Volley - Zaytsev verso Rio 2016:«La mia Italia ha tanta fame»

Intervista esclusiva con l'azzurro, dal bronzo di Londra 2012 al nuovo assalto olimpico: «L'argento in Coppa del Mondo ha ridato vita al nostro movimento. Mi sono sposato, ho avuto un figlio: sono maturato molto. Questo sport deve essere sfruttato meglio»
Volley - Zaytsev verso Rio 2016:«La mia Italia ha tanta fame»© GALBIATI
di Leandro De Sanctis
6 min

Ivan Zaytsev c’era nell’Italia che vinse il bronzo a Londra 2012. Cosa ricorda di quell’avventura che riportava l’Italia sul podio olimpico?
«Il ricordo del podio olimpico è indimenticabile... dopo aver vissuto settimane ad un livello di tensione che non avevo mai provato prima, realizzare di avere al collo una medaglia olimpica è stata una sensazione bellissima...anche se di bronzo, rimarrà la mia prima medaglia olimpica (spero non l’ultima)».
Come è cambiato come giocatore e come uomo in questi tre anni e mezzo?
«Ho migliorato alcuni aspetti del mio gioco, col tempo e con l’esperienza. Ma cerco sempre di migliorarmi ogni giorno e di sfruttare ogni attimo in palestra per mettere qualche tassello in più nel mio bagaglio di giocatore...credo che non si smetta mai di imparare e di crescere,soprattutto se con dedizione ti tuffi in quello che più ti piace fare. Per me è giocare a pallavolo. Sono maturato molto dal punto di vista umano. Diventare padre ti proietta in un mondo bellissimo fatto di amore e responsabilità. Ammetto di essere molto felice dal punto di vista familiare, mia moglie mi aiuta in questo ed altrettanto fa mio figlio facendomi sentire padre. Sono andato a giocare in Russia per trovare la mia consacrazione come giocatore e come uomo».
Lei fu protagonista del caso dell’estate nella scorsa stagione, che poi ha originato le dimissioni del ct Berruto e l’arrivo di Blengini. Come ripensa all’accaduto a mente fredda, ha qualcosa che desidera aggiungere?
«La scorsa estate è stata molto intensa e quel momento, dopo il rientro in Italia dal Brasile prima delle finali, non è stato facile da superare. Ho cercato di interagire con le persone dicendo quello che pensavo per cercare di aggiustare dei meccanismi che secondo me si erano inceppati. Sono una persona sincera ma a quanto pare la sincerità, in quel caso, è risultata scomoda provocando il mio rientro anticipato in Italia. Sono stato sbattuto con estrema forza con la faccia nella merda dopo aver sempre dato il massimo ed averci messo il cuore per la Nazionale. Questa cosa mi ha destabilizzato mettendo in dubbio quello che sono, i miei pensieri ed i miei comportamenti. Mi sono assunto le mie responsabilità e superata quella fase sono rimasto molto contento della reazione che ho avuto e che abbiamo avuto come squadra durante i successivi giorni di preparazione alla Coppa del Mondo che ci apprestavamo a fare».
La Nazionale femminile da anni attinge al serbatoio del Club Italia, ora anche la maschile ha qualche ragazzo uscito da lì: pensa sia un modo produttivo per avvicinarsi al volley con la mentalità giusta in una fase adolescenziale di crescita?
«Seguendo i risultati delle ragazze posso certamente dire che il lavoro svolto sulle giocatrici/giocatori sin dalla giovane età ha sempre dato i suoi frutti. Bisogna però trovare il modo di far fare esperienza a ragazzi giovani facendoli giocare di più nei campionati di alto livello. Trovano ancora troppo poco spazio in Superlega e di conseguenza rallentano la propria crescita tecnica. Ad esempio in Russia c’è il limite di soltanto due stranieri per squadra, e ci sono moltissimi giovani che stanno giocando con costanza nella massima serie sin da quando hanno 17/18 anni. I risultati di tale mentalità sono agli occhi di tutti guardando le nazionali russe, a partire dalle giovanili per finire con la seniores».
Lei ha dimostrato spesso di avere a cuore la Nazionale e la pallavolo in genere e non ha lesinato critiche al modo in cui viene promossa.
«Ho sempre pensato che le potenzialità del movimento pallavolistico italiano sono enormi e che possono essere sfruttate meglio. Ci siamo un po’ fermati nei limiti degli appassionati, tifosi e praticanti del nostro sport. Vorrei che fossimo più ‘’pubblici’’. Avremmo bisogno di un progetto per poter sfruttare degli spazi  dove le persone  esterne cercano più informazioni. Per sdrammatizzare, la storia del rientro da Rio ha sicuramente aiutato a farci conoscere. Sicuramente non nel modo che intendo io, ma è comunque stato meglio di niente...»
Origini russe, umbro di nascita, romano d’adozione e di… accento.  Come si è trovato tornando a vivere in Russia?
 «La quotidianità di una città come Mosca non è poi molto differente da quella di una città italiana. Mi è bastato trovare il giusto ritmo adattandomi ai tempi russi che sono un po’ più dilatati. Ad esempio il traffico è da pazzi e richiede maggiore organizzazione se una persona vuole fare più cose nella stessa giornata».
Roma e Mosca a confonto.
«Mosca è una città carica di storia ed è bellissima. Richiede più organizzazione per poter andare da qualche parte, anche semplicemente per andare a fare la spesa o per andare a mangiare fuori. Roma? Per poter apprezzare a pieno un posto devi andare via, quasi staccandoti totalmente. Mi mancano i piccoli negozi di artigianato, gli alimentari a conduzione familiare, gli amici»
Da palleggiatore a schiacciatore a opposto. Ha definitivamente trovato il suo ruolo?
«Il mio ruolo è quello di opposto. Sto invecchiando, perciò devo focalizzarmi sul ruolo che sento più mio per poter rendere al massimo delle mie potenzialità».
A Rio 2016 dove può arrivare l’Italia?
«L’argento conquistato alla Coppa del Mondo ha ridato vita al nostro movimento che si era fermato. Siamo ripartiti da un mix di giocatori giovani e di giocatori esperti. Abbiamo fame ed i risultati che abbiamo ottenuto in Giappone ed all’europeo sono la dimostrazione del fatto che abbiamo le potenzialità per poter competere con chiunque. Questi risultati hanno anche evidenziato delle lacune sulle quali potremo lavorare nell’estate olimpica. Credo che abbiamo le carte in regola per poter fare bene, il desiderio è enorme e le persone giuste ci sono».


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