In antitesi con le fiammate di Fritz, Alex de Minaur è il testimonial di una crescita organica che lo sta portando a sfruttare senza rimpianti il massimo del suo potenziale. Il venticinquenne di Sydney è l’unico esordiente di queste Finals e il primo australiano a qualificarsi in singolare dal 2004, anno dell’ultima partecipazione di Lleyton Hewitt, suo attuale capitano di Davis. La sua storia premia l’investimento della federazione australiana, che puntò su di lui quando, dodicenne, i genitori (padre uruguaiano e madre spagnola) si trovarono in difficoltà economiche ad Alicante. Nel palmares di Alex mancano Slam e Masters 1000, l’unica finale l’ha persa lo scorso anno a Toronto contro Sinner. I fiori all’occhiello del suo arsenale sono un’innata atleticità e la sua capacità di anticipare la palla, togliendo tempo agli avversari. Tuttavia, la sua struttura fisica leggera lo penalizza contro rivali come Jannik, che lo ha battuto 7 volte su 7. Al contrario, un giocatore come Fritz fatica contro di lui, perdendo quei punti di riferimento che gli consentono di manovrare da fondo campo.
De Minaur, senza nulla da perdere
In campo senza nulla da perdere, Alex si è guadagnato questa partecipazione con una stagione brillante, coronata dai titoli di Acapulco e s’Hertogenbosch, e dai quarti di finale al Roland Garros, Wimbledon e US Open. Risultati che certificano la sua costanza e l’ottava posizione mondiale; senza Djokovic a Torino, parte addirittura come testa di serie numero 7.