Davide e Damiano Di Veroli: “Parigi arriviamo”

Ieri in redazione al Corriere dello Sport i fratelli Davide e Damiano Di Veroli, campioni del mondo di scherma con le Fiamme Oro. Una famiglia di sportivi, gli inizi, i sogni: ecco il nostro racconto di un amore grande.
Davide e Damiano Di Veroli: “Parigi arriviamo”© BARTOLETTI
F. Fanelli - F. M. Splendore
9 min

ROMA - Facciamo un gioco. Dite una disciplina sportiva. Nuoto? Pallanuoto? Praticati. Danza? Idem, classica e contemporanea. Calcio? Mai da tesserati, ma in parrocchia e per ore interminabili al campetto sotto casa: «Anche in due, quando non c’era nessuno». Scherma? Fatta. E da fare. Perché il cammino per certi versi è appena cominciato. Se il buongiorno resta sempre quello del proverbio, quello che si vede dal mattino, Davide e Damiano Di Veroli, a 22 e 20 anni, si sono messi alle spalle il 2023 che li ha visti laurearsi vincitori di Coppa del Mondo in due armi diverse: la spada assoluti e il fioretto Under 20. Roba da record per due fratelli romani che danzano sulla pedana, vincono e guardano Parigi. Con sfumature diverse, ma decisi ad andare insieme la prossima estate.

La scherma la definiscono testualmente «una folgorazione», la danza è un amore che resta («con quella voglia di tornare a ballare» dice Davide), gli sport acquatici sono un affare di famiglia (mamma Francesca ha giocato a pallanuoto in A, papà Angelo è stato campione di salvamento e detiene ancora il record di lancio del salvagente). Il calcio è diventato tifo: sono entrambi romanisti.

    Arrivano al Corriere dello Sport uno in macchina (Davide), l’altro in moto (Damiano) ma la passione per le due ruote è un’altra delle cose che condividono: da fruitori e da tifosi, di MotoGP e Formula 1. Damiano ha la valigia pronta: da oggi sarà a Parigi e da domani in pedana per la prima gara di Coppa del Mondo del 2024 di fioretto. Una sorta di assaggio, aspettando la Parigi di luglio - quella dei Giochi - lui che è al primo anno negli Assoluti ma che il ct Cerioni tiene in debita considerazione avendolo convocato per questa prima missione transalpina di Coppa. Se farà parte della spedizione azzurra d’estate ora appare davvero arduo, ma chi sogna non pone limiti e lui una certezza comunque ce l’ha: «A Parigi ci sarò. Da sparring, da riserva, perché da convocato sarebbe un sogno clamoroso. O comunque con Davide, da fratello, per sostenerlo».

Già perché Davide il pass olimpico lo ha già staccato con la spada. Per lui il primo impegno dell’anno sarà la gara di Coppa del Mondo a fine mese, a Doha. E l’orizzonte è pulito, nel senso che le idee sono chiarissime, De Coubertin capirà...: «Ai Giochi non si va solo per partecipare, bisogna provare a lasciare il segno».

   Occhi che parlano, sorrisi puliti come l’orizzonte degli obiettivi che si sono dati. Davide e Damiano Di Veroli hanno un’idea del campione: «Bisogna saper dare l’esempio. Si può vincere ed essere grandi uomini e grandi donne come persone. Si possono mettere al collo medaglie pesanti volando basso». E dunque sì lo sport ad alti livelli, ma sì anche all’idea di prepararsi alla vita: Davide studia alla Luiss, Damiano al Link Campus, entrambi Economia e Management.

Cominciamo dalla folgorazione: la scherma. Cosa l’ha scatenata?

Davide: «Bellissima domanda, ma non so quale sia la risposta esatta. Io non sapevo cosa fosse la scherma. Ne parlò un compagno fuori da scuola e chiesi a mamma di cosa si trattasse. Dopo qualche giorno eravano in una sala: io, Damiano e nostra sorella Aurora. Anche se lei poi ha fatto sincronizzato e in pedana è tornata per un po’ più da grande. Oggi allena in sala e arbitra gare regionali e interregionali. Oltre a studiare medicina. E tutti e tre venivamo dall’esperienza nella danza, oltre al nuoto che per i nostri genitori era irrinunciabile, vista la loro storia sportiva».

Damiano: «La danza ci ha aiutato tanto, è stata in qualche modo complementare, ha dato equilibrio, resistenza, fiato. E parliamo di due sport cosiddetti nobili. Ogni disciplina, se non contrasta per rischi congeniti con un’altra, può servire a integrarla e migliorarla».

Due armi diverse: è stata una scelta mirata?

Damiano: «Siamo partiti entrambi dal fioretto e oltre ad allenarci insieme, cosa che avviene tuttora, ci siamo anche sfidati in qualche circostanza: è successo anche con la spada. Ricordo una gara a squadre a Grenoble e una finale a Ravenna in cui dopo i primi tre minuti tra fratelli - non è facile quando c’è qualcosa in palio - l’arbitro sorrise e disse: “Ragazzi, ora cominciamo a tirare?”. Servì a sciogliersi e fu una finale tosta. Per quanto riguarda la scelta definitiva dell’arma a me fu data la possibilità di scegliere. A Davide andò diversamente».

Davide: «Io a tirare di spada ho cominciato per gioco. Poi però sono entrato negli azzurrini solo con quest’arma a differenza di Damiano. Ottenni dei risultati agli Europei e ai Mondiali cadetti e la strada me la indicarono i maestri: spada e basta».

Damiano: «Alla fine è meglio sai? Un conto è allenarsi, lo facciamo vicendevolmente con l’arma dell’altro e io posso dire che a me Davide è molto utile, ma trovarsi contro da fratelli nella stessa arma sarebbe stata tosta».

Avete da sempre una casa della scherma a cui siete rimasti fedelissimi. C’è un motivo?

Davide: «La “Giulio Verne” è la palestra in cui siamo cresciuti. Tutti gli sport scelti li abbiamo praticati a due passi da casa e anche questa struttura non sfugge alla regola. Dovessi dire cosa abbiamo trovato lì direi familiarità, pacatezza, agonismo sì, ma senza dimenticare i valori. Quanco il clima è questo, mettici due maestri come i nostri, Massimo Ferrarese e Maria Pia Bulgherini, davvero non esisterebbero motivi per cambiare».

Il campione in una dimensione umana: è questa la cornice in cui sentite di potervi muovere meglio. Si può anche in nazionale?

Davide e Damiano: «Certo che si può, se si vuole, si può. Il clima che si crea, anche in azzurro, dipende dalle persone che lo compongono e ti circondano. Sempre».

Dalla palestra alle Fiamme Oro della Polizia di Stato. Cosa vi sta dando l’esperienza nel gruppo sportivo?
Damiano: «Sinceramente mi sento di dire solo un enorme grazie alle Fiamme Oro: io sono entrato nel 2021, siamo supportati in un modo straordinario e per chi fa il nostro sport è qualcosa di irrinunciabile».

Davide: «Chi fa sport come il nostro senza un gruppo sportivo come le Fiamme Oro alle spalle non potrebbe andare troppo lontano. Il grazie che dice Damiano è assolutamente condiviso da me».

All’inizio di questa nostra chiacchierata accennavamo alla passione delle due ruote. Come la vivete, chi sono i vostri idoli?

Damiano: «Io se avessi avuto maggiori possibilità anche economiche, mi sarei voluto cimentare negli sport a due o quattro ruote. Idoli? Beh, non si può prescindere da Valentino e da Hamilton. Poi penso a un altro ragazzo romano, Fabio Di Giannantonio...».

Davide: «Bravo Damiano, a citare Di Giannantonio. Voglio fargli i complimenti per quanto sta facendo. E aggiungo che quando parlavamo del campione che abbina successi a valori, lui è uno di questi. L’ho sentito parlare, sempre profilo basso e sempre sorridente».

Di Giannantonio è molto amico del centrocampista della Roma Edoardo Bove, anche lui nel novero di quei simboli dello sport italiano  un po’ diversi dalla media (uniti dallo stesso manager).

Davide: «Non lo sapevo, incredibile. Ecco, Bove l’ho sentito parlare alla Festa della Luiss e mi ha fatto esattamente la stessa impressione».

Il 2023 si è chiuso con la doppia premiazione nell’ambito  del Congresso FIE a Sharm. Una bella emozione?

Davide e Damiano: «In assoluto sì e da fratelli ancora di più».

Parigi olimpica è vicina.

Davide: «A Tokyo ero sparring, non tiravo. Ed è stata una esperienza pazzesca per me, pensate per chi era in gara. Stavolta tirerò: e se vai all’Olimpiade non lo fai solo per partecipare».

Damiano: «Da sparring, riserva o anche solo per sostenere Davide, a Parigi andrò».


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