La voce pacata trasmette relax, vacanza. Quello che ci voleva dopo il grande frullatore dell’Olimpiade senza avere nulla al collo. Ma con in testa la prima autentica amarezza degli ultimi tre anni, tra un oro mondiale e un oro e un argento europei. La voce di Fefè De Giorgi è sempre pacata, la stessa che capita di ascoltare durante i time-out con i suoi ragazzi. A Squinzano, casa sua, Puglia di provincia leccese, a due passi dal mare, il ct azzurro sta ricaricando le pile per metabolizzare i Giochi e pensare al futuro. "Me ne sto un po’ in famiglia, altrimenti mi cacciano...", scherza alla sua maniera.
De Giorgi, si rimprovera qualcosa di questa estate, visto che a vincere i Giochi sono state le due nazionali - Francia e Italia femminile - che hanno dominato la VNL senza mai riposarsi?
"Il percorso dalla qualificazione olimpica in poi è stato molto lungo e a ritmi altissimi. E tutto quello che ho deciso, come far riposare i titolari e chiudere la VNL con i giovani, aveva logica e razionalità, come avvicinamento ai Giochi e durante la stessa rassegna. Sì, rifarei le stesse cose".
Già analizzato il torneo olimpico?
"Non ancora: di solito faccio passare un po’ di tempo per riprendere le carte in mano e rivedere tutto nel dettaglio. Lascio sempre sedimentare quello che succede, emozioni comprese".
D’istinto, cosa le è rimasto dentro? Si rimprovera qualche errore?
"L’amarezza sta ancora là, non se n’è andata. Non potrebbe essere altrimenti, è giusto così. Per me, per i ragazzi deve funzionare come stimolo per fare meglio al prossimo appuntamento. Quanto agli errori, quelli fanno parte del nostro lavoro. E mi riferisco ai miei, lasciamo stare il gruppo, che in questi quattro anni ha fatto, Olimpiade compresa, cose impressionanti, con l’età media più bassa tra i roster dei Giochi. Le criticità ci sono sempre ed è giusto metterle in evidenza. A patto però si sia onesti fino in fondo".
Si spieghi meglio.
"Non si può dimenticare che giocano anche gli altri. E parliamo di squadre forti. Questo è un momento storico della pallavolo dove regna un equilibrio tecnico incredibile, mai visto. Basta guardare i quarti di finale ai Giochi, tutti potevano battere tutti. Vincere o perdere a volte dipende da uno-due palloni, come è capitato a noi nella finale per il bronzo con gli Stati Uniti. Con qualche servizio dentro in più, forse ora racconteremo qualcosa di diverso. Parliamo di dati oggettivi".
Con il quarto posto ecco le prime critiche per gestione della panchina (Giannelli su tutti). Come risponde?
"Che ci possono stare, è giusto quando non arriva il risultato, la medaglia. Anche se è sempre facile parlare da fuori, senza considerare che chi sta al mio posto conosce profondamente la squadra, i ragazzi. E certe decisioni sono figlie di tante valutazioni".
Cambiando palleggiatore o ruotando la panchina contro la Francia sarebbe cambiato qualcosa?
"Bisogna riconoscere che i francesi hanno giocato dal terzo set dei quarti alla finale con un’efficacia mostruosa. Con qualità, classe e il vantaggio dell’entusiasmo generato dal pubblico. Tutto così bene da far sembrare l’Italia e la Polonia - che ha un roster incredibile - due squadrette. Un po’ come ha fatto l’Italia di Velasco al femminile contro gli Stati Uniti. Con la Francia, noi ci abbiamo provato ma loro sono riusciti a rintuzzare tutti i nostri tentativi di recupero. A proposito, le ragazze sono state straordinarie, hanno dato spettacolo, giocando a un livello spaventoso".
Servizio e muro hanno faticato nel momento decisivo dei Giochi, come è possibile?
"Nel volley moderno il servizio è decisivo, e noi ne abbiamo sbagliato qualcuno di troppo. Ma è anche l’unico fondamentale che fai da solo, è tecnico ed emozionale. Devi spingere, ma anche saperlo equilibrare per variare. Ne dovremo parlare. Il muro ha faticato contro il Giappone, che ha martelli che variano il tempo della schiacciata e non è facile prendergli le misure, ma siamo riusciti a recuperare quella partita proprio sistemando il muro. Fatica replicata con la stessa Francia che con Clevenot e N’Gapeth ha dato spettacolo".
Cosa ha pensato quando ha visto Giani “francese” con l’oro al collo?
"Mi sono emozionato per l’amico, il compagno, l’allenatore, ma i francesi dovranno ammetterlo: in quell’oro c’è anche un italiano".
E ora, come si riparte?
"Pensando al Mondiale del prossimo anno. Avremo gli stimoli giusti per cercare il riscatto, avendo la consapevolezza che serve l’umiltà per andare a rompere questo grande equilibrio e una cura infinita per i dettagli. Il giudizio su questo gruppo di ragazzi speciali, come uomini e atleti, non può essere legato a una medaglia persa. Il loro percorso di crescita è stato impressionante. Il presidente Manfredi? È amareggiato come tutti noi ma guarda sempre avanti. Spero non troppo perché ci sarebbe da mettere quella firmetta sul rinnovo del contratto. È tutto pronto, manca solo l’autografo. E ci siamo. Spero...".