MILANO - Si compra italiano. Sempre di più. E si crede nel made in Italy. Fino in fondo: perché quei ragazzi una volta comprati o cresciuti in casa, vengono messi in campo. Non è una moda, è ormai una linea forte, un marchio di fabbrica. Guardate l’Inter con Gagliardini. Guardate la Fiorentina con Bernardeschi, guardate il Milan con Donnarumma, Calabria, De Sciglio, Locatelli. Guardate l’Atalanta che è diventata, con i suoi ragazzi, la principale interlocutrice dei grandi club. C’è un nucleo di giovani italiani tra i 18 e i 25 anni in tutti i ruoli, altra curiosità, rara: abbiamo portieri, centrali di difesa, terzini destri e sinistri, mediani, registi e trequartisti, bomber, rifinitori, esterni d’attacco.
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LE BIG E NON SOLO - L’appello in favore dei ragazzi italiani è piovuto da più e autorevoli parti. E questo accade da un po’. Sappiamo che il Sassuolo ha fatto un vanto del prodotto italiano e di una formazione spesso tutta con passaporto tricolore. Il Milan di Berlusconi e Galliani, che aspetta il closing cinese, ha deciso di costruire una squadra che valorizzasse i giovani del vivaio: Donnarumma è il dopo Buffon e alle spalle c’è già Plizzari; Calabria e De Sciglio copriranno le fasce a lungo, Locatelli costruirà gioco. La Juventus dopo Marchisio, che a sua volta era già stato lui dopo Del Piero, prepara la difesa del futuro con innesti graduali: Rugani, che era stato preso per la
QUANDO C’E' PROGETTUALITA’ - Insomma il made in Italy del calcio italiano è tornato al potere. Complici anche quelle liste che oggi impongono almeno 4 tesserati cresciuti nel tuo vivaio e altrettanti di formazione nazionale. Quel che conta è che al di là dei percorsi obbligati dalle regole, c’è poi una concreta intenzione di puntare sui ragazzi italiani. E gli allenatori la trasformano in oro da campo. Una grande fortuna. La prossima missione sarà riportare a casa Verratti, nel quale forse al momento di spiccare il volo da Pescara nessuno aveva creduto fino in fondo, nessuno aveva voluto investire cifre importanti.