Atletica al cinema - Stephan James nelle scarpe di Owens

L'attore che interpreta Jesse Owens in "Race" racconta il mito: "La sua storia non va dimenticata. Mi sono allenato tanto per rappresentarlo al meglio". Il razzismo degli americani, gli intrighi della politica sportiva. Il film in sala dal 31 marzo
Atletica al cinema - Stephan James nelle scarpe di Owens
di Leandro De Sanctis
4 min
C’è già molto nel titolo, “Race”, corsa ma anche razza. Esce sugli schermi italiani, il 31 marzo, il film sul mito Jesse Owens, il ragazzo nero dell’Alabama che ai Giochi olimpici nazisti di Berlino 1936 conquistò quattro medaglie d’oro (100, 200, lungo e 4x100) scrivendo una pagina indimenticabile della storia dello sport. Ma il film del regista australiano Stephen Hopkins, pur focalizzato sui tre anni decisivi della sua carriera di atleta, cerca di dire altro, squarciando soprattutto il velo dell’ipocrisia sul razzismo più odioso, quello degli Stati Uniti di quei tempi, e celato dalle inesattezze della sintesi storica che s’inventò la leggenda di comodo, Hitler che rifiutò di stringere la mano al campione nero. In realtà Jesse (ma il suo nome era JC, la maestra non capiva bene la sua pronuncia e divenne così Jesse) fu snobbato ed evitato dal presidente Franklin Delano Roosevelt, che era in campagna elettorale e che annullò l’invito alla Casa Bianca per non alienarsi i voti del sud razzista.
«Owens è ancora fonte di ispirazione per molti, mettermi nelle sue scarpe è stata un’esperienza che cambia la vita - dice l’attore che lo ha interpretato, il canadese Stephan James - La sua storia non va dimenticata, c’è bisogno di raccontare persone come lui. Doveva ogni giorno controllare le sue razioni in un’America che solo 20 anni prima aveva abolito la schiavitù, c’era molto razzismo, come si vede anche nel film - E in fondo non dico che oggi è come allora, ma quasi. Ma non è possibile tornare indietro, anche per tutto quello che persone come Owens hanno fatto. Non conta il colore della pelle ma quello che sai fare»
John Boyega era stata la prima scelta, quando preferì Star Wars, si è puntato su Stephan James, che non aveva mai praticato atletica: «Lo sport per me era stato basket e volley soprattutto. Mi sono allenato duramente per imparare a correre con lo stile di Jesse Owens, cercando di trasmettere anche le sue emozioni, il suo modo di parlare (cosa che in Italia, dove il film uscirà purtroppo doppiato, non si potrà apprezzare, ndr). E non era facile imparare a memoria le battute dopo essersi allenati per tante ore. Sono stato attento ai dettagli, alle sfumature».
Stephan ringrazia il regista Hopkins per averlo aiutato sul set: «Mi ha fatto sentire libero, mi ha dato fiducia e lo spazio di cui avevo bisogno. C’erano gli effetti speciali naturalmente, ho dovuto immaginarmi lo stadio con i 100.000 nazisti, il dirigibile Hindenburg sulla mia testa». Più difficile correre o saltare? «Il salto in lungo è stato la cosa più difficile per me».
Ottima la prova d’attore di Jason Sudeikis (conosciuto in Italia per alcune commediole di scarso spessore), che interpreta Larry Snyder, l’allenatore accolse, svezò e seguì Owens alla Ohio University. Il film si prende qualche licenza, omette, inventa, scivola su qualche buccia di banana per far fluire la narrazione e affida a due grandi attori come Jeremy Irons (Avery Brundage) e William Hurt (Jeremiah Mahoney) i ruoli per rappresentare la lotta all’interno del Comitato Olimpico statunitense (boicottare o no l’Olimpiade nazista?). Sul fronte tedesco, il repellente Goebbels, la regista Leni Riefennstahl e il rivale cavalleresco Long contribuiscono a chiudere il cerchio di una pagina di storia e sport da tramandare.

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