Calciomercato, Hagi: «Porto mio figlio alla Fiorentina»

L’ex asso della Steaua annuncia l’arrivo del suo Ianis in Italia. Dal 2009 fa crescere più di 300 giovani talenti in Romania: «Abbiamo investito tanto sui ragazzi»
Calciomercato, Hagi: «Porto mio figlio alla Fiorentina»
Francesco Guerrieri
5 min

FIRENZE - Corsa e qualità in campo, passione e dedizione per il lavoro fuori. Con un passato diviso tra Steaua Bucarest, Real Madrid, Brescia, Barcellona e Galatasaray, Gheorghe Hagi oggi gestisce un’Academia in Romania. Da Chiriches a Radu, sono tanti i suoi connazionali in Italia.

Tatarusanu ha vinto il premio come miglior giocatore romeno 2015.

«E’ cresciuto tanto in Italia. Già in Romania era un buon portiere, da voi è diventato uno dei migliori. E’ il giocatore che rappresenta la Romania, può essere un modello per gli altri».

Che giocatore è Stefan Radu?

«E’ sempre stato un uomo importante per la Lazio e ha sempre fatto bene in Italia. Peccato che non giochi in Nazionale».

Chiriches merita più spazio nel Napoli?

«Ci sono buoni giocatori davanti a lui. Con il tempo arriverà sicuramente il suo momento e diventerà titolare».

In Serie B c’è Stoian che sta facendo bene

«Lui ormai è una certezza, si è già adattato da tempo al calcio italiano. Ora è diventato maturo e ha esperienza in Italia».

L’Ascoli ha appena acquistato Mitrea.

«Ha fatto molto bene da noi: quasi 100 partite in campionato e 18 gol. E’ un difensore che ha anche qualità offensive. Gli auguro di inserirsi alla grande nel calcio italiano».

Torje era una promessa all’Udinese, poi si è perso e ora gioca in Turchia all’Osmanlispor. Come mai?

«Lo conosco da quando è piccolo, è un esterno offensivo. E’ cresciuto, ma fino adesso ha fatto meno di quello che poteva fare. Gli manca la continuità per affermarsi».

Nel Viitorul c’è suo figlio Ianis.

«L’anno scorso ha esordito nella nostra Serie A, sta maturando. Ora ha 17 anni e ancora tanta strada da fare davanti a sé. Quest’anno è stato nominato miglior giovane della Romania». E’ pronto per l’Italia? «Giocherà nella Fiorentina, ma, d’accordo con il procuratore Pietro Chiodi, per ora sta qui con noi. In estate vedremo se sarà pronto per venire in Italia».

Nel suo Paese si ha più coraggio a far giocare i giovani.

«In Romania è più facile lanciare i ragazzi, perché il livello del campionato è più basso rispetto all’Italia. Ma questo concetto si può esportare in tutti i Paesi. Pensiamo alla Spagna ad esempio: puntando sui giovani hanno vinto un Mondiale».

In Romania sta facendo un gran lavoro con la sua Academia.

«Stiamo andando molto bene, il calcio romeno è pieno di talenti. Tutte le squadre della nostra Academia sono arrivate prime in classifica. Dietro c’è un grandissimo lavoro. La prima squadra (il Viitorul ndr) è seconda, il nostro obiettivo è fare bene e provare a vincere il titolo anche se non sarà facile. Giochiamo un calcio offensivo, siamo la squadra che ha fatto più gol di tutto il campionato».

Quand’è nata l’idea di fondarla?

«Ho iniziato a pensarci quando stavo per ritirarmi, a 35- 36 anni nel 2008-2009. Cerco di fare tutto nel migliore dei modi: abbiamo investito tanto su questa Academia a livello di strutture e di organizzazione, e questi sono i risultati».

Come siete organizzati?

«Abbiamo 300 ragazzi: dai 7 ai 12 anni provengono dalla nostra regione, dai 13 ai 18 arrivano da tutta la Romania. Noi organizziamo e finanziamo tutto: li paghiamo la scuola, il vitto e l’alloggio. L’obiettivo è quello di portare più giocatori possibili ad alti livelli».

Quali sono gli elementi su cui puntare per la crescita di un giovane?

«La prima cosa da vedere è il talento, poi l’ambizione del ragazzo. Se ha queste due caratteristiche bisogna investire su di lui e credere nel giovane».

In Romania ha vinto il premio come miglior allenatore dell’anno 2015.

«Per me il calcio è una grande passione e il mio lavoro lo faccio con tanto impegno. Finché sto bene voglio andare avanti. Vivo per il calcio: amo quello offensivo e di qualità».

Che ricordi ha dell’Italia?

«Sono venuto da voi per imparare il calcio. In quegli anni si giocava il migliore di tutta Europa. Tutto quello che mi hanno insegnato in Italia ora mi serve molto nel mio lavoro attuale. Tutti i particolari tattici sono fondamentali per fare l’allenatore».

Qual è il difensore che l’ha messa più in difficoltà?

«Sicuramente Maldini. Mi ha fatto piacere giocare con lui, ma mi ha reso sempre la strada difficile. Sono stato contento di aver affrontato il difensore più forte al mondo».


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