Sinner doping, tutta la verità: "Pensavo che tanti fossero miei amici, invece..."

Jannik a Sky torna a parlare dopo una vicenda che non è ancora chiusa: le sue parole
Chiara Zucchelli
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Premessa: l'intervista di Sky a Jannik Sinner è datata, lo dicono loro, 18 settembre, 10 giorni prima del ricorso Wada. Quando Jannik parla non sa, ma probabilmente lo immagina, che la vicenda doping che lo riguarda non è ancora chiusa, ma poco importa. Le sue parole (da domani, su Sky Sport Uno e on demand la nuova produzione originale di Sky Sport “Jannik, oltre il tennis – capitolo 3”, dove Sinner si racconta in un’intervista speciale al direttore di Sky Sport Federico Ferri). Eccole: "Posso dire che è stato difficile perché non mi potevo aprire con tante persone, era un periodo delicato e difficile. All'inizio era tutto complicato, non sapevo come comportarmi, non sapevo cosa usciva, cosa sarebbe successo con il team. Di solito sono sempre in controllo e invece lì era facile perderlo. Dopo un po' di settimane mi sono svegliato e mi sono detto che non avevo fatto niente di sbagliato, non sapevo niente, per me era già andato. Poi quello che potrà uscire non lo posso più controllare. Il momento più difficile è stato quando è uscita la notizia, in un momento delicato, prima di un grande Slam. Mi volevo già allenare da mercoledì, la notizia è uscita martedì, abbiamo deciso di non andare, al circolo ci siamo andati giovedì la sera. Arriviamo lì e avevamo tutte le camere addosso, io guardavo gli altri giocatori per capire cosa pensavano veramente. Mi sono fatto tante domande, era difficile preparare un grande Slam così. Sono convinto che niente succede per caso, e forse questo caso mi è servito per capire chi era mio amico e chi no. Ho capito che ci sono tanti giocatori che non pensavo fossero amici e invece altri che alla fine non lo sono. È stato difficile quando ancora non era successo niente, mi vedevano giù con la testa e mi chiedevano 'perché sei così se hai vinto?'. E lì cosa rispondevo? Dicevo che era tutto a posto".

Sinner, le notti senza dormire e il rapporto con il team

Continua ancora Jannik, con onestà: "C'erano partite che la notte prima non dormivo, come quella a Wimbledon contro Medvedev. Normale che poi la mattina dopo stai male. Ho provato a mettere via tante cose in questo periodo, devo ringraziare il mio team che mi è stato vicino, mi sono sentito protetto. Ecco perché dedico i tornei a loro, senza di loro non potevo superarlo. Sono contento di come ho gestito tutto questo. Ero sicuro di essere nel giusto? Quella è la cosa più importante, se avessi saputo di essere colpevole non avrei mai giocato così."

Sinner e le dolci parole per la zia: perché è un esempio per tutti

Sinner ha parlato anche della morte della zia, a cui era legatissimo: "Prima degli Us Open ero in una situazione molto difficile e delicata, facevo fatica a capire tante cose. Poi mi sono svegliato e mi sono detto che tutto è irrilevante perché questo sport ti può dare soddisfazioni o buttarti giù, ma alla fine io sto bene, sono sano e la mia famiglia sta bene. Solo che c'era mia zia che non stava bene. Lei mi ha dato tanto da piccolo, lei mi accompagnava alle gare quando i genitori lavoravano, mi portava in piscina in estate, è stata una persona importante per me e quando una persona così sta male il lavoro è relativo. Io do tanto quando lavoro, però c'è sempre questo secondo pensiero dove mi dico che mi sento fortunato perché posso fare quello che amo. Quando vado in campo per me è ancora un hobby, mi sono reso conto che a volte giocare a tennis è difficile perché la situazione generale non era semplice ma ci sono cose ben peggiori". E queste parole spiegano bene perché Sinner, oltre ad essere un camione, è anche un modello per tanti.


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