
Alla fine solo Sinner può risolvere il dilemma esistenziale di Nanni Moretti nell’imprescindibile “Ecce Bombo”: mi si nota di più se ci sono o se non ci sono? Lo squalificato ne sguscia fuori a modo suo: lo si nota quando c’è, a quanto pare lo si nota anche adesso che non c’è. Dilaga la psicosi degli orfani e delle vedove di Sinner: normale sia così tra i tifosi, ma ancora di più soffrono la mancanza gli avversari. Sono disperazioni sincere. Alcaraz ci va giù poco light: «La sua assenza mi ha ucciso». Zverev è in ansia da prestazione: «Non vedo l’ora di una rivincita».
Dice davvero? A occhio e croce vanno creduti. Non cercano alibi di comodo per mascherare i propri fallimenti. Alcaraz, ovvero l’ossessione di doverlo sostituire. Zverev, ovvero l’ossessione di doverlo battere. La necessità di un nemico – come obiettivo, come scopo, per dare un senso al se stesso – è ancestrale quanto il richiamo della mamma. Senza offesa, a puro titolo di esempio: cosa sarebbe Travaglio senza Berlusconi, quando Silvio era Silvio. Certo oggi ne fa a meno, ma ha dovuto affrontare un lungo e complesso psicopercorso per resettarsi e rigenerarsi, inventando un nuovo io con un nemico diverso, qualunque fosse, fosse pure Zelensky. Il bisogno di un antagonista per trovare una misura di sé.
Avere un nemico là fuori per scuotere la parte migliore di noi stessi e partire all’attacco. Ne usciremo migliori, dicevamo persino quando là fuori c’era il Covid. Per i divi e i divetti del tennis d’oggi il nemico unico è Sinner. Non sarai mai qualcuno – qualcuno davvero, fatto e finito - se prima non batti quello lì. Siamo ormai nel campo del paradigma e del termine di paragone, un nome a cui tutto fa riferimento, a cui tutto si riconduce e che tutto misura. Il risvolto neanche tanto simpatico c’è: lo stanno aspettando con una tale ansia, se lo sognano talmente tutte le notti, che al ritorno non sarà un semplice avversario, ma una succulenta preda.
Lo braccheranno per batterlo, certo, ma prima ancora per restituire un senso alla propria vita sui campi, in questi mesi così vuota e irreale, sempre a giocare con l’asterisco, sempre a dire vinco perché non c’è Sinner. È la legge immutabile e meravigliosa dello sport: la vittoria non è vittoria se non è contro il migliore. Da questo punto di vista, margini di dubbio non ne esistono: Sinner compie 44 settimane da numero 1. Senza giocare. O sono davvero scarsi gli altri, e così non è, oppure è davvero un invincibile lui. Li batte anche da fermo.