Il mondo a vela con l'orto e le galline

L'impresa di Matteo Miceli, romano, che domenica parte da Riva di Traiano per la Roman Ocean World: il giro del mondo a vela in solitario in completa autonomia energetica e alimentare
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ROMA - Il giro del mondo a vela, senza scalo. Lui, la bionda e la mora. Una pacchia, se non fosse che la bionda e la mora fanno l’uovo e sono galline. Matteo Miceli parte domenica alle 12 da Riva di Traiano per il suo personalissimo giro del mondo senza scalo, senza assistenza, in completa autonomia energetica e alimentare. Cinque mesi da solo, 28.000 miglia, vivendo con quello che offrono il mare e la terra. Perché a bordo c’è anche un piccolo orto che a pochi giorni dalla partenza dà già qualche soddisfazione: insalatina e erbe aromatiche crescono bene.

FAI DA TE. Miceli non è uno che se la tira. Preferisce fare, meglio se da solo. Infradito, calzoncini e maglietta, barba incolta («Ma quando arrivo mi sistemo per bene...») i giorni che precedono la partenza sono sempre i più complicati. Nella quiete di Riva di Traiano è lì che lavora alla sua barca seguendo personalmente ogni dettaglio, una specie di artigiano del mare: «La barca l’ho fatta io, ho rispettato i vincoli della classe ed è nato Eco40». Saliti a bordo, sembra che non c’è niente, invece c’è tutto.

TECNOLOGIA. Lunga poco più di 12 metri con una larghezza massima di quattro e mezzo, è tanto spartana quanto all’avanguardia. L’orto e le galline fanno colore, in realtà a bordo c’è tutto quello che serve: «Mi piace la sfida - continua Miceli - ma non sono matto e non mi metto a rischiare la vita. Non parto con l’idea di andare piano, perché voglio comunque stabilire un record, ma so a cosa vado incontro. La barca è preparata, l’ho fatta con le mie mani». 18 pannelli solari in coperta, due generatori eolici, altri due idrogeneratori di emergenza: «Non imbarco neanche una goccia di gasolio, è tutto elettrico: bollitore, microonde, pilota automatico, dissalatore che mi dà 80 litri d’acqua dolce all’ora. La corrente al giorno mi basta e avanza anche qualcosa... Lo scafo è completamente stagno, dentro non ho fatto rifiniture: preferisco la funzionalità all’estetica». Uno dei rischi in una traversata così lunga (28.000 miglia, più o meno 55.000 chilometri) è quello dello sollecitazioni dello scafo che sbatte sulle onde per giorni: «E’ tutto a vista, in caso di delaminazioni me ne accorgo subito e ho l’occorrente per intervenire».

IMPATTO ZERO. Orto, uova, pesce. L’idea di Miceli è l’autonomia totale: «Porterò cibi liofilizzati da usare in caso di emergenza ma li farò sigillare alla partenza e spero di riportarli così. Sarà una dieta povera di carboidrati e i nutrizionisti che mi seguono voglio impormi almeno gallette, cracker e frutta secca. Credo che alla fine dovrò piegarmi...».
    Le galline danno due uova al giorno, sono sistemate in un gavone a poppa e c’è un’apertura nel pozzetto con una rete di sicurezza: «Non soffrono il mal di mare, il cibo per loro invece lo porterò...». Le frittate sono assicurate.  L’orto è all’interno, una specie di piccola serra su due contenitori basculanti. Il compost è autoprodotto con scarti alimentari e rifiuti organici: «L’ho allestito con la collaborazione delle Università di Bologna e Napoli».

DORMIRE. In equipaggio si fanno i turni. Cinque mesi da solo sono un’enormità, soprattutto in mezzo al mare dove raramente si sta comodi: «Ho lavorato con Claudio Stampi a un programma di cronobiologia. Ormai dormo a comando facendo dei micropisolini di 20 minuti ogni tre ore più un sonno più prolungato di un’ora e mezzo nell’arco di una giornata. E’ una questione di allenamento e non ho trovato grossi problemi. Ho già affrontato una situazione del genere nella traversata atlantica fatta su un catamarano scoperto».??I

COSTI. L’idea, il progetto, la realizzazione e ora la partenza: «Un’operazione da 300.000 euro. Quando torno mi metterò a lavorare per pagare i buffi...» scherza Miceli. «Non ho un “main sponsor” come si dice oggi ma ho incontrato in questi anni tante persone che si sono appassionate, mi hanno aiutato e sono diventate parte di questo progetto. Dalla parte elettronica, alle canne da pesca e mille altre cose».

I TEMPI E LA ROTTA. Partenza e arrivo da Riva di Traiano. Subito il Mediterraneo, lo stretto di Gibilterra poi prua a Sud, verso il Capo di Buona Speranza. «Ho calcolato una media di otto nodi. Credo che come limite massimo, cinque mesi siano un arco di tempo ragionevole. Troverò le condizioni più diverse ma la barca è in grado di affrontarle e ho con me tutto quello che serve. Non c’è qualcosa in particolare che mi fa paura. Anzi, una: la calma piatta, senza vento. Alla mia barca piace navigare...»


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