Dramma in Indonesia, dai lacrimogeni alla scelta dell'orario: tutti gli errori che hanno causato la tragedia allo stadio

Il Prefetto Francesco Tagliente ha analizzato tutto ciò che non ha funzionato nella terribile notte allo stadio di Malang
9 min

Tanti, troppi errori organizzativi hanno portato al tragico epilogo della sfida tra Arema e Persebaya allo stadio Malang in Indonesia, un dramma con un terribile bilancio di più di cento morti e circa duecento feriti, molti dei quali ancora in gravi condizioni. A raccontare cosa non ha funzionato a livello di gestione della sicurezza è Francesco Tagliente, Prefetto, già questore di Firenze e di Roma, capo dell'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni sportive e capo della sicurezza della Nazionale ai Mondiali 2006. 

Francesco Tagliente: "Tutto quello che non ha funzionato in Indonesia" 

Una giornata buia per il mondo del calcio e per la gestione dell’Ordine pubblico. Non auguro a nessuno di trovarsi a gestire incidenti da stadio come quelli avvenuti in Indonesia durante la partita tra l’Arema Fc e il Persebaya Surabaya, allo stadio di Malang, dove un'invasione di campo e gli scontri tra tifosi seguiti dal lancio di lacrimogeni da parte forze di polizia, all’interno dell'impianto sportivo, hanno scatenato panico, calca e la fuga dei tifosi per mettersi in salvo.

Un caos che ha determinato uno scenario apocalittico. Il bilancio è terribile: 174 morti tra i quali 17 bambini e due agenti di polizia. E il bilancio è parziale perché ci sono anche oltre duecento feriti, alcuni dei quali molto gravi. La follia è esplosa al termine della partita, quando migliaia di tifosi dell'Arema Fc, inferociti per la sconfitta, hanno invaso il campo di gioco. Gli agenti di polizia, dopo aver vanamente tentato di contenerli, avrebbero deciso di lanciare dei gas lacrimogeni dentro lo stadio.

Mi è stata richiesta una valutazione critica degli incidenti. Non mi piacciono coloro che si atteggiano a "professori del giorno dopo", né le generalizzazioni, ma a fronte di questa orribile tragedia, che rappresenta la giornata buia per il mondo del calcio e per la gestione dell’Ordine pubblico, nessuno degli addetti ai lavori chiamato e pianificare le misure organizzative per la sicurezza degli eventi, può esimersi dal domandarsi cosa non ha funzionato. Ad ogni evento critico – ovunque accaduto - dovrebbe seguire un debriefing proprio per mettere a fattore comune errori e criticità emerse, tenendoli presenti per gli eventi futuri.

Ricordiamo intanto che un'attenta pianificazione riduce le criticità in fase di gestione e che i problemi più ricorrenti che si registrano in occasione di eventi critici riguardano proprio la carente pianificazione, il flusso informativo, la mobilità interna ed esterna e la catena di comando.

Il buco nella programmazione

Partiamo dalla pianificazione. Tantissime manifestazioni si presentano con delle forti criticità, difficilmente contenibili se non sono state precedute da una attenta e meticolosa pianificazione, che in questo caso sembrerebbe essere stata inadeguata. Innanzitutto, il rischio di incidenti per questo derby molto sentito, era considerato altissimo tanto che il presidente generale della Indonesian Legal Aid Foundation (YLBHI) Muhammad Isnur avrebbe rivelato che per questa partita il comitato era preoccupato e aveva chiesto alla New Indonesia League (LIB) di organizzarla nel pomeriggio per ridurre al minimo il rischio.

Tuttavia, la LIB non aveva ritenuto di accogliere la richiesta, facendo comunque disputare la partita di notte. Nonostante l’alto indice di rischio incidenti, lo stadio poi sarebbe stato riempito oltre la capienza. Risulterebbero infatti venduti 42.000 biglietti a fronte della capienza di 38.000 persone per quello stadio. Quanto alla gestione degli incidenti, premetto che non esiste un dispositivo universalmente valido.

Ciascun episodio è unico e come tale va trattato, nella cornice delineata dalle norme, regolamenti e buone prassi frutto di anni – a di volte decenni - di esperienza nella gestione degli incidenti di piazza o dello stadio.

In alcuni Paesi, purtroppo, le Forze di Polizia si trovano ad affrontare emergenze di questo tipo senza aver fatto quel necessario percorso culturale di gestione delle folle che non può prescindere dall’esperienza e dalla cultura della sicurezza, che vede privilegiare il rigore giuridico a quello fisico, riservando gli interventi repressivi con manganelli e lacrimogeni a situazioni di criticità estreme non diversamente gestibili.

I lacrimogeni – mi piace ripeterlo – sono da utilizzare in emergenza previa espressa disposizione del responsabile del servizio indicato nella catena di comando e non dovrebbero essere mai usati all’interno di ambienti "chiusi". Le conseguenze dell’impiego all'interno dello stadio indonesiano sono sotto gli occhi di tutti. Molte delle vittime sono morte per sovraffollamento, caos, calpestio e soffocamento.

Questi accorgimenti sono ben noti ai Funzionari di Polizia Italiani chiamati da anni a gestire le più svariate tensioni di piazza e gli incidenti da stadio. Voglio ricordare che con alcuni grandi dirigenti della Polizia di Stato e Questori – per menzionarne uno cito Roberto Massucci attuale Questore di Livorno - andiamo dicendo, ormai da oltre 25 anni, che è meglio l’inchiostro dei lacrimogeni, perché produce maggiore consapevolezza, ha più efficacia deterrente e ha anche una migliore funzione rieducativa.

Ed è stata proprio questa nostra convinzione ad indurci nel 2003 - quando ero Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive - a chiedere con forza l’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto dell’arresto in “flagranza differita”, quando non sia possibile procedere immediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza. Ed è questa la cultura della sicurezza che continua ad essere coltivata da chi gestisce l’ordine pubblico nel nostro paese. È di tutta evidenza che le emergenze vanno comunque affrontate con tutti gli strumenti idonei al ripristino della sicurezza ma, voglio ricordarlo, mai con il lancio di lacrimogeni all’interno di aree prive di idonee via di fuga in sicurezza.

Proprio l’esperienza dell’Osservatorio insegna come la cultura della sicurezza condivisa, che si declina in concreto in forme di partenariato pubblico privato estremamente efficaci nel raggiungere l’obiettivo dell’ordine e della sicurezza pubblica, sia la via maestra da percorrere. Quando la sicurezza è un monopolio di polizia, e si crea un rapporto diretto, privo di meccanismi di de-escalation, tra la folla critica e la polizia, il rischio diventa elevatissimo. Lavorare insieme nella pianificazione, creare sinergie operative, consente di creare le condizioni affinché le cause dei momenti critici vengano identificate e messe in controllo prima che l’evento abbia luogo. Arrivare a gestire una situazione critica, come quella vista in Indonesia sul campo, quando ormai il controllo è perso, diventa un operazione difficilissima per qualsiasi Forza di Polizia al mondo.

Mi piace sottolineare l’importanza dell’esperienza italiana, anche perché, nel corso degli anni, ci ha visti impegnati a promuovere un modello organizzativo ed una cultura della sicurezza condivisa, che vede le conoscenze degli studiosi delle scienze comportamentali viaggiare di pari passo e supportare il “saper fare” dei “poliziotti” in un rapporto osmotico in cui l’uno alimenta l’altro, arricchendosi e rinforzandosi a vicenda.

Coniugando il sapere del mondo accademico con il vissuto professionale del fare, di Funzionari di polizia hanno maturato, dopo decenni di esperienza operativa, una grande capacità di pianificazione e di gestione della sicurezza dei grandi eventi. La pianificazione per alcuni grandi eventi deve iniziare anni prima. Ed è già ora di partire con la pianificazione delle misure organizzative per la sicurezza per il Grande Giubileo 2025 e delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, facendo tesoro delle criticità emerse nel corso della gestione del Giubileo del 2000 a Roma e delle Olimpiadi del 2006 a Torino.


© RIPRODUZIONE RISERVATA