Velasco punta al 2028: "Missione Los Angeles, dimenticando Parigi"

Dopo lo storico oro olimpico il ct scioglie la riserva e annuncia il rinnovo del contratto: "Bbasta con feste e premi. Ragioniamo come se avessimo perso"
Velasco punta al 2028: "Missione Los Angeles, dimenticando Parigi"© ANSA
Paolo de Laurentiis

D ue mesi e mezzo dopo l’oro di Parigi la decisione è presa: Julio Velasco guiderà la Nazionale di pallavolo femminile fino ai Giochi di Los Angeles del 2028. Subito dopo l’abbuffata olimpica (primo oro nella storia della pallavolo) il ct aveva detto, nell’ordine: che avrebbe staccato il telefono per una settimana (e l’ha fatto) e che, non essendo un ragazzino, avrebbe dovuto riflettere per capire se c’erano le condizioni per arrivare a giocarsi un’altra Olimpiade a 76 anni. Fatto anche questo. Il 19 settembre, a Courmayer in occasione della presentazione del campionato femminile, il primo contatto con il presidente Manfredi e ieri l’annuncio che sarà formalizzato nelle prossime settimane con il passaggio in consiglio federale con la non trascurabile appendice dei rinnovi dello staff di Julio, a partire dai vice Barbolini e Bernardi. 

La difficoltà nel ripetersi

Rivincere dopo aver vinto, ecco la nuova missione: «Non c’è niente di peggio - spiega Velasco in occasione della consegna del premio Mecenate - perché soprattutto in Italia quando qualcuno centra un successo deve automaticamente vincere sempre». Però l’appetito vien mangiando e se è vero - parole del ct - che è difficile chiedere alle azzurre di giocare meglio di quanto hanno fatto a Parigi (un solo set perso, dominio totale), è stato lo stesso Velasco - con l’oro olimpico in mano - a sostenere che comunque questa squadra aveva grandi margini di miglioramento. Come? «Dimenticando di aver vinto. Perché qui la certezza è soltanto una: tutte le squadre che abbiamo battuto a Parigi stanno lavorando per migliorare e batterci. Quindi dobbiamo farlo anche noi. Saremo capaci di dimenticare Parigi? Saremo capaci, dopo queste settimane di feste, di rinunciare ad altri premi e riconoscimenti? Saremo capaci di ragionare come se venissimo da una pesante sconfitta? Avremo ancora fame dopo aver mangiato così tanto? Perché essere affamati a digiuno è facile, a pancia piena è diverso e noi ora siamo a pancia piena. Non lo so, ci proveremo ma questa è l’unica strada percorribile».


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Sport globale

Non è un problema, secondo lui, che uno dei suoi vice (Barbolini) sia andato ad allenare negli Stati Uniti. Non ci sono troppi segreti nello sport moderno: «Potevano esserci in passato, quando non c’erano immagini e neanche il web. Ora è tutto diverso, tutti sanno tutto. Io stesso ho imparato molto dal mondo Usa. La realtà è che ormai vince chi copia più in fretta».

Gli equivoci

Non sembra piacergli molto questo Truman Show perpetuo fatto di parole che fanno il giro del mondo magari estrapolate da un contesto: «Sui social sono rimbalzate frasi che ho detto su Paola Egonu. Il senso era che qualsiasi cosa fosse successa sarei sempre stato dalla sua parte. In realtà il discorso era più articolato: a domanda sulle questioni razziali ho risposto esattamente in quel modo. Ma poi ho aggiunto che sulle questioni tecniche, Paola è esattamente come le altre. Ma di questa seconda parte non c’è traccia». Gli equilibri della squadra al centro, come sempre. L’oro di Parigi gli permette ancora di più di far pace con l’argento di Atlanta 96, passato alla storia come una cocente sconfitta. «No, quello è stato un successo e lo rivendico. E ora che abbiamo vinto l’oro posso dirlo senza il timore di essere frainteso o che qualcuno non capisca. Quella lì è stata una vittoria per come è venuta e per come abbiamo reagito: la differenza tra oro e argento è stata di due palloni nell’arco di una partita di tre ore e mezzo e subito dopo nessuno di noi ha fatto mezza polemica. Abbiamo accettato il verdetto del campo serenamente, complimentandoci con l’Olanda».

Tutti uguali

La chiusura è sullo Ius Soli, anche in questo caso mai banale: «Lo sport secondo me riflette una grande ingiustizia: quando conviene i figli dei migranti diventano italiani, quando non conviene invece no. Se è un buon giocatore o una buona giocatrice vedrete che diventerà italiano e firmano tutti, anche i partiti contrari saranno d’accordo». Per questo secondo lui dovrebbe esistere uno Ius Soli di tutto, senza distinzioni: «Perché nel mondo di oggi un ragazzo che nasce, studia e lavora in Italia deve essere italiano».


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D ue mesi e mezzo dopo l’oro di Parigi la decisione è presa: Julio Velasco guiderà la Nazionale di pallavolo femminile fino ai Giochi di Los Angeles del 2028. Subito dopo l’abbuffata olimpica (primo oro nella storia della pallavolo) il ct aveva detto, nell’ordine: che avrebbe staccato il telefono per una settimana (e l’ha fatto) e che, non essendo un ragazzino, avrebbe dovuto riflettere per capire se c’erano le condizioni per arrivare a giocarsi un’altra Olimpiade a 76 anni. Fatto anche questo. Il 19 settembre, a Courmayer in occasione della presentazione del campionato femminile, il primo contatto con il presidente Manfredi e ieri l’annuncio che sarà formalizzato nelle prossime settimane con il passaggio in consiglio federale con la non trascurabile appendice dei rinnovi dello staff di Julio, a partire dai vice Barbolini e Bernardi. 

La difficoltà nel ripetersi

Rivincere dopo aver vinto, ecco la nuova missione: «Non c’è niente di peggio - spiega Velasco in occasione della consegna del premio Mecenate - perché soprattutto in Italia quando qualcuno centra un successo deve automaticamente vincere sempre». Però l’appetito vien mangiando e se è vero - parole del ct - che è difficile chiedere alle azzurre di giocare meglio di quanto hanno fatto a Parigi (un solo set perso, dominio totale), è stato lo stesso Velasco - con l’oro olimpico in mano - a sostenere che comunque questa squadra aveva grandi margini di miglioramento. Come? «Dimenticando di aver vinto. Perché qui la certezza è soltanto una: tutte le squadre che abbiamo battuto a Parigi stanno lavorando per migliorare e batterci. Quindi dobbiamo farlo anche noi. Saremo capaci di dimenticare Parigi? Saremo capaci, dopo queste settimane di feste, di rinunciare ad altri premi e riconoscimenti? Saremo capaci di ragionare come se venissimo da una pesante sconfitta? Avremo ancora fame dopo aver mangiato così tanto? Perché essere affamati a digiuno è facile, a pancia piena è diverso e noi ora siamo a pancia piena. Non lo so, ci proveremo ma questa è l’unica strada percorribile».


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