Ciclismo, Nibali dice addio: “Ho dato tutto, ora spazio ai giovani”

Vincenzo sarà dirigente alla Swiss Pro Team: "Grazie al pubblico che mi ha sempre dimostrato affetto"
Ciclismo, Nibali dice addio: “Ho dato tutto, ora spazio ai giovani”© LAPRESSE
Giorgio Coluccia
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Si è staccato dal dorsale il numero 31, lo stesso che aveva addosso quando vinse il Lombardia nel 2015 e nel 2017, per poi lasciarsi andare al calore della sua gente. Applausi, abbracci intensi, gli occhi lucidi per la commozione. Dall’anno prossimo, dopo 18 stagioni da professionista Vincenzo Nibali non sarà più in gruppo. Lo aveva già annunciato al Giro d’Italia cinque mesi fa, nella sua Messina, ma poi quando il momento arriva per davvero non si è mai pronti.

Epoca

Si è chiusa un’epoca iniziata nel 2005, con Giancarlo Ferretti alla Fassa Bortolo che lo portò in tutta fretta tra i grandi dopo averlo visto vincere 12 corse in un anno da u. 23. I 253 km dell’ultimo monumento stagionale hanno fatto calare il sipario, lasciando in bella mostra una bacheca con due Giri, un Tour, una Vuelta, due Lombardia, una Sanremo, due Tirreno-Adriatico, due titoli nazionali e in totale 54 vittorie.
Una giornata emozionante, che ieri l’ha visto al traguardo in 24ª posizione, a 2’17’’ dal vincitore Pogacar, ma come protagonista assoluto sulle strade tra striscioni, incitamenti, scritte sull’asfalto, squali gonfiabili alzati al cielo. «Ho avuto modo di metabolizzare e scaricare le emozioni durante l’anno - ha raccontato -. Poi arriva il momento conclusivo e non puoi mai essere pronto per davvero. Mi sono goduto corsa e pubblico, volevo ringraziarlo per l’affetto che mi hanno sempre dimostrato. Le gambe sono arrivate dove potevano, il Civiglio lo conosco, è una salita tremenda e se non sei al top la paghi. Ero al top qualche anno fa, adesso è il momento di lasciare la scena ai più giovani. E quelli che ci sono adesso, sono fortissimi. Guardate Pogacar cosa ha fatto per due anni di fila in questa corsa».

Dirigente

La bici finirà appesa al chiodo, ma lo Squalo resterà nel ciclismo, visto che entrerà a far parte nei piani dirigenziali del nuovo Swiss Pro Team, pronto a nascere su iniziativa di Doug Ryder. Ha già detto che non farà il direttore sportivo, probabilmente troverà la sua nuova strada solo con il tempo. Rispetto a quanto successo nella sua Messina, il 37enne siciliano è riuscito a trattenere le lacrime, mascherando le emozioni sia sul palco sia nel momento in cui il gruppo l’ha omaggiato (assieme a Valverde, anche lui al passo d’addio) con la standing ovation prima del via.

Portandosi dietro l’unico rammarico di non aver vinto una medaglia con la Nazionale, nell’album dei ricordi in cima a tutto c’è la vittoria della Grande Boucle nel 2014: «Il Tour è l’evento per eccezione, ti lascia qualcosa di speciale per sempre. Però anche le mie due vittorie al Giro d'Italia sono speciali, a casa ogni tanto mi fermo a guardare i trofei e mi vengono i brividi tutte le volte. Mio padre era un tifoso di Moser, guardavamo assieme le videocassette delle sue gare, anche se poi sono cresciuto ammirando le vittorie di Bugno e Chiappucci. Tra i professionisti ho imparato tanto da Ivan Basso, ma chi mi ha fatto soffrire di più è stato lo spagnolo Alberto Contador. Al ciclismo ho dato tutto, da ragazzo ho lasciato la mia terra per arrivare fino a questo punto. In gara ci ho ripensato a lungo, ho provato a godermi ogni singolo chilometro».

A Como dalla Sicilia sono arrivati i genitori, da Lugano sono arrivate la moglie Rachele e la piccola Emma Vittoria per riportarlo a casa e mettere fine a una storia iniziata 17 anni fa con la prima gara disputata in occasione del Trofeo Laigueglia in Liguria. «Domani (oggi; ndr) di sicuro non salirò in bici, mi godrò la domenica in famiglia, ma non mi sento già un ex corridore. Presto salirò in bici, non ho intenzione di scendere perché questo mondo continuerà a essere parte della mia vita». Per il momento al ciclismo italiano, resta solo un vuoto incolmabile. Con il forte sospetto che un campione così potrebbe non nascere più.


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