Intervista esclusiva a Fefé De Giorgi: "L'Italia, Zaytsev, i playoff... Vi dico tutto"

Il Ct della Nazionale maschile fa un'analisi a tuttotondo in vista dello scudetto e dei nuovi traguardi
Intervista esclusiva a Fefé De Giorgi: "L'Italia, Zaytsev, i playoff... Vi dico tutto"© EPA
Giorgio Marota
8 min

Quei centimetri “mancanti” sono stati per il De Giorgi giocatore una motivazione straordinaria. «Per arrivare al top te ne servirebbero almeno altri cinque, Fefè...», gli ripetevano i suoi tecnici, mentre lui diventava sempre più forte. Ed è finita che in Serie A ci ha giocato lo stesso, vincendo pure tre Mondiali. Sempre dall’alto del suo metro e settantasette. «Con i miei giocatori cerco di non commettere lo stesso errore che facevano gli allenatori con me: valorizzo quello che hanno, senza lamentarmi delle loro mancanze». Con questa logica il Ct dell’Italvolley ha costruito una Nazionale di fenomeni, campioni d’Europa e del mondo nel giro di due anni. Lui considera quei ragazzi come tanti figli. E da oggi li osserverà con ancora più attenzione. I playoff scudetto entrano nel vivo e non sono mai stati così avvincenti.  
 
 
Tre partite dei quarti arrivano a gara 5, quella decisiva. Che segnale è per la pallavolo italiana e per il Ct De Giorgi? 
«Un segnale di grande salute del movimento, ovviamente. Ho visto una regular season di grande qualità. Perugia l’ha dominata, è vero, sempre con un grande Giannelli, ma dalla seconda all’ultima c’è stato un equilibrio impressionante. E ora è tornato tutto in discussione». 
 
Partiamo proprio dalla Sir: 22 vittorie e 0 sconfitte. Ma la serie con Milano, 8ª forza del campionato, ora è sul 2-2. Come se lo spiega? 

«È rientrata nella mischia un po’ a sorpresa, ma forse si è sbagliato a sottovalutare Milano che è una grande squadra. I playoff non sono facili da gestire. Quando le cose vanno molto bene il rischio è di non sviluppare gli anticorpi alle brutte sorprese». 

La Trento degli italiani è l’unica che ha chiuso in fretta la pratica dei quarti.  
«Bravissimi. Ma è ambizioso vedere in questa qualificazione ancora la magia azzurra. Diciamo che in questo turno sono stati molto concreti, eliminando una squadra complicata come Monza».  
 
Piacenza in Coppa Italia devastante, in campionato non decolla. Perché? 
«Ha avuto tanti infortuni. Leal, Lucarelli, Simon... quante volte ha potuto utilizzare la squadra migliore?». 
 
Nella pallavolo di oggi si gioca troppo? 
«Esageratamente direi. E noi allenatori lo diciamo da anni». 
 
E la federazione internazionale vi ascolta? 
«Certo, come no. C’è un continuo scambio di idee, ci convocano e ci chiedono pareri. Poi però decidono sempre per il verso opposto. Giocare tanto significa togliere tempo al recupero fisico, è un problema». 
 
Torniamo al campionato. Verona, oggi a Civitanova, è la sorpresa? 
«Gioca alla grande, con dei ragazzi molto giovani. La serie si deciderà all’ultima palla». 
 
Civitanova ha perso le prime 2, ora è a gara 5. L’anno scorso è diventata campione d’Italia con una grande rimonta. Lei ha allenato lì, cos’ha di speciale quella piazza? 
«Sembrava morta, è vero. Ma non muore mai. La Lube ha tradizione e cultura di playoff, ne ha vinte di battaglie. De Cecco è un riferimento, Zaytsev sta dando una grande mano e Blengini sta inserendo giovani di grande talento come Nikolov e Bottolo». 
 
Zaytsev ha ancora speranze di tornare in azzurro? In molti hanno polemizzato per la sua esclusione dal Mondiale, ma visto come è andato… 
«Non mi piace parlare dei singoli. Ma una cosa voglio dirla: le porte della Nazionale sono sempre aperte. Sicuramente il progetto è improntato sull’inserimento dei giovani, ma l’azzurro non è mai una questione d’età. Io ho giocato la mia ultima partita per l’Italia a 41 anni». 
 
Modena è tornata grande? 
«Ha fatto una buonissima regular season, in Europa è stata straordinaria vincendo la Coppa Cev. Modena-Piacenza è il quarto di finale più equilibrato». 
 
Capitolo liberi, c’è un azzurro in ogni big: Gaggini (Verona), Balaso (Lube), Laurenzano (Trento), Pesaresi (Milano), Piccinelli (Perugia), Scanferla (Piacenza), poi gli “esperti” Rossini (Modena) e Colaci (Perugia). Ha l’imbarazzo della scelta. 
«Sì, è la stagione dei liberi. In questo ruolo abbiamo tantissimi giocatori. E non dimentico Catania e Federici. Mi piacerebbe avere sempre queste complicazioni. Quando ho fatto le convocazioni per il Mondiale quella è stata la scelta più difficile. Mandare un ragazzo a casa a un passo dal traguardo è tostissimo, soprattutto se sono così bravi. Non lo auguro a nessuno». 
 
 E allora parliamo di Nazionale. «Forse abbiamo vinto troppo presto» ha detto.  
«Ma no, l’avrò detto scherzando». 
 
Dopo il titolo europeo e quello mondiale ora però vi chiedono tutti l’oro olimpico. 
«Le aspettative si alzano, è normale ed è una bella sfida per noi. Significa andare oltre ogni limite e noi vogliamo vedere cosa c’è dopo. Dobbiamo uscire dalla straordinarietà del successo e fare in modo che lottare per vincere sia normale... anche nelle nostre teste». 
 
Questo gruppo ha margini di miglioramento? 
«Ovviamente sì. Siamo diventati campioni del mondo con la squadra più giovane del torneo. Non bisogna mai perdere il piacere del fare, dello stare assieme in palestra. Se ti fissi solo sul risultato perdi di vista l’importanza del lavoro quotidiano». 
 
Quando fanno giocare i giovani oggi dicono tutti “mi ispiro all’Italia di De Giorgi”. 
«È gratificante. Io mi sono giocato tutto con i miei ragazzi». 
 
Era un rischio? 
«Forse sì, ma non sono mica un visionario». 
 
Ha avuto visione, però. 
«Quando abbiamo iniziato questo percorso non tutti sapevano quanti giovani bravi c’erano in Italia. Romanò siamo andati a pescarlo in A2, ma per noi non era una sorpresa. Non sono mica pazzo che mi gioco un Europeo con un ragazzo solo perché è giovane. Lo faccio perché è forte. I giovani c’erano, non ho scoperto niente. Magari ho dato loro un’opportunità, tutto qui. Il sistema-pallavolo in Italia funziona. La federazione, la lega, i club: si fa un bel lavoro insieme. Le vittorie delle nazionali giovanili non sono un caso». 
 
Molti si chiedono perché Fefè il comunicatore non sia ancora diventato una star della tv. 
(ride) «Finché faccio l’allenatore è difficile. Ma mi è sempre piaciuto quel mondo là. Sono un tipo curioso. Ci sarà un tempo per tutto». 
 
Anche per l’Europeo del 2023? 
«A quello dobbiamo pensarci subito. Sarà bello giocarlo in casa, porteremo l’azzurro in tante città e ci aspetta una bellissima festa». 
 
Se guarda al futuro, come le piacerebbe essere ricordato? 
«Come un allenatore che ha preso per mano dei ragazzi facendo fare loro un passetto in avanti nel momento del bisogno. Vorrei poi che la gente ricordasse questa squadra come la Nazionale del sorriso». 
 
Palazzo Chigi, il Papa, Mattarella. Ci date un altro appuntamento a fine settembre? 
«Magari ricominciamo il giro, chi può dirlo. Su questa giostra siamo saliti un po’ a sorpresa ma ora non vogliamo più scendere». 


 
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