Giorgio Pasoti e il bello della ricerca

L’attore appoggia l’iniziativa dell’Università Niccolò Cusano perché “è sempre molto difficile sensibilizzare sulle tematiche scientifiche”
Giorgio Pasoti e il bello della ricerca
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Dal cinema alla televisione senza disdegnare il teatro. Ma soprattutto senza mai tirarsi indietro quando si tratta di prestare il proprio volto non solo al piccolo o grande schermo, ma anche per catalizzare l’attenzione del pubblico nella direzione di temi che hanno bisogno di finire sotto la luce di altri riflettori per non essere dimenticati. Tutti conoscono Giorgio Pasotti come attore, diretto in carriera da Mario Monicelli, Gabriele Muccino e Paolo Sorrentino, anche nel ricco cast del premio Oscar “La grande Bellezza”, o come protagonista di alcune delle fiction di maggior successo della televisione italiana; altri lo stanno scoprendo questi giorni come regista, alla sua opera prima dietro la cinepresa, “Io, Arlecchino”. Tra un set e l’altro, Pasotti trova sempre il tempo di dedicarsi alla solidarietà, senza dare nell’occhio, sempre disponibile a dare una mano. «Ogni anno cerco di dedicarmi a una iniziativa in particolare – racconta nell’ambito dell’iniziativa che lega il Corriere dello Sport-Stadio e l’Università Niccolò Cusano, e quindi sport e ricerca scientifica – Trovo che sia più serio dare la propria disponibilità per un progetto unico e dare il massimo per quello».

BENEFICIENZA. In due momenti distinti, Pasotti è stato tra le “stelle” che hanno supportato campagne in favore della sensibilizzazione e la cura delle malattie reumatiche, prima della spondilite anchilosante e poi della diagnosi precoce di tutte le MR, scendendo in campo nella Partita del Cuore 2014: «Sono mosso da tante storie. In quelle due occasioni si è parlato di malattie che fanno parte di una stessa categoria ma diverse tra loro. Da un lato la SPA, che può portare a conseguenze molto gravi, dall’altro in genere tutte le patologie reumatiche, anche lievi ma non per questo da sottovalutare, e quindi da individuare il prima possibile per affrontarle nel modo più efficace». Gli scarpini ai piedi nella partita di beneficienza per eccellenza sono il simbolo di quanto importante sia la partecipazione del mondo dello spettacolo per aiutare la ricerca: «È molto difficile sensibilizzare in ambito scientifico, e le persone che fanno un lavoro simile al mio hanno la possibilità di fare molto, perché possono arrivare in profondità ed essere ascoltate da tanti. Ci sono malattie che tutti sentiamo lontane perché siamo stati fortunati e non le abbiamo conosciute. Ma quando qualcuno le porta vicino a noi, e ce le fa conoscere, ci rendiamo conto di quanto sia importante raccontare a tutti queste storie e aiutare il più possibile».

AGENDA RICCA. A sbirciare sulla sua agenda, ci si rende davvero conto della disponibilità di Pasotti. In questi giorni si divide tra le prove teatrali e il debutto al cinema da regista, ma prima delle prove con Gigio Alberti, Fiorella Rubino, Lunetta Savino e Antonello Fassari, trova il tempo di fare ancora una volta da cassa di risonanza per la solidarietà. Il 27 e 28 giugno sarà sul palcoscenico del Napoli Teatro Festival Italia 2015, tra le più importanti rassegne teatrali del Paese, con “Il metodo”, ispirato alla commedia del catalano Jordi Galceran “Il metodo Gronholm”, cinico ma ironico ritratto del sistema utilizzato da aziende multinazionali per selezionare i manager a cui affidare le redini delle compagnie. Poi ancora sul palco, repliche dello spettacolo diretto da Lorenzo Lavia a Roma e Milano, alla Sala Umberto e al Manzoni. In tutto questo, nei giorni scorsi è uscito al cinema “Io, Arlecchino”, il suo debutto da regista, firmato insieme a Matteo Bini, con lo stesso Pasotti e Roberto Herlitzka. «È stata una esperienza bella e faticosa. Fare l’attore è più semplice – si confida - perché dietro la macchina da presa devi curare tutti gli aspetti del progetto filmico. Quei 90 minuti di film, però, sono una grande soddisfazione, anche perché nel mio caso sono riuscito a fare ciò che avevo in mente. È un’opera prima non semplice, in cui per la prima volta nel nostro cinema viene raccontato il personaggio di Arlecchino. È un film coraggioso, ma nella vita serve sempre un po’ di coraggio».


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