Atletica - Schwazer: Avrei voluto chiudere a Rio

Il marciatore escluso dall'Olimpiade per un caso di doping con troppe anomalie. "Sono innocente, ma non ne posso più di vivere in questo modo. Se il tribunale mi darà ragione tra un anno, non me ne frega nulla" L'ostilità di tutto l'ambiente dell'atletica
Atletica - Schwazer: Avrei voluto chiudere a Rio
Leandro De Sanctis
9 min
Un cielo nero come la sostanza di quello che sembra avere tutte le caratteristiche di un artefatto caso di doping, rovescia acqua su Vipiteno, sui sentieri dove Alex Schwazer si allena quando è a casa. E’ qui che ha convocato l’ennesima conferenza stampa, insieme con il suo avvocato Gerhard Brandstaetter e con il suo allenatore Alessandro Donati, tutti stretti in un angolino sempre più piccolo dopo che tutte le porte a cui hanno bussato per avere giustizia, sono rimaste rigorosamente chiuse. Ora resta il Tribunale Arbitrale di Losanna, dopo aver sborsato 25.000 euro per il ricorso. Senza certezze, senza poter fugare sospetti odiosi ma inevitabilmente da considerare. I protagonisti di questa vicenda, destinata a minare nelle fondamenta la credibilità dell’intero mondo sportivo e la sicurezza degli atleti puliti, vivono da settimane sotto stress. Alex confessa il suo nervosismo, Donati rischia di essere sopraffatto dall’emozione e dalla commozione quando racconta del suo talentuoso allievo. Lampi di umanità calpestati da quella che sembra una colossale e irrimediabile ingiustizia.
 
L’AVVOCATO. «Non troviamo un giudice che ci ascolti - dice l’avvocato Brandstaetter - Metterci nelle condizioni di doverci difendere in pochi giorni è un piano che qualcuno dovrà spiegarci. Perchè la positività non è emersa quando il laboratorio aveva finito il suo lavoro? Ci siamo rivolti alla Procura di Bolzano e a quella di Roma, indagano i Ros. Falso? Frode sportiva? Non so cosa verrà individuato.La normativa è molto lacunosa, c’è poco raccordo nei passaggi dal codice Wada, Iaaf, Tas di Losanna, Nado. Ci vorrebbe prima o poi testo unico. Noi marciamo con una normativa che non è sincronizzata. Speriamo che il Tas confermi la sua competenza, devono avere coraggio di fare provvedimento cautelare. Si sta ingannando l’etica sportiva. Oggi che anche grazie a Donati tentiamo di ridare pulizia allo sport. Alex è innocente. C’è anche la perizia del professor De Boer, a cui ci siamo rivolti, che definisce il suo profilo estraneo al doping».
Poi ripercorre le anomalie: «Il test deve essere anonimo: invece la provetta è arrivata con la scritta Racines, dove c’è solo lui. Manca l’autentica della ricezione. L’1 gennaio è stato fatto il prelievo e la prova è stata negativa per tutti. Eppure pochi giorni prima che la provetta andasse distrutta, proprio in zona Cesarini, o forse anche dopo, chissà, perchè non ci è stata fornita la documentazione, arriva la richiesta di riconsiderare i dati. Ma a chi verrebbe in mente di riaprirla dopo tre mesi e di fronte a una prova negativa? Evidentemente qualcuno sapeva cosa c’era in quella provetta. Quell’urina ha viaggiato 22 ore, troppo. E in quel lasso di tempo, nonostante le soste, pare non sia stata congelata. Non dovrei dirlo ma quando abbiamo chiesto perchè non sia stato anticipato il secondo test ci è stato risposto: Non siamo noi... E quando abbiamo chiesto quanto durassero le controanalisi: «Chiedete alla Iaaf». Noi abbiamo fatto richiesta anche del test del Dna, ma la Iaaf non lo prevede e probabilmente non ci verrà concessa la prova esterna che ci porterebbe un passo avanti per dimostrare che la provetta è stata manipolata o che qualcosa è stato messo nella borraccia lasciata incautamente nell’auto chiusa da Alex, mentre si allenava. Un’imprudenza visto che gli hanno aperto tre volte la macchina, non serve un criminale per farlo»
 SCHWAZER. Tante volte Alex Schwazer ha rivisto nella sua mente quelle ultime due giornale del 2015, prima della notte di Capodanno, conclusasi all’alba con il controllo a sorpresa dei due ispettori, reduci da soggiorno a Innsbruck e consapevoli che l’1 gennaio il laboratorio di Colonia era chiuso e che la provetta sarebbe stata consegnata dopo un altro giorno. 
«Un atleta ha mille obblighi ma chi lo controlla ne ha pochi - denuncia Alex - Io feci l’urina in due tempi: al primo tentativo non sono riuscito a fare 1100 millilitri. Se io devo fare in due volte, il bicchiere lo devo versare in un contenitore intermedio di plastica con tappo di plastica morbido. Chiuso con un nastro largo un centimetro. Devo scegliere un altro bicchiere, andare in bagno con uno dei due controllori, ma la parte della prima urina resta là e in un millimetro ce la faccio ad aprirla. E quel controllore è solo. Loro in due e io sono solo. Io lì non mi posso difendere. Come quando dopo tanti controlli ti dicono che sei positivo, perchè il tuo foglio con i riferimenti non ce l’hai più. E quel giorno io ero l’unico controllato, qualsiasi provetta preparata l’avrei potuta usare solo io. Da marzo non ho più fatto controllo urine, Colonia li ha stupiti, non ha ritenuto necessario approfondire». 
Rio o non Rio, Schwazer confessa per la prima volta l’addio: «Una follia e un controsenso pensare che mi sono dopato il 30 o il 31 per recuperare meglio e poi mai più... Vorrei andare a Rio e vincere pulito. Non avevo bisogno del doping. Per me si chiuderebbe lì. Non posso stare a disposizione 24 ore al giorno. Per la mia famiglia, per la mia ragazza, per gli amici. Se non vado a Rio? Si chiudera prima. Gli elementi per dimostrare l’innocenza ci sono, ma dovrebbero sentirci in tre giorni...Il nesso con i russi? Il filo c’è, alla fine qualcuno dei russi ci andrà all’Olimpiade e io no...»
 
DONATI. Stamane alle 8.30 Donati è stato ascoltato a Roma dalla Commissione antimafia. Insomma, un caso che va ben oltre i confini dello sport. 
«Alex si è messo in gioco con un coraggio che vorrei vedere quanti noi adulti avremmo avuto - dice Donati con la voce incrinata dalla commozione e gli occhi umidi - Io l’ho valorizzato questo ragazzo. La conosco l’atletica, so come valorizzare il talento di un atleta. Dopo tre mesi ho detto a molti amici: questo è un superasso, sarà facile portarlo ad emergere senza doping, non c’è russo che tenga. Alex non lo ammetterà ma nella 20 km a La Coruna ha preferito arrivare secondo, sennò avrebbe vinto anche li. Abbiamo fatto un allenamento di 3 ore, teneva una velocità che solo due o tre atleti possono avere nella 50km»
Si riparla delle mail minacciose e ricattatorie («Le sottoposi al responsabile europeo della Wada»), della manovre volte a screditare Alex e il suo lavoro, delle segnalazione giunte alla Iaaf dall’Italia su allenamenti denunciati come gare: «C’era solo la volontà di spazzare via questo atleta e il nostro lavoro. Non sono uno che parla a vanvera, altrimenti in 30 anni mi avrebbero impallinato. Sono in grado di dimostrare tutto. Ragionamento che indirizzo a tutte le istituzioni sportive, diverse dalla Iaaf e a quelle componenti della Iaaf che nulla hanno avuto a che fare con la corruzione estrema che ha attraversato. In  particolare al presidente Sebastian Coe. Abbiamo cercato di portare avanti una speranza, continuando ad allenarci da persone innocenti. Ho passato una vita a subire imboscate».

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