L'Italia del rugby ha due lupi in difesa

Alle radici dello storico trionfo sui mitici Springboks: fiducia, condizione, idee e due famelici battitori liberi. Ma adesso bisogna battere anche Tonga
L'Italia del rugby ha due lupi in difesa© AP
di Francesco Volpe
4 min

INVIATO A FIRENZE
Il mondo si stropiccia gli occhi, il tesoriere della FIR fa di conto (c’è un premio-partita da onorare: si parla di 10.000 euro) e gli ex c.t. spediscono messaggi. Il francese Jacques Brunel ha scelto un sms per complimentarsi con chi è rimasto della “sua” Nazionale: «Bravi, oggi sono molto felice». Nick Mallett, da buon sudafricano, è decisamente meno soddisfatto: «Non mi sarei mai aspettato di vedere l’Italia battere gli Springboks». Secondo l’ex terza linea del Rovigo, l’attuale Sudafrica «è una squadra che non ha fiducia». Proprio quella che non difetta più ai ragazzi di Conor O’Shea, l’uomo che sembra ripercorrere le orme di Georges Coste, il coach che ci portò nel Sei Nazioni.
    Come il francese, la sua opera di ricostruzione è ripartita dalle basi (la difesa), ma prima ha dovuto lavorare su testa e fisico dei giocatori. Come il francese ha piazzato subito un colpo clamoroso - all’epoca (1993) fu la prima vittoria di sempre sui rincalzi francesi, ne è passato di tempo... - che gli consentirà di lavorare in serenità». «Nello spogliatoio, a fine partita, il coach è stato chiaro: “Si parte da qui”» racconta “Ugo” Gori, che ieri ha festeggiato a lampredotto e ha fatto da cicerone ai compagni per le vie di Firenze. Già, si riparte da testa, condizione e difesa, in attesa di aggiungere altri mattoncini.

TESTA E FISICO - Appena arrivato O’Shea ha denunciato la negatività dell’ambiente e la scarsa preparazione atletica degli azzurri. Ci ha lavorato su. Anche con trovate originali, come i pannelli nello spogliatoio con l’acrostico FIERO, che sta per fitness, intensità, energia, reazione, obiettivo. Ciò che chiede ai suoi ragazzi. Di pari passo ha combattuto la paura di sbagliare. «Next job», prossimo esercizio: è il refrain che lo staff ripete in allenamento. Guardare a quello che si deve fare, non a ciò che si è fatto male. Per le analisi c’è il dopo. «Non si focalizzano troppo sugli errori e le critiche vengono sempre espresse ai singoli - spiega Giulio Bisegni, che a Firenze ha scambiato la maglia con il mito Habana - Ci dà tanta fiducia. Noi eravamo veramente coinvinti di poter battere gli Springboks».
    Anche sul tema fitness, l’irlandese era stato chiaro: «Gli altri sanno che con l’Italia basta tenere un’ora e poi si vince per il calo azzurro. Non deve più accadere». Giocatori fuori forma scartati, allenamenti ad alta intensità, piani di lavoro individuali (come per Panico, che gioca in Eccellenza, o per Ruzza) e la Nazionale ha sconfitto il Sudafrica nella ripresa, chiudendo all’attacco.

DIFESA E IDEE - L’altro cambio di passo è arrivato in difesa. Brunel aveva sfruttato per due anni il lavoro di Mallett poi, perso quel know-how, la squadra aveva preso a imbarcare mete. L’arrivo del sudafricano Brendan Venter, uno scienziato in materia, ha cambiato tutto. Venter è capace di prendere tre giardinieri dell’Acquacetosa per spiegare uno schema (è accaduto). Crede in una difesa molto strutturata, che punta su raddoppi, salita veloce, recupero. E lascia liberi due... lupi. Sì, avete capito bene. Due azzurri a partita sono liberi di andare a caccia fuori dagli schemi. A Firenze erano Favaro (sorpresi?) e Minto. Venter li chiama “wolves”, lupi.
    Poi ci sono l’analisi video (Canna: «Dei Boks conoscevamo tutto, ma proprio tutto»), i piani di gioco (calciare sempre in campo per attirare i rivali nella rete) e le invenzioni. Come McLean primo centro, Padovani e Bisegni fuori ruolo (e un po’ si nota...), Van Schalkwyk seconda (maggior dinamismo), la staffetta dei baby piloni («Date tutto per 40’, poi toccherà ai compagni»).
    Adesso però la parola d’ordine è confermarsi: «Vincere con Tonga - dice De Carli, coach degli avanti - Vincere per dimostrare che le nostre idee sono giuste, dare fiducia alle franchigie e far passare il messaggio anche nei club». Da oggi il Sudafrica è due volte storia.


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