Passetti, unico italiano dell’adaptive surf: «Il mare è la mia vita, l’handicap non mi ferma»

L’atleta azzurro, dopo l’amputazione di una parte di gamba, non rinuncia ai suoi obiettivi: «Voglio continuare ad allenarmi per arrivare ai prossimi mondiali ISA»
Passetti, unico italiano dell’adaptive surf: «Il mare è la mia vita, l’handicap non mi ferma»
Filippo Testini
6 min

ROMA – Il mondo, ovvero il l’utilizzo della tavola per persone con disabilità motorie o con protesi agli arti, non è molto conosciuto. L’unico atleta in questione che difende i colori azzurri è Fabrizio Passetti, partecipante alla prima edizione (settembre 2015) dei mondiali ISA che si sono svolti in California. «Il mare ed il surf – racconta – sono sempre stati il motore della mia rinascita al punto tale che la prima domanda ai medici, dopo aver saputo dell'amputazione, è stata: Mi dica la verità senza darmi false speranze potrò' un giorno ritornare in mare a fare surf? La sua risposta è stata: «il campo proteisico sta facendo passi da giganti ma oggi non saprei dirti se riuscirai davvero a tornare a fare surf».

LA STORIA – Genovese di nascita ma varazzino d’adozione, Passetti si avvicina al surf fin da giovane, ottenendo importanti successi a livello nazionale. All’età di 18 anni, però, un incidente in modo lo costringe a subire un’operazione per amputare parte di una gamba. Nonostante i problemi, però, Fabrizio ha lottato per tornare in acqua ed ora, grazie all’adaptive surf, è entrato nel prestigioso team California Sports ed è ambasciatore della Onlus Flying Angels.

LA FORZA DI RIPARTIRE – Le intemperie, però, non hanno mai fermato Passetti e la sua forza di volontà: «Negli anni ho perso la speranza più volte: sono caduto e mi sono rialzato. Ho passato diversi anni in ospedale per curare la mia infezione ed impossibilitato ad utilizzare qualsiasi tipo di protesi. Ero debilitato, nel corpo e nella mente e non so davvero dirti come ho fatto a superare quel periodo. Sicuramente sono stati importanti gli amici e le persone che mi hanno dimostrato affetto. Ovviamente è stata fondamentale la voglia di poter tornare in mare e vivere una vita quasi normale».

IL RIENTRO IN ACQUA – Il ritorno in acqua di Passetti passa, paradossalmente, per la Svizzera. In un luogo dove la montagna la fa da padrone, infatti, l’atleta ha portato avanti una terapia che in Italia non si usa: «Un medico svizzero mi ha ricoverato a Lugano e mi ha praticato la tecnica del rosario. In pratica inseriva uno spago con delle palline di antibiotico intorno all'osso, per poi estrale una alla volta a ferita aperta. Sapendo che vivo a Varazza, mi ha consigliato di disinfettare la ferita con acqua di mare e acqua ossigenata: non mi sembrava vero! Ho preso la palla al balzo e sono entrato in mare. Era bello lo ammetto, ma non era la stessa cosa. Volevo tornare a surfare, manovrare la tavola esattamente come facevo una volta». Poi la svolta: «Dal quel momento iniziai ad indossare la protesi e provai a farmene fare diverse da poter utilizzare in mare. Non riuscirono mai a farmene una con la quale riuscissi sia a camminare sia ad alzarmi in piedi sulla tavola. Finchè tre anni fa circa, di mia iniziativa, presi una protesi vecchia per camminare e la fasciai con dello scotch da pacchi intorno alla coscia. Incredibile ma vero, con quella riuscii a prendere di nuovo la mia prima onda su una tavola da surf. Fu come tornare a vivere, di nuovo!».

SOLO SURF – Per Passetti, però, non c’è solo il surf. Da poco, infatti, l’atleta azzurro è voluto tornare anche su una tavola da snowboard e, in merito, precisa: «Sono stato in ritiro con la nazionale e con coach Igor Confortin per effettuare i primi test e vedere come reagiva la protesi. Ho trovato lo Snowboard molto più semplice del Surf. Sono sicuro che con un buon allenamento e una protesi adattata per questa disciplina potrò dare davvero molto e non vedo l’ora di farlo. Voglio continuare i test per provare a partecipare alle prossime Paralimpiadi Invernali del 2018».

LE PROBLEMATICHE – Ma le difficoltà, purtroppo, non finiscono mai. L’atleta azzurro, infatti, racconta alcune delle molte problematiche che deve affrontare per perseguire la sua passione: «E' da 6 mesi che aspetto di cambiare l'invaso della mia gamba. Quello provvisorio che ho è in resina e pesa notevolmente di più di uno in carbonio: in mare è sicuramente più' fragile, ed infatti si è rotto. Avendo una sola gamba per fare sport, entrare in mare e svolgere la vita quotidiana cerco di rimboccarmi le maniche e ripararla come posso con resina, scotch ed altri rimedi che mi sono venuti in mente nel tempo. Queste situazioni, oltre ad essere spiacevoli, sono molto spesso incoerenti e soprattutto demoralizzanti. Ti fanno venire la voglia di mollare ed abbandonare tutto. Ma io non mollo, non tanto per me quanto per le generazioni future. Per tutti i ragazzi con la mia stessa passione ed i miei stessi problemi. Cercherò di dare il mio contributo ed aprire una strada che permetta loro di esprimersi al massimo senza vivere le mie difficoltà».

OBIETTIVI FUTURI – Guardando al futuro Fabrizio non si ferma, anzi raddoppia! Nella sua testa, infatti, sono ancora molte le sfide da vincere: «Voglio continuare ad allenarmi con il team California Sports per arrivare ai prossimi mondiali ISA in forma e vincerli. Nel frattempo sto portando avanti il sogno di aprire una scuola di Adaptive Surf per trasmettere la mia voglia di tornare a vivere e a surfare anche ad altri ragazzi che hanno avuto la mia stessa sfortuna.Infine, ma non per importanza, partirò tra un mese circa per Bali per andare a girare il primo video professionale mai realizzato da un atleta di Adaptive Surf».


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