Pallavolo, Anna Danesi esclusiva: "L'Italia punta l'oro all’Europeo"

Parla la centrale azzurra, leader silenziosa della formazione azzurra: “Siamo uno squadrone, l’obiettivo è vincere”
Pallavolo, Anna Danesi esclusiva: "L'Italia punta l'oro all’Europeo"© fiorenzo galbiati
Giorgio Burreddu
6 min

Anna Danesi ha vinto (quasi) tutto, ha ricevuto premi, glorie, onori, sorrisi, copertine. E se le chiedi cosa le manca non la freghi: «Forse un sfera magica per vedere il futuro. Intanto mi godo la storia della mia vita. Che è bellissima». Senza di lei questa Italvolley avrebbe molto, ma molto meno. Di pilastri e di campionesse non puoi farne mai a meno. Ma con Danesi non è solo una questione tecnica. Lo sa anche il c.t. Mazzanti, che infatti Annina se l’è portata pure a questo giro. Nostra signora dei muri, la chiamano. Lei non ci sta: «Non mi basta. Voglio essere un centrale completo. Ovvio che l’attacco mi esce meno bene del muro. Ma io credo di poter dare qualcosa in più in ogni situazione». Pacata, sveglia, intuiva. Decisissima. Danesi è summa di ciò che questa Italia sarà all’Europeo al via domani. «Siamo uno squadrone - dice - e lo sappiamo. Puntiamo a vincere l’oro sempre, in ogni competizione. Ma il livello si è alzato. Non sarà facile».

Siete la squadra da battere?
«Ce ne sono almeno quattro: la Turchia ha giocato una bellissima Nations League e ha un buon potenziale; la Polonia sta crescendo e anche loro sono belle toste; la Serbia non è da sottovalutare. Noi siamo forti, chiunque vorrebbe batterci».

Perché si è alzato il livello?
«Guarda anche in giro per il mondo, il Brasile per dire. C’è un cambio generazionale. L’anno scorso avevano una centrale di 40 anni, ora una di 19. In Europa la Polonia ha giocatrici nuove, la Germania pure. Portano novità».

L’Italia si aspetta un bis. Troppa aspettativa?
«Io non la sento, ma non stiamo ancora giocando. Sappiamo dove vogliamo arrivare. Il terzo posto al Mondiale sembrava una schifezza, ma noi puntiamo sempre al massimo. L’oro è il nostro sogno. Lo vogliamo noi, e se il Paese lo vuole vedremo di accontentare tutti».

Esordio a Verona. Tesa?
«Verranno trentotto persone a vedermi. Perché vivo sul Lago di Garda, non è lontano. Ci sarà mia sorella Federica. Ha sposato un norvegese, vive in Danimarca. Non ci sarà il mio nipotino di otto mesi, troppo piccolo. Forse Federica non mi ha nemmeno mai visto con la maglia azzurra dal vivo. Poi ci sarà il mio fidanzato, che lavora nel team della Bosnia. Ecco, la gara in cui voglio fare proprio benissimo è quella». E ride.

Com’è questo girone?
«Senza nasconderci, nelle prime partite dobbiamo badare più al nostro gioco. Scioglierci, stemperare la tensione. Giocare in casa sarà una forte emozione. Bellissimo. Ma un po’ di tremarella l’avremo tutte».

Miglior centrale nel 2019, poi in Nations League.
«Nel momento che conta sono sempre stata pronta, ma non voglio tirarmela. Voglio vedere come va, lasciarmi stupire da me, dalla squadra, dall’Europeo che va avanti. Certo non mi aspetto di fare la partita della vita quando conta meno».

Cosa ci vuole per un grande muro?
«Intuizione prima di tutto. E poi una buona lettura, piedi veloci. E anche le mani, indubbiamente».

E’ vero che lei è una perfettina e studia tutte le avversarie?
«Più che studio, cerco di leggere molto la palleggiatrice avversaria e capire cosa vuole fare. È una buona dose di intuizione che finora mi ha ripagato bene».

L’intuizione si allena?
«Ci si lavora in allenamento. Faccio sempre delle scelte, ma lì posso permettermi di sbagliare. In partita no. Dipende molto dalla palleggiatrice».

Studiare permette di controllare l’imprevedibile?
«Molto spesso studio e ristudio delle cose. Poi la palleggiatrice sceglie di fare altro. È più un discorso di adattamento continuo all’interno della partita. Come singolo e come squadra».

“Immaginazione mentale dell’azione nello sport”. È il titolo della sua tesi.
«Visualizzo, sì. È stato riconosciuto che può aiutare e che migliora la prestazione. Io lo faccio in pullman mentre andiamo alla partita, lo uso per caricarmi. Immagino specialmente i muri. È una ripetizione. Mi vedo da fuori, da lontano. Esistono delle tecniche».

Quanto conta la testa nel suo sport?
«Molto, e secondo me la si sta riscoprendo negli ultimi anni, si è sempre parlato di stare al top fisicamente, di spaccare la palla. Ma guarda Berrettini nel tennis. La testa conta».

Che clima c’è nello spogliatoio?
«Bello. Anche perché ci sono giocatrici nuove, tra virgolette. Sono cariche a bomba, grandi lavoratrici».

Nuova no, ma c’è anche Egonu.
«È il valore aggiunto. Paola è stratosferica e può farci vincere le partite. Il c.t. ha fatto delle scelte per la Nations League. E sono contenta che chi ha giocato abbia fatto vedere che comunque dietro Paola ci sono opposti di qualità. Non siamo Egonudipendenti. Lei ci fa vincere le partite. Ma ci sono anche altre».

E lei, che ruolo ha in gruppo?
«Sono molto silenziosa, al contrario del capitano Sylla. Però le mie compagne lo sanno: ci sono sempre. Non mi piace parlare in modo plateale, preferisco le cose in privato. Solo una volta sono andata fuori dagli schemi. In una partita non avevamo più i check. Tutti si lamentavano. Lì mi sono incazzata».

Mazzanti dev’essere un collante o farvi arrabbiare?
«Penso tutte e due le cose. Davide negli anni ha creato un suo ruolo all’interno della squadra, sappiamo che possiamo fare affidamento su di lui dentro e fuori lo spogliatoio».

Ha due lauree, è campionessa d’Europa, ha vinto tutto. Sente qualche mancanza?
«Sono felice. E mi piace il mio percorso. Prenderò la terza laurea: per insegnare educazione fisica ai bambini delle elementari. Ho fatto due esami. Non ho fretta. Mi godo le cose».


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