la racchetta: "Il coach è una vocazione quasi monacale, una professione che ti costringe a vivere insieme al giocatore che alleni e al suo team, incluso il parrucchiere. Se Sinner ha il parrucchiere? Può darsi, che ne so. Sinner e i suoi allenatori passano insieme 300 giorni all’anno mimino. Ma figurati se io tutte le mattine mi alzo e mi metto a parlare di tennis fino al tramonto... mi annoierei dopo 5 minuti. Già facevo fatica a fare la vita del tennista, figurati il coach", ha concluso Panatta.
Il retroscena di Panatta sul saluto al Principe a Montecarlo
Adriano ha poi voluto smentire l'indiscrezione del suo "fratellone" (così lo chiama) Bertolucci: "Ha detto che volevo salutare il Principe a Montecarlo e sono stato rimbalzato dalle sue guardie del corpo? La verità è che lui è geloso ed invidioso del fatto che io sono nel royal box, che sono amico del Principe, che gli posso dare del tu e che mi chiedono più selfie di lui", ha detto scherzando Panatta che poi conclude a modo suo: "Al box del Principe, comunque, ci va solo Pietrangeli... Se è vero che la prima sera nel Principato sono andato a cena con Bertolucci? Sì, ma solo perché altrimenti il posto al ristorante non glielo davano. C'era bisogno del mio nome per farci entrare. Siamo andati da Cipriani a mangiare il carpaccio con una salsina rosa...".