Rugby, l'Italia è morta? No. Ecco come può rinascere con il nuovo ct

Leggi il commento sulle prospettive degli azzurri dopo i Mondiali e l'arrivo di Quesada al posto di Crowley
Francesco Volpe
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Chiudete gli occhi e per un istante immaginate l’Italbasket del Poz che in un Mondiale affronta i Denver Nuggets o i Miami Heat, le prime due franchigie dell’ultima NBA. Come finirebbe? Male. Esattamente quello che è accaduto alla nostra Nazionale di rugby contro All Blacks (17-96) e Francia (7-60) all’ultima Coppa del Mondo. L’Italia ovale è morta? No, è solo distante, molto distante, dall’empireo di questo sport. Un treno lanciato a folle velocità e trainato da quattro locomotive (Sudafrica, Irlanda, Nuova Zelanda e Francia , in ordine di ranking mondiale) che stanno lasciando dietro, molto indietro, tutti i vagoni. «Uno sport in cui la quarta al mondo (all’epoca gli All Blacks) dà quasi 100 punti all’undicesima (l’Italia) non è uno sport in salute» ha chiosato un commentatore australiano dopo la Caporetto azzurra. Vogliamo ricordare che al 24’ st di Irlanda-Scozia, allora la prima contro la quinta, il punteggio era di 36-0? No, il rugby non è uno sport in salute, ad onta dei proclami trionfali di chi lo governa (male).

Italia, qual è il compito affidato a Quesada

Ma quel che ci interessa, qui, è lo stato di salute dell’Italia. Che non è assolutamente ritratto da quelle due debacle contro squadroni da... NBA. «Quello è il livello cui dobbiamo ambire» sottolinea il vicepresidente federale Giorgio Morelli. Il livello attuale dice che negli ultimi due anni la Nazionale guidata da Kieran Crowley, non il miglior stratega su piazza, ha vinto tutte le partite che doveva vincere, tranne una (la Georgia a Batumi) e ha perso tutte quelle che poteva perdere, tranne due (Galles a Cardiff e Australia a Firenze). Tradotto: oggi un’Italia molto giovane, e con altri talenti in fiore, si è stabilizzata ai margini della Top 10 mondiale, che fino a due anni fa sembrava la Luna. A Gonzalo Quesada, umile e pragmatico, il compito di farla crescere ancora. Lasciando stare i marziani.


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