Sport in Famiglia, parola di Bertolacci: «Lo sport è sacrificio non professione»

É iniziata a Roma la sesta edizione della manifestazione di cui è responsabile l'ex campione di Offshore e padre del centrocampista del Milan
Sport in Famiglia, parola di Bertolacci: «Lo sport è sacrificio non professione»
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ROMA - Sport in Famiglia arriva alla sesta edizione, un traguardo che rende la manifestazione che si svolgerà presso il laghetto dell'Eur in questi giorni già affermata, ma per Fabio Bertolacci, padre del centrocampista del Milan, che ne è il responsabile è un'emozione che si rinnova ogni anno. In un'intervista rilasciata al Corrieredellosport.it l'ex campione di Offshore ha presentato con entusiasmo quest'ultima edizione. "Per me è sempre entusiasmante, come se fosse la prima volta. Sono tantissime le novità tra le discipline (in molte new entry), ma la cosa bella è che le Federazioni sono sempre più impegnate perché si sono avvicinate con diffidenza all'inizio e oggi sono talmente tante le associazioni, nucleo pulsante delle Federazioni, che vogliono aderire da rendere più difficoltosa la gestione delle aree che vengono assegnate". E per un uomo che ha dedicato l'intera vita allo sport è una bella soddisfazione. "La soddisfazione più grande, però, me la sta dando un nuovo progetto che ha a che fare con lo sport e che si chiama alternanza scuola-lavoro. Abbiamo coinvolto oltre 100 alunni di diverse scuole di Roma e provincia e sono diventati parte integranti della manifestazione in quanto sono in grado di gestire le determinate aree, coordinano le attività, lavorano a stretto contatto con le federazioni, ci sono i loro istruttori..." ha aggiunto. Ospiti d'eccezione saranno gli alunni degli istituti scolastici di Amatrice che, Bertolacci ci tiene a precisare, sono venuti al di fuori del contesto scolastico (avevano terminato gli orari di uscita concessi) perché a conoscenza della manifestazione.

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UNA VITA DA SPORTIVO - Figlio di Angelo Bertolacci, campione di ciclismo, padre di Andrea, centrocampista del Milan, e lui stesso sportivo, campione di Offshore, Fabio ha vissuto in una famiglia che ha fatto dello sport un pilastro portante. E per quanto riguarda l'importanza che questo ha per il sociale afferma: "Per quanto riguarda il sociale penso che lo sport sia determinante. Vengo da una famiglia che ci ha fatto crescere in periferia e quindi a volte in ambienti non sempre sanissimi. Lo sport devo dire che mi ha educato e ha rappresentato uno stile di vita; mi ha permesso di poter vivere delle realtà, ma soprattutto mi ha insegnato il senso del sacrificio, il suo  valore per l'ottenimento di risultati sia in ambiti sociali che lavorativi e culturali".

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PROFESSIONE SPORTIVO - Una carriera calcistica o, più in generale sportiva, è il sogno di molti bambini. A volte perché entusiasma la fama, altre volte per emulazione, spesso, fortunatamente, per passione. Ma se Fabio Bertolacci deve esprimersi al riguardo la sua opinione è chiara: "Allo sport non ci si avvicina per professione e soprattutto non si devono far avvicinare i figli con quella aspirazione perché altrimenti si corre il rischio di deluderli: per uno che ne arriva 100mila perdono". Lui uno sportivo l'ha cresciuto e racconta: "Ho avuto un figlio che fin da piccolo ha dovuto conciliare gli impegni sportivi con quelli scolastici e mai abbiamo pensato che un giorno potesse fare il giocatore professionista. E quando a sedici anni già stava in prima squadra con la Roma noi abbiamo continuato a dire che è meglio avere un ignorante in meno che uno sportivo in più. Cioè: se tu arrivi bene, ma se arrivi con un po' di cultura è meglio. Non gli abbiamo mai permesso di pensare che i successi sportivi potessero mettere in secondo piano quelli scolastici. Quindi, in sostanza, può essere una aspirazione che lo sport diventi una professione ma si deve principalmente crescere con sani principi che sono anche quelli relativi all'aspetto scolastico". Lo sport è un mezzo. É un mezzo per conoscere, per educare, per imparare, "lo sport ti insegna lo spirito di sacrificio, non ti insegna a vincere per forza. Ti insegna, perché devi impararlo per forza, a saper gestire i momenti di successo come quelli di insuccesso. Cosa che poi ti torna utile nella vita. E, senza mancare di rispetto agli altri, gli uomini che fanno sport hanno una morale diversa rispetto a chi lo pratica. Non che gli altri non abbiano morale, ma hanno una morale diversa, una morale che ti insegna a superare l'ostacolo, una morale che ti costringe ogni giorno a sacrifici se vuoi arrivare ad alzare l'asticella. Nessuno ti dice o ti impone di alzarla, ma se vuoi farlo devi essere tu a metterti all'opera, non può farlo nessun altro e questo ti servirà nella vita". Per quanto riguarda la differenza tra sport di gruppo e sport individuale: "Quello individuale non ti costringe a creare gruppo per essere vincente. Quello di squadra necessita di integrazione" conclude.


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