Gustavo Spector: "Missione eccellenza con la mia scuola"

Così l'ex ct azzurro: "Pretendo tanto dai giocatori e a volta sono duro e un po’ ossessivo nel lavoro, ma preferisco essere chiaro e risolvere i problemi, invece di fare chiacchiere"
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Gustavo Spector, argentino, nato il 1° agosto 1969, ex ct per tanti anni della nostra Nazionale, è uno dei maestri e coach più amati in Italia. Lo abbiamo incontrato reduce dall’ennesimo successo a Padel Trend Expo, dove con le clinic della sua Spector Padel House, network nazionale di scuole da padel, ha riempito le tribune dell’Allianz MiCo, entusiasmando il pubblico presente.

Perché diventare un coach?
«Per me insegnare è stata sempre una cosa stimolante già da quando ero in Argentina. Diciamo che fare il coach è leggermente diverso; il maestro è colui che insegna il gioco, i colpi, la tattica, mentre il coach è quello che accompagna in campo i giocatori, li allena e programma la strategia con loro. Come ct della Nazionale l’ho fatto per sette anni coniugando entrambi i ruoli, quale responsabile anche della formazione dei maestri».

Come mantenere l’equilibrio all’interno del team?
«Gli obiettivi devono essere sempre chiari e condivisi tra tutti noi».

Cosa pensa dei continui cambi di partner?
«Penso che per lo spettacolo sia molto stimolante, ogni stagione è sempre ricca di sorprese, non c’è nulla di scontato. Ogni volta che si cambia compagno lo si vive come una nuova “fidanzata”».

Il padel sta diventando sempre più un gioco di potenza?
«Credo sia normale, lo vediamo in quasi tutti gli sport, i professionisti sono fisicamente molto preparati e le racchette attuali aiutano ad avere un ottimo controllo anche giocando a velocità più sostenute».

Ritiene importante la figura del mental coach?
«Certo, ma dipende dalle possibilità economiche di ognuno».

Il ricordo più bello della sua carriera? E il peggiore?
«Di belli ce ne sono tanti; potrei citare il primo posto a Roma al campionato europeo nel 2019 e poi il quinto in Qatar nel 2021 che è stato il migliore risultato della Nazionale italiana maschile a un Mondiale. Il peggiore, quando da giocatore, all’inizio della mia carriera, ho avuto un brutto incidente in macchina che mi ha tenuto fuori dei campi per 9 mesi, dopo 2 interventi».

Il miglior torneo a cui ha partecipato in termini di ospitalità?
«Il Mondiale a Doha dove siamo stati “coccolati” sotto ogni aspetto e poi in un campionato sudamericano che si giocava in un Club Med su un’isola in Brasile di fronte a Bahia, è stato fantastico anche a livello di ospitalità con uno scenario impagabile».

Un aspetto del suo carattere?
«Pretendo tanto dai giocatori e a volta sono duro e un po’ ossessivo nel lavoro, ma preferisco essere chiaro e risolvere i problemi, invece di fare chiacchiere».

Ha un sogno?
«Con la crescita della SPH si sta avverando. La missione del network Spector Padel House è accompagnare, tramite il mio metodo, i padelisti di tutti livelli e di tutte le età nel percorso di crescita sempre alla ricerca dell’eccellenza».


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