Lazio, dove è finito Felipe Anderson?

Il brasiliano ancora poco incisivo nelle gare che contano
Lazio, dove è finito Felipe Anderson?© LaPresse
Fabrizio Patania
3 min

ROMA - Triste, depresso e spaesato. Non sorride, non corre, non morde. Felipe Anderson sta diventando un caso. E’ sparito, guarda le partite, complicato immaginare cosa gli passi per la testa. Irritante per il modo di stare in campo e di (non) combattere. Non pervenuto allo Stadium, mai decisivo nelle partite che contano. Sbriciolato, nel primo quarto d’ora, da Lichtsteiner e Cuadrado. Simone Inzaghi, a bordo campo, era infuriato. Provava a scuoterlo, gli chiedeva di correre, di accendersi, di contrastare. Lo ha fatto, in modo parziale, nella ripresa: durante l’intervallo, negli spogliatoi, il tecnico della Lazio deve aver fatto vibrare le pareti dello Stadium. Dopo la partita lo ha difeso e protetto, ma certo si aspettava molto di più dal brasiliano. Lo aveva coccolato anche a Capodanno, dopo le vacanze di Natale, quando era rientrato dal Brasile per la ripresa della preparazione con un giorno di ritardo senza permesso e la società lo voleva punire. Se la cavò con una multa. Felipe Anderson disse al tecnico emiliano di “non sentirsi amato”. Come e perché avverta questo disagio, a Formello non riescono proprio a spiegarselo. Ci vorrebbe una balia o uno psicologo. Mica è normale giocare così, non correre e non contrastare. L’impatto della Juve è stato devastante, Felipe era travolto e non accorciava mai su Lichsteiner, è finito subito in confusione, non dava profondità, pestava i piedi a Radu nel tentativo di farsi dare il pallone senza poi riuscire a girarsi, perché marcato e tamponato dal terzino svizzero.

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PERSONALITA’ - Ci sono limiti evidenti di Felipe, non di tecnica (perché ha qualità super) ma di intelligenza calcistica, a cui ora sono tornate ad aggiungersi le sue fragilità caratteriali. E’ un emotivo, va giù con troppa facilità, si deprime. A luglio non si presentò al raduno, arrivò in ritardo ad Auronzo, eppure la Lazio gli concesse l’autorizzazione per partecipare ai Giochi di Rio con l’Olimpica del Brasile. La medaglia d’oro doveva servirlo per lanciarlo verso la consacrazione. E’ rimasto il solito giocatore incompiuto e discontinuo, lampi di classe, lunghe pause, inspiegabili cadute. 

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