Sofia Raffaeli esclusiva: “Sì, sono una baby d’altri tempi”

«Amo leggere e la musica classica, rifuggo i social. A volte penso: non si stava meglio senza telefonino? Gareggio per emozionare»
Sofia Raffaeli esclusiva: “Sì, sono una baby d’altri tempi”© Getty Images
Giorgio Burreddu
6 min

Guarda serie tv, non sa cucinare, la sua casa è il mondo. Sofia Raffaeli è una perfetta regaz della GenZ. Però d’altri tempi. «Alle volte mi sento un po’ strana. Ormai c’è un’uniformità... Sono tutte uguali, fanno tutte le stesse cose. Mi faccio domande tipo: “Ma non si stava meglio senza telefonino?”. Vorrei tornare indietro nel tempo». Niente social (o quasi) («Ma perché devo far vedere tutto? E poi io voglio godermi il momento nel presente»); legge Manzoni, Proust, Tolstoj. All’ultima competizione internazionale si è portata il mattone dei mattoni: “Il dottor Živago”, 700 pagine di bellezza e dolore. «È mamma la mia spacciatrice di libri». Colpa nostra se ci stupiamo di questo desiderio di conoscenza. Il mondo di Sofia, 19 anni, non è poi tanto strano. È quel suo talento per la ginnastica ad amplificare tutto. Destino? Facilità? Lei ride, dice no no no, «mica sono nata così, dietro c’è tantissimo lavoro. Quello che ci rende più forti è la passione, la voglia di non mollare mai. Niente sacrifici, solo scelte». Ha appena conquistato la Coppa del Mondo di ritmica a Milano, prima italiana a riuscirci. Ha strappato il pass olimpico. E’ una copertina-girl. E ora Parigi è il grande sogno che si avvera.

Sofia, come ci si sente a essere la migliore italiana del suo sport?
«Tutti si aspettano molto da me. Io cerco di non farmi influenzare. Faccio sport perché è la mia passione. Vado in gara per vincere, ma non per gli altri: lo faccio per me».

Le pesano le aspettative?
«A volte sì. Da una parte ho una grande responsabilità perché rappresento l’Italia. Dall’altra se non si vince l’importante è aver dato il massimo».

Come a Parigi 2024?
«Le Olimpiadi per me sono un sogno. Fin da piccola ho sempre guardato, sognato i Giochi. Ho il pass e ogni gara da qui a Parigi sarà in funzione dell’Olimpiade».

Come se la immagina?
«Sarà qualcosa di unico e indimenticabile. Mi emoziona parlarne perché non pensavo di arrivare così in alto. Le Olimpiadi che ricordo sono quelle del 2016. C’era una gara con due russe. Tifavo per una, vinse l’altra. Fece un errore. E’ stato un momento formativo. In quel momento ho capito che puoi essere la più brava, ma puoi anche sbagliare».

Atleti russi e bielorussi: li preferisce in gara o no?
«E’ sport, sarei contenta se tornassero. Lo sport riunisce il mondo, unisce in segno di pace. Con loro in gara sarà ancora più tosta. Ma è bello così».

Davvero non si immaginava così qualche anno fa?
«No, assolutamente no. Quando si è piccoli si può vincere e si può perdere. Cambia tutto da senior. Ci sono ragazze che arrivano e poi si smarriscono. Per restare a certi livelli ci vuole di più».

A cosa pensa prima di una gara?
«Mi ripeto: “Sofia, sai fare tutto, vai”. Devo fare quello che faccio in palestra, ma anche emozionare la gente. E’ meraviglioso quando esco e mi dicono: “Grazie, mi hai emozionato”. Il nostro sport è anche questo. Per me conta».

Dunque è una sentimentale, non una dura.
«In realtà sono fredda, ma quando entro in pedana cambio totalmente. Mi immedesimo perfettamente, sento la musica, come un tutt’uno. Sono migliorata nell’espressività, nel coinvolgimento. Ma questa cosa l’avevo nel sangue da piccola. L’ho accresciuta nel tempo».

C’è anche fragilità in quello che fa?
«No, il contrario. Io cerco di tirare fuori la grinta, di mostrare energia. E’ tutto l’opposto».

Cosa ricorda della musica?
«A casa mamma e papà mettevano i cd. “A mano a mano” di Rino Gaetano, o canzoni come quella. Tutte quelle del loro secolo, diciamo (ride; ndr). Io mi mettevo sul pavimento con gli attrezzi».

Ne ha uno preferito?
«No, mi piacciono tutti. Perché la diversità li rende divertenti».

La musica le serve anche per studiare psicologia?
«Sì, ascolto la classica. Ho una playlist, niente compositori preferiti. Prima di una gara ascolto anche musica contemporanea. Non posso mica stare fuori dal mondo. Però non mi fanno impazzire. Le canzoni di prima erano diverse».

Come va l’università?
«Dopo il Mondiale (Valencia, 23-27 agosto; ndr) voglio dare Discipline Antropologiche. Volevo fare matematica o fisica, ma on-line queste facoltà non c’erano. Psicologia è utile anche per avvicinarmi allo sport».

E di sé cosa ha capito?
«In questo periodo c’è un po’ di nebbia. Vedo solo obiettivi a breve termine. Sono una persona che pretende tanto, una perfezionista. Nello sport, nello studio. Anche a casa. Ho preso da mamma. Bisogna imparare a cavarsela perché quando cresci non c’è nessuno».

Che rapporto ha con i suoi?
«Stupendo. Mi stanno vicino, mi supportano. Ma sono libera. Mi danno dritte, ma sono - come dire? - umili, mi lasciano spazio. E’ molto bello».

Il suo sport è sotto i riflettori per lo scandalo dei maltrattamenti.
«Mi dispiace per chi ha sofferto, per chi ha denunciato. La forma fisica serve in qualsiasi sport. E anche tu devi essere responsabile ad alto livello. Personalmente non ho mai avuto questi problemi».

C’è qualcosa che le fa paura?
«Nello sport no: senza paura. Mi spaventa non sapere cosa farò da grande. Chi me lo dice? In questo non sono ancora in grado di capirmi al 100%». 


© RIPRODUZIONE RISERVATA