D ue mesi e mezzo dopo l’oro di Parigi la decisione è presa: Julio Velasco guiderà la Nazionale di pallavolo femminile fino ai Giochi di Los Angeles del 2028. Subito dopo l’abbuffata olimpica (primo oro nella storia della pallavolo) il ct aveva detto, nell’ordine: che avrebbe staccato il telefono per una settimana (e l’ha fatto) e che, non essendo un ragazzino, avrebbe dovuto riflettere per capire se c’erano le condizioni per arrivare a giocarsi un’altra Olimpiade a 76 anni. Fatto anche questo. Il 19 settembre, a Courmayer in occasione della presentazione del campionato femminile, il primo contatto con il presidente Manfredi e ieri l’annuncio che sarà formalizzato nelle prossime settimane con il passaggio in consiglio federale con la non trascurabile appendice dei rinnovi dello staff di Julio, a partire dai vice Barbolini e Bernardi.
La difficoltà nel ripetersi
Rivincere dopo aver vinto, ecco la nuova missione: «Non c’è niente di peggio - spiega Velasco in occasione della consegna del premio Mecenate - perché soprattutto in Italia quando qualcuno centra un successo deve automaticamente vincere sempre». Però l’appetito vien mangiando e se è vero - parole del ct - che è difficile chiedere alle azzurre di giocare meglio di quanto hanno fatto a Parigi (un solo set perso, dominio totale), è stato lo stesso Velasco - con l’oro olimpico in mano - a sostenere che comunque questa squadra aveva grandi margini di miglioramento. Come? «Dimenticando di aver vinto. Perché qui la certezza è soltanto una: tutte le squadre che abbiamo battuto a Parigi stanno lavorando per migliorare e batterci. Quindi dobbiamo farlo anche noi. Saremo capaci di dimenticare Parigi? Saremo capaci, dopo queste settimane di feste, di rinunciare ad altri premi e riconoscimenti? Saremo capaci di ragionare come se venissimo da una pesante sconfitta? Avremo ancora fame dopo aver mangiato così tanto? Perché essere affamati a digiuno è facile, a pancia piena è diverso e noi ora siamo a pancia piena. Non lo so, ci proveremo ma questa è l’unica strada percorribile».