Zverev esclusivo prima delle Atp Finals: "Sinner e Alcaraz? Ecco come posso batterli"

Alla vigilia del torneo che ha già vinto nel 2018 e nel 2021, il tedesco è tornato numero 2 del mondo e sfida Jannik e Carlos: cos'ha detto
Zverev esclusivo prima delle Atp Finals: "Sinner e Alcaraz? Ecco come posso batterli"© Getty Images
Lorenzo Ercoli
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«Non dirci che eri in campo? Sì, ho appena finito». Sia chiaro, allenarsi subito dopo una vittoria non è certo un’invenzione di Zverev. Viene subito alla mente il racconto senza filtri in “Open” dello sconfitto Agassi che vede Courier allacciarsi le scarpe da running, ma gli esempi si sprecano e sarebbero ben meno poetici. Nella settimana del trionfo a Bercy, il tedesco ne ha fatto il suo marchio: non solo un vezzo, ma l’espressione di qualcosa che, finalmente, si è attivato nel suo inconscio. Tant’è che non si è risparmiato nemmeno dopo aver alzato al cielo il settimo Masters 1000 della carriera. Tornato numero 2 al mondo, Sascha, due volte campione delle Nitto ATP Finals, non fa proclami in vista di Torino. Gli obiettivi sono ovvi. Numero 1 del mondo? Una chance sarebbe potuta arrivare nel 2022, anno del terribile infortunio alla caviglia. Lo Slam? Assaporato nella famigerata finale di New York persa con Thiem e conteso per cinque set ad Alcaraz quest'anno a Parigi. Zverev però dà un taglio netto al passato. A 27 anni sente di poter fare le cose per bene e lottare per salire su un treno già lanciato, quello dei macchinisti Jannik Sinner e Carlos Alcaraz.

La scorsa settimana ha parlato molto di cambiamenti. Essendo arrivato ai vertici quasi subito, ha vissuto in prima linea l’evoluzione del gioco. Che sfida è stata?
«Per me il tennis è sempre in evoluzione, non sta cambiando solo adesso. Prima sono stati Rafa e Roger, poi Novak, adesso Jannik e Carlos. Un tennista deve sempre evolversi, anche quando pensa di essere al top, ed è ciò che sto provando a fare; se no, non puoi competere con questi fenomeni. A Bercy ho vinto un titolo importante, noi giocatori abbiamo sempre in mente il prestigio dei Masters 1000. Detto ciò, Sinner e Alcaraz sono giocatori fantastici, per batterli sto provando a diventare più aggressivo e a colpire più forte di loro. Nello sport, se non lavori per migliorare, ti fermi».

E se, al contrario, le chiedessi in cosa lei è meglio di Sinner e Alcaraz?
«Questa è difficile. Hanno vinto due Slam a testa nel 2024 e sono i migliori al mondo per un motivo. So in cosa sono più forti, questo certamente. Forse potrei dire che il mio servizio è migliore del loro, ma essendo alto quasi 2 metri direi che potrebbe essere abbastanza scontato».

Aggressività, potenza… e cos’altro? Dove sono più forti loro?
«Beh, in tante cose sono meglio. Non solo di me, ma al momento di chiunque altro».

Alle Finals si considera il primo rivale di Sinner per il titolo? Quanto inciderà la superficie?
«Lo scoprirò a Torino e dipenderà anche dalla velocità del campo, perché ormai le superfici giocano un ruolo importantissimo. Per questo credo sia importante che nel tour ci siano campi lenti e campi veloci, senza essere tutti uguali. Sulle Finals saprò dire qualcosa in più dopo aver provato il campo. Ovviamente sono in forma e voglio giocare il mio miglior tennis, ma gli altri non saranno da meno. Chi arriva alle Finals sa di aver lavorato tutto l’anno per esserci ed è in grado di andare oltre la stanchezza della stagione».

A Melbourne è stato a un passo dal poter giocare la finale con Sinner. Come sarebbe potuta finire? Dopotutto, nei precedenti era avanti 4-1.
«Sarebbe stato interessante, ma purtroppo nel tennis non esistono i "se". È andata come è andata e non possiamo cambiarlo. Adesso ci sono le Finals e ci sarà il 2025: il mio obiettivo è competere con lui e con Alcaraz».

Si dice che a inizio carriera non accettasse i cambiamenti. Quanto è diverso oggi rispetto al ragazzo che vinse a Roma nel 2017?
«Quando a 20 anni vinci un Masters 1000, pensi di aver capito come funziona tutto e senti che vincerai titoli su titoli e ovviamente gli Slam. Poi, a un certo punto, ho dovuto realizzare che il tennis stava cambiando e che io dovevo cambiare. Arriva con l’età, fa parte del maturare; tutti gli atleti ci passano a un certo punto. E se penso all’infortunio del 2022, ovviamente non ne sono contento, però è stata un’occasione per riflettere e capire che tennista e che persona volessi essere. Adesso sono contento, ma ovviamente voglio ancora di più ed è abbastanza ovvio quali siano i miei obiettivi».

Dovendo scegliere, meglio un titolo Slam o diventare n.1?
«Questi obiettivi vanno a braccetto. Diventare numero 1 senza vincere Slam in questo frangente è praticamente impossibile. Basta vedere la classifica, sono n. 2 ma a 3000 punti di distanza da Sinner. Per provarci bisogna vincere almeno uno Slam».

E la sua felicità? Quanto è legata ai risultati e quanto riesce a esserne distaccato?
«La felicità fuori dal campo non deve dipendere necessariamente dai titoli che ottieni, anche se vincere aiuta il mio umore. Ho capito che per poter separare vita professionale e privata, bisogna saper trovare qualcosa che ti rende contento quando non giochi».

Gli obiettivi sono chiari. Un pronostico per il 2025?
«Uno ce l’avrei, ma lo tengo per me».


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