Il cobra Tovalieri: «Quando sfiorai la panchina della Roma»

L'ex attaccante racconta questo e tanti altri aneddoti nella sua autobiografia scritta con la giornalista Susanna Marcellini, come il primo gol in A al Napoli di Maradona, o la battaglia più importante, quella per la moglie Laura, scomparsa prematuramente per una malattia
Il cobra Tovalieri: «Quando sfiorai la panchina della Roma»
Valerio Minutiello
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ROMA - Il cobra è in grado di uccidere un elefante adulto con il suo morso letale. Sandro Tovalieri lo chiamavano così perché con il suo piede velenoso ha fatto molte "vittime", calcisticamente parlando. Ha calcato i campi del calcio più vero, soprattutto quelli della serie B e della serie C. A parte la Roma, non ha militato in grandi squadre, ma non ha rimpianti. È forse uno dei giocatori più sottovalutati della storia. «Se mi fossi chiamato Tovalierich forse…» racconta nella sua autobiografia scritta con la giornalista Susanna Marcellini edita da Ultra Sport e intitolata appunto "Cobra - Vita di un centravanti di strada". «Lo hanno etichettato troppo presto - scrive Bruno Conti nella prefazione - come un giocatore di serie B, probabilmente se qualcuno avesse creduto di più in lui avrebbe fatto tutta un’altra carriera».

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LIBRI (di Massimo Grilli)

LE BATTAGLIE IN CAMPO E FUORI - Ha girato tante squadre, ma due gli sono rimaste nel cuore: la Roma, la squadra che tifava da bambino e dove ha iniziato a sognare e il Bari. Nella sua vita le battaglie più importanti le ha giocate fuori dal campo: come quella per la moglie Laura, scomparsa prematuramente per una lunga malattia. Nonostante la sconfitta Tovalieri è uscito dal campo a testa alta, ed è andato avanti grazie all’amore dei figli Ilaria e Simone.

LA ROMA E LE DONNE - Le battaglie sul campo sono state tante e i ricordi sono bellissimi. Come l’esordio con la Roma, la prima panchina in serie A: era il 1983, l’anno del secondo scudetto giallorosso. Tavolieri era un ragazzino che entrava all’Olimpico strapieno accanto a giocatori come Falcao, Pruzzo, Cerezo, Bruno Conti, Ancelotti e Di Bartolomei, agli ordini del “Barone” Liedholm. La Roma poi lo mandò a fare le ossa, come si dice in gergo: due stagioni con Pescara e Arezzo. Nell’85’ il ritorno nella capitale, a 20 anni da giocatore vero. Con la celebrità sono arrivate anche le donne, tante. Tavolieri non lo nasconde: «Non ero più nemmeno io a dover avvicinare una donna o a chiedere un appuntamento, fuori Trigoria c’era la fila di ragazze che ti davano il numero di telefono».

IL PRIMO GOL AL NAPOLI DI MARADONA - Poi il primo gol in serie A, contro il Napoli di Maradona, un’emozione fortissima: finì 1-1 al San Paolo, la sbloccò proprio lui prima del pareggio di Diego. Alla Roma è tornato da allenatore dei bambini arrivando fino agli allievi Nazionali. Ne ha allenati tanti, che ora sono in serie A: uno su tutti, Romagnoli. Giocava sulla fascia o a centrocampo, poi Tovalieri lo ha trasformato in difensore centrale.

LA PANCHINA DELLA ROMA - Nel 2013 rivela di aver sfiorato anche la panchina della Roma, dopo l’esonero di Zeman: «La domenica si giocava contro il Cagliari e se le cose non fossero andate bene il traghettatore sarei potuto essere io. Poi le cose sono andate diversamente».

IL BARI, PROTTI E IL TRENINO - L’altro pezzo di cuore è legato al Bari, dove ha vissuto la parte più importante della sua carriera. Con Igor Protti hanno formato una coppia gol eccezionale ed è nata un’amicizia vera anche fuori dal campo. L’esultanza con il trenino, inventata da lui è diventata famosa, ma ogni tentativo di imitazione è miseramente fallito.

MAZZONE - A Cagliari ha conosciuto Carletto Mazzone: «Un secondo padre, l’unico che è riuscito a mettermi in panchina senza farmi inc…». Era un Parma-Cagliari, Tovalieri entrò con i sardi sotto 3-0 e sfiorò la tripletta mancando di un soffio una clamorosa rimonta. Mazzone andò sotto la curva dei suoi tifosi e urlò: «Non capisco un c… come allenatore». Poi ripetè il concetto a lui negli spogliatoi. Nella sua carriera ha avuto anche modo di conoscere tanti presidenti focosi e passionali come Franco Sensi, Antonio Matarrese, Luciano Gaucci e Massimo Cellino. Insomma, il calcio vero vissuto da dentro.


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