Errigo, intervista esclusiva: "Garozzo, Tamberi, i figli e le olimpiadi: vi dico tutto"

Parigi sarà la quarta volta ai Giochi, questa volta da portabandiera assieme a Gimbo: "Ma chi me lo doveva dire... Sapevo di avere i requisiti ma ero già contenta delle telefonate degli amici che sentivano fare il mio nome"
Paolo de Laurentiis, Fabio Massimo Splendore e Chiara Zucchelli
7 min

Si diverte, si accalora, si commuove parlando del ritiro di Garozzo, ride della sua vita incasinata e piena di emozioni, casa e pedana, in comune con il marito allenatore e da un anno con figli (gemelli) al seguito. Le mille espressioni di Arianna Errigo raccontano una donna a tutto gas che, entrata bambina nel mondo dello sport, ha conosciuto il successo e la sconfitta, combattendo fino in fondo le battaglie che riteneva giusto combattere («Io sono fatta così») e oggi, da mamma, non tira una riga («Perché non voglio guardare troppo avanti nel tempo») e anzi si gode il suo cammino che la porterà chissà dove. Parigi sarà la quarta Olimpiade, questa volta da portabandiera assieme a Gimbo Tamberi«Ma chi me lo doveva dire... Sapevo di avere i requisiti ma ero già contenta delle telefonate degli amici che sentivano fare il mio nome».

Naif quando fa il conto delle medaglie internazionali («Una cinquantina in totale? Sì, può darsi»), per niente banale quando tocca l’argomento donne, sport, maternità. «So cosa rappresento, ma il punto non è solo quello che vogliamo fare noi quanto piuttosto avere intorno le persone che ci permettono di realizzare i nostri desideri, ci appoggiano, ci aiutano».

Uscendo anche dagli schemi.

«Perché se facessimo sempre le stesse cose non esisterebbero le imprese, sarebbe tutto ordinario e niente straordinario. Io vado a Parigi da portabandiera e da mamma grazie a chi mi sta vicino. Mio marito mi allena e condividiamo tutto, anche i pannolini. Ma non chiamatelo mammo, lui è il papà».

Il talento aiuta.

«E io lì non c’entro niente: sono fortunata ad averlo. La differenza viene da chi capisce che puoi fare determinate cose e ti mette nelle condizioni di farle».

Maternità e olimpiadi come si conciliano?

«Sentivo il desiderio di formare una famiglia ma non ero pronta a mollare la scherma. Da lì l’idea di portare avanti tutte e due le cose».

Certezze?

«Nessuna. Non sapevo come avrebbe reagito il mio fisico, né cosa aspettarmi una volta diventata mamma non di uno ma di due figli.»

La chiave?

«La fiducia. Stefano (Cerioni, il ct della scherma, ndr) mi ha detto che credeva in me, che avrei potuto farcela».

Com’è stato il rientro?

«Non ci credeva nessuno. Sono stati onesti, me l’hanno anche detto: “Io non ti convocherei mai, non sei in condizione”. Né io mi sentivo pronta: avevo preso 30 chili, fisicamente stavo facendo molta fatica. Sempre di corsa, in pedana subito dopo aver allattato».

Non è andata così male.

«Sono tornata a vincere, sentendomi competitiva in modo diverso rispetto al passato. Nel tempo si cambia, si matura. Non posso essere la stessa Arianna di Londra 2012. Noi sportivi siamo come una valigia e dentro non puoi metterci tutto: da giovane c’è l’esuberanza, l’entusiasmo. Con il passare del tempo subentra l’esperienza».

Che fa valutare in modo diverso vittorie e sconfitte.

«L’oro olimpico individuale è l’unico che mi manca. Prima era un’ossessione, oggi non ne sento il peso. La mia carriera è straordinaria. Per questo ai giovani voglio dire di godersi certi momenti, al di là di una medaglia vinta o persa. Poi so che molti ragazzi non lo capiranno, perché io per prima non l’ho capito quando poco più che ventenne mi sono trovata in un mondo straordinario».

La routine di oggi è più facile?

«Siamo una squadra: marito, parenti, tata. Non ultimo il gruppo sportivo dei Carabinieri: senza il supporto dei gruppi militari lo sport di alto livello sarebbe impossibile in Italia. Tutti contribuiscono. Mi aiuta avere i figli vicino anche in trasferta, almeno quando è possibile. Perché quando sono lontana mi mancano da impazzire».

Saranno anche a Parigi.

«Siamo diventati esperti di logistica: abbiamo preso un appartamento e loro saranno lì. Io ovviamente vivrò il villaggio olimpico ma so di averli vicino e di poter passare del tempo con loro».

Hanno un futuro da sportivi?

«Mi piacerebbe ma non penso che li indirizzerei verso la scherma: troppi confronti in famiglia e poi, da mamma, non so se riuscirei a restare distaccata come sarebbe giusto».

Il viaggio olimpico non è stato sempre rose e fiori.

«Nel 2012 le medaglie, nel 2016 arrivavo da strafavorita e andò male. Nel 2020 non sentivo l’ambiente ideale. Nel mio percorso di oggi c’è tanto di Stefano Cerioni, il ct migliore del mondo e lo dicono i risultati».

2024 l’ultima Olimpiade?

«Non lo so, ancora mi diverto. Nel 2028 avrei 40 anni e ci sono tante cose che possono cambiare, penso sia inutile guardare così avanti nel tempo».

Il privilegio di poter decidere quando smettere.

«Quello che non ha avuto Daniele (Garozzo, fermato solo pochi giorni fa per un problema cardiaco, ndr). L’altra sera eravamo a cena insieme, sta metabolizzando la delusione ma è difficilissimo».

Rimpianti per non aver portato avanti fioretto e sciabola?

«L’ho vissuta male, perché mi è stata imposta una scelta. In molti nella precedente gestione devono aver pensato a una decisione d’istinto, nata dopo la delusione di Rio. I risultati invece devono aver destabilizzato chi pensa che le cose debbano essere fatte sempre nello stesso modo. Essere la portabandiera dopo tutte quelle polemiche è un ulteriore motivo di orgoglio».

Tornando indietro?

«Rifarei tutto. Non ho rimpianti. In molti mi dicono che avrei potuto allenarmi di più, invece sono più un animale da gara. Magari se avessi lavorato in modo diverso in allenamento, non sarei arrivata in forma a questa età».

Arianna Errigo il 12 agosto è felice se...

«Se torna con un paio di medaglie d’oro?... Ma in realtà mi basterà poter andare al mare in Calabria, come faccio sempre, con amici e famiglia».


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