Gargiulo: “Italia, testa libera per battere il Belgio”© EPA

Gargiulo: “Italia, testa libera per battere il Belgio”

Domani il quarto di finale (ore 9.30) per la rivincita: “Nel girone eravamo troppo tesi: loro sono forti, ma se giochiamo sciolti come con l’Argentina si può fare”
Pasquale Di Santillo
6 min

C’è un filo di sottile campanilismo a unire il Mondiale delle donne terminato con il trionfo delle ragazze di Velasco e quello maschile che domani ci riserva un quarto-rivincita con il Belgio (ore 9.30). Un filo, una città: Sorrento. Lì è nata Monica De Gennaro il libero totem della squadra azzurra, esattamente come Giovanni Maria Gargiulo, centrale dell’Italia di De Giorgi, con 12 anni di meno: «Non la conosco - dice Giovanni - ma la ammiro per quello che ha fatto. Non ci siamo mai incrociati, siamo di generazioni diverse». Con i suoi 26 anni, è l’ultimo arrivato (insieme a Sani a Pace) nella squadra Campione del Mondo in carica.

Com’è stato l’impatto al suo primo Mondiale? 

«A un buon punto, anche se non è stato facile. È bellissimo stare qui, sono felice e questo lo devo all’accoglienza dei ragazzi che hanno costruito questo gruppo dall’inizio. Hanno fatto sentire me e gli altri subito a nostro agio». 
 
Qual è stato il suo percorso per arrivare a questi livelli? 
«Ho cominciato solo a 15 anni, prima praticavo tennis e nuoto dove ho fatto anche le finali nazionali, mentre a tennis ero classificato. Poi un amico di famiglia che lavorava con mio padre, per tanti anni medico nella Prisma Taranto, mi disse “Perché non provi a giocare a pallavolo?“. Chiesi il permesso di papà perchè lavoravo con lui nella piscina che abbiamo in gestione a Sorrento. E lui disse... “...dai, vai, tanto la giornata te la pago lo stesso”. Non sapevo fare niente, eppure alla fine del provino mi salutarono dicendomi: “ci vediamo il 12 settembre...“. Non potevo più dire no, era destino, e cominciai a Castellana». 
 
Oltre la pallavolo, cosa c’è?  
«Sono laureato in scienze mot orie e ho la magistrale in economia e management di imprese sportive all’Università telematica. Mamma ha voluto il pezzo di carta. Avevo cominciato anche Giurisprudenza, dando tre esami, ma al quarto la professoressa mi ha bocciato per una storia che evito di raccontare e il giorno dopo ho rinunciato agli studi. Se questa è l’Università pubblica, non ci voglio avere niente a che fare...» 
 
Recuperato in extremis dopo un infortunio alla caviglia a pochi giorni dalla partenza per l’Oriente: cosa ha pensato quando si è fatto male? 
«Le parole esatte non le posso ripetere. Ma la sera dopo in fase ancora acuta con la caviglia gonfia mi sono detto che il Mondiale era andato, non riuscivo a poggiare il piede per terra. Mi ha aiutato molto Daniele Lavia che mi ha chiamato per sapere come stavo e facendomi vedere la mano ingessata mi ha fatto ricordare che c’è sempre chi sta peggio. Parlare con lui mi ha convinto: ci dovevo provare. Il resto del merito va allo staff e a tutti quelli che mi hanno rimesso in piedi. Al secondo-terzo giorno quando ho potuto riappoggiare il piede ho preso ancora più fiducia. Poi ho passato due giorni col grande doc Benelli e ho fatto altri progressi prima di partire per il Giappone. E qui devo ringraziare anche il fisio Pito che durante il viaggio è stato sveglio con me per 12 ore filate: una no-stop di manipolazioni e massaggi alla caviglia. In Giappone ho ricominciato a fare qualcosa tra salti e 6 contro 6 e poi quando siamo arrivati a Manila c’era da decidere. E devo ringraziare anche il coach che ha dato fiducia a un atleta che ancora oggi non sa se è al 100% fisicamente». 
 
Veniamo al Belgio: cosa è successo in quella partita del girone? 
«Certo, è inaspettato vedere eliminate Brasile, Francia e Giappone o noi perdere col Belgio. Ma la verità è che ora tutti se la possono giocare con tutti. E quindi le sorprese sono meno sorprese. Vogliamo parlare dei singoli del Belgio? Reggers da due anni è tra i migliori opposti al mondo, Deroo ha giocato e vinto nei migliori club d’Europa, D’Alst, il palleggiatore, ha vinto a Civitanova. Una squadra attrezzatissima che fa la differenza come gruppo. Non è più come una volta. Ci sono tante realtà in crescita». 
 
Tra le sorprese considera anche Gargiulo titolare? 
«Non credo al concetto di titolare o non titolare, soprattutto in Nazionale. Siamo 14 ragazzi tutti di altissimo livello, tutti in grado di giocare. Il titolare per me è quello che il coach ritiene in grado di dare alla squadra quello che serve in quel momento preciso. Dipende dalle caratteristiche dei singoli e contro chi giochi. È il bello di avere una panchina lunga come la nostra. Giocare è l’ambizione di tutti ma bisogna mettere la squadra davanti al singolo». 
 
Come si ferma Reggers? 
«Intanto studiando bene la partita del girone per capire cosa non abbiamo fatto bene, poi scegliere quale può essere la tattica migliore tra muro difesa e ricezione. Poi sicuramente, lui è un grande giocatore. E potrebbe anche non essere sufficiente. Con loro nel girone siamo partiti un po’ nervosi e non siamo riusciti a esprimerci da subito. Serve giocare un po’ più sciolti senza stare a pensare a troppe cose, un po’ come abbiamo fatto con l’Argentina. Le strategie? Le lascio allo staff...». 


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