Van Basten: «La Juve può vincere la Champions»

L'attaccante: «I bianconeri non hanno nulla da perdere e possono impostare la gara come vogliono»
Van Basten: «La Juve può vincere la Champions»
Pasquale Di Santillo
8 min

ROMA - Invecchia bene Marco Van Basten. A 50 anni non è più l’airone di Utrecht che ha fatto impazzire il mondo con la sua ineguagliata eleganza calcistica e i suoi 303 gol (277 con i club, 26 con le Nazionali). Ma non si è nemmeno imbolsito come tanti ex calciatori. Sguardo furbetto, occhio sveglio, sorriso contagioso. Arriva all’hotel di Berlino che ospita lo stato maggiore Nissan, di cui è divenuto Ambasciatore proprio in occasione della finale di Champions Legue tra Juventus e Barcellona e sembra che il tempo si sia fermato. Quasi vent’anni fa annunciò dolorosamente il ritiro dal calcio, causa caviglia sfasciata, eppure è emozionante verificare che si rimane leggenda per sempre. La gente lo cerca, lo tocca, lo abbraccia, al posto dell’autografo, ora vogliono un selfie, uno scatto da postare al volo al popolo dei social network. E lui ci sta, non sfugge. Camicia celeste, molto easy, pantalone e scarpa sportiva: l’aria condizionata all’ottavo piano non gira e allo preferisce parlare al sole. Cortese, disponibile con il suo italiano ancora chiarissimo e fluente nonostante l’inflessione gutturale olandese. Aveva voglia di parlare e ha parlato di tutto, soprattutto di Milan e di Berlusconi, segnando parecchi gol, come sempre.

 Van Basten, ha saputo? Berlusconi ha venduto il 48% del Milan al tailandese Mr. Bee, che ne pensa?
 «Fa un effetto strano, l’offerta, la vendita non è da grande proprietario, da grande boss come Berlusconi. Lo dico sinceramente da lui non me l’aspettavo».
 
Lo dice perchè non l’ha più presa in considerazione per la panchina del suo Milan che ora andrà a Mihajlovic?
«Affatto. Anni fa c’erano state delle voci, ho aspettato un po’ poi ho fatto le mie scelte. E’ da tempo che non ci sentiamo: lui sta a Milano e fa la sua vita con la politica, io in Olanda continuo ad occuparmi di calcio. I ricordi e i rapporti rimangono buoni ma le strade si sono separate».

 E di Mihajlovic che ne pensa?
«Faccio fatica a parlare di lui, lo conosco poco. Sono appena tornato da una vacanza in Sicilia con Donadoni e Tassotti e Mauro era molto amareggiato non tanto per l’esclusione dal suo ruolo di vice, quanto perché nessuno gli ha spiegato il perché...».

 Certo che dopo la stagione disastrosa appena conclusa con Inzaghi, era difficile non aspettarsi una rivoluzione o no?
«Di Pippo io avevo già parlato tempo fa. Per una squadra importante come il Milan ci vuole un allenatore di grande esperienza soprattutto in un momento in cui non si può avere a disposizione la migliore squadra possibile. Se non ti puoi permettere i giocatori migliori non vinci, questo lo sanno tutti e a maggior ragione serve qualcuno che dia un contributo di esperienza. Diciamo la verità, il Milan per tornare grande ha bisogno di grandi giocatori».

 Perché ambasciatore Nissan?
«Perché mi hanno cercato e voluto. E poi perché vogliono fare qualcosa per il mio amato calcio, che ne ha bisogno. Non ho ancora mai guidato una delle loro macchione, ma una cosa è certa: hanno i modelli da Formula 1 nel settore elettrico, qualcosa che aiuta questo mondo a stare meglio».

Vogliamo parlare di Blatter?
«Lasciamo stare, i fatti sono sotto gli occhi di tutti. Per fortuna è finita, speriamo si trovi presto la soluzione migliore. Mi auguro Platini possa contribuire a cambiare la visione complessiva del nostro mondo».

Dica la verità, un po’ di nostalgia d’Italia ce l’ha? Si percepisce quando ne parla...
«Certo che ho nostalgia, come potrebbe essere altrimenti. Seguo sempre anche se da lontano il vostro calcio, ma ora sto bene dove sto. Con l’AZ Alkmaar ho cambiato anche il ruolo, ora faccio il vice e sono ancora più tranquillo e rilassato. Quest’anno siamo arrivati terzi, proveremo a migliorare, ho ancora un anno di contratto».

Ad agosto fanno 20 anni che ha lasciato il calcio, probabilmente più dell’Italia le manca la vita da calciatore?
«Quella manca a tutti gli ex calciatori. E’ la vita migliore che si possa fare, vai in giro per il mondo a giocare, a divertirti. Si, molti pensano che siamo dei mercenari, che lo facciamo per i soldi. Non dico che non contano, ma la gioia di di correre dietro ad un pallone non ha prezzo. Se poi hai la fortuna come me di viverla in un gruppo di amici con i quali siamo riusciti a condividere grandissime soddisfazioni, allora diventa qualcosa che ti rimane dentro per sempre. Sì, con il Milan abbiamo fatto la storia del calcio europeo e Mondiale in quegli anni e ne sarò orgoglioso per sempre».

 Il gol più bello in carriera, per lei è quel fantastico tiro al volo effettuato dall’angolo opposto alla porta segnato alla Russia all’Europeo 1988?
«E’ uno dei più belli, sinceramente però preferisco uno fatto con l’Ajax in rovesciata al Den Bosch».

Capitolo Champions: anche senza Chiellini vede la Juventus vincere contro il Barcellona ai rigori?
«Direi di sì, la Juventus è una buona squadra, ha dimostrato di saper giocare un buon calcio e si è costruita vincendo quattro scudetti di fila. E’ vero che torna in finale di Champions dopo tanti anni e che il Barcellona ha più esperienza complessiva, soprattutto in Europa. Ma è vero che potrebbe pesarle il ruolo di favorita. La Juventus ha nulla da perdere e può impostare la sua gara come vuole. Allegri ha dimostrato di essere un buon allenatore e se lui e i dirigenti sapranno alleggerire la tensione di queste ore di vigilia potranno arrivare carichi all’appuntamento più importante. Ne ho giocate tre di finali di questo tipo vincendone due e so cosa significa. Da noi ci pensava Berlusconi a sdrammatizzare...».

 La variabile Messi, però può incidere non poco.
«Lionel è un fenomeno, al livello di Maradona e Pelè. Gli manca solo un Mondiale per essere davvero il numero 1».

 Ha detto che segue il calcio italiano, quando e come pensa possa tornare ai livelli degli anni d’oro quando segnava un certo Van Basten?
«E’ inutile negare la realtà, in questo momento Inghilterra, Germania e Spagna hanno campionati migliori di quello italiano. E i problema non è solo economico, ma organizzativo. Perché è l’organizzazione giusta che porta tanti soldi. Stadi e televisioni sono due esempi lampanti. in Italia c’è troppo casin. Non si può continuare a giocare per tanti anni campionati a venti squadre, sono troppe, non fa bene a nessuno».

 Oltre il Milan, ha visto che brutta stagione anche i cugini dell’Inter?
«E’ quasi difficile da credere, vedere le due squadre di Milano così in basso in classifica non è una cosa normale, c’è qualcosa che non funziona».

E la Roma di Totti?
«L’ho vista poco, ma so che Francesco continua a giocare a 38 anni, anche se mi risulta non sempre da titolare. Fa bene, finche gli riesce e ha voglia. In realtà, questo è un grande pregio del calcio italiano, vedi Del Piero, Maldini, Baresi: Totti ha fatto una scelta di cuore, restando sempre a giocare con la squadra della sua città. E questo è possibile ancora solo in Italia, è un merito».

Van Basten giuri, potendo, lei avrebbe giocato ancora all’età di Totti?
«Fosse per me, giocherei anche adesso, ma non posso più nemmeno farlo per divertirmi. Mi hanno distrutto una caviglia e non dite che è stata colpa dei difensori. A ridurla così sono stati i medici...».
 
Sincero, fino in fondo, la leggenda.


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