Rachele Bruni e le accuse false degli hacker

I legali della vice campionessa olimpica fanno chiarezza dopo le inesatte rivelazioni apparse sul sito di hacker russi 'Fancy Bears'
Rachele Bruni e le accuse false degli hacker© LaPresse
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ROMA - Anche gli hacker sbagliano. Il mese scorso erano stati resi noti dei documenti dal sito di hacker russi 'Fancy Bears' sulla posizione di alcuni alteti italiani medagliati. Nel caso di Rachele Bruni le insinuazioni si sono rivelate assolutamente infondate, così come precisano i legali della nuotatrice: «il formoterolo non è una sostanza sic et simpliciter vietata, bensì una sostanza il cui utilizzo terapeutico da sempre è stato concesso in caso di necessità soggettive previa autorizzazione TUE ma che la stessa sostanza, come deciso dalla Commissione Wada a settembre  del 2011 con effetto dal 1 gennaio 2012 è stata definitivamente esclusa dalle sostanze proibite, entro determinati limiti di dosaggio (quelli concessi per un limitato periodo alla Bruni).  E’ quindi doverosa una precisazione, trattandosi di una atleta olimpica (Rio 2016) qualificatasi nel 2015. A tali determinanti precisazioni va altresì aggiunto che l'atleta, benché usufruisse di regolare autorizzazione per l’utilizzo a scopo terapeutico del formoterolo come da certificato  rilasciato dalla Fina e comunicato alla Wada per il quadriennio a partire dal 20-9-2010 (ma utilizzato dalla Bruni solo fino al settembre 2012), nonostante l’esclusione della sostanza dalla lista di quelle considerate dopanti dal gennaio 2012, è stata comunque, nel medesimo periodo, sottoposta a svariati controlli antidoping da parte sia dell’organismo internazionale che di quello nazionale, tutti con esito negativo (sia prima che dopo l'esclusione del formoterolo dalla lista delle sostanze dopanti)».


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